A Catania la destra ha stravinto le elezioni amministrative. Ma il primo partito è quello degli astenuti.

La città ha scelto Enrico Trantino, avvocato, figlio di Enzo più volte parlamentare ed esponente della destra storica etnea, con la coalizione di Lega, Forza Italia, DC e Autonomisti. Ma è andato a votare solo il 52,65% degli elettori.

Maria Concetta Tringali

A Catania i giochi sono fatti, già al primo turno. Numeri alla mano, il partito più coeso che non conosce flessione è quello degli astenuti: a questa tornata è andato a votare il 52,65% dell’elettorato (alle scorse amministrative la quota era del 53,13%). L’altro pezzo di città, poco sopra la metà degli aventi diritto, ha espresso una preferenza netta. E ha scelto Enrico Trantino, avvocato, figlio di Enzo più volte parlamentare ed esponente della destra storica etnea.
Il primo cittadino è il candidato di Giorgia Meloni e della coalizione: c’è dentro Lega, Forza Italia, DC e Autonomisti. Ha superato Maurizio Caserta, docente di economia nell’ateneo catanese, che ha polarizzato le preferenze del campo progressista. I risultati dicono 85.700 (66.13%) contro 32.032 (24.72%).
Uno stacco importante, certamente. E tra gli altri candidati, che non superano il 3%, spicca solo Savoca. L’espressione della lista di Cateno De Luca (che al primo turno vince a Taormina e arriva a quota 4 quanto a comuni amministrati), supera i 5 punti percentuali.
Le cronache elettorali nella città etnea convergono spesso con quelle giudiziarie: Salvo Pogliese, ultimo sindaco FdI oggi senatore della Repubblica, aveva lasciato Palazzo degli Elefanti per effetto della legge Severino, un mandato tormentato e poi affossato da una condanna per peculato nel processo “Spese pazze all’Ars”, confermata in appello ma con pena ridotta.

A Catania, oggi in dissesto, è assodato che le elezioni finiscano per premiare il malgoverno, con regolarità. Amministrazioni fallimentari si sono succedute senza soluzione di continuità negli ultimi due decenni, costringendo un territorio e una comunità intera allo sbando più assoluto: la disoccupazione, al record storico, resta in crescita (i dati dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre stimano in Sicilia 12.735 nuovi disoccupati, erano 272.632 nel 2022). Ma la situazione drammatica sta tutta in una fotografia scattata dalla Commissione Regionale Antimafia. Siamo in chiusura del mandato, nella scorsa legislatura. Il documento consegnato è un’impietosa inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia, dove è definito “eccezionale” il fenomeno della dispersione scolastica, cioè il numero di alunni che, pur essendo iscritti e in gran parte ripetenti, non frequentano la scuola.
In certe zone la questione non più è differibile, fuori controllo: pensando a Librino e San Giorgio la Commissione presieduta da Claudio Fava parla di ascensore sociale che si è fermato ai piani alti, determinando “uno scollamento sociale e fisico violento fra taluni quartieri e il resto della città”.

Il documento verbalizza le conseguenze di anni di incuria e noncuranza, di cattiva gestione e pessima amministrazione, effetti che sono sotto gli occhi di tutti: solitudine, disagio sociale, mortificazione, quartieri vissuti come ghetto. Geograficamente molte aree non sarebbero nemmeno periferia ma centro storico, anzi nucleo antico della città (San Cristoforo, Zia Lisa, Angeli Custodi). Ecco che a guardare la distribuzione del voto ci si fa molto più che un’idea. Proprio in quelle zone difficili, nei quartieri più popolari (e popolosi) Trantino pesca le maggiori preferenze, l’antagonista non riesce a stargli dietro (in una sezione, nel seggio di via Santa Maria delle Salette, il divario arriva a 15 contro 352).
Governare Catania è compito da far tremare i polsi. E tra un po’ il caldo arriverà, asfissiante, umido, tropicale come sa essere in questa parte dell’isola e in pochissimo tempo l’annoso problema dei rifiuti diventerà motivo dell’ennesima emergenza sanitaria.
In Sicilia si è votato anche altrove: i comuni chiamati alle urne sono stati 128. Dei sindaci eletti al primo turno nelle grandi città, due sono andati alla destra (oltre Catania c’è la riconferma di Cassì a Ragusa); a Siracusa vanno invece al ballottaggio (l’11 e 12 giugno) il candidato del centrodestra Ferdinando Messina (31,5%) e il sindaco del centrosinistra Francesco Italia (26%); e poi c’è Trapani che in controtendenza rielegge l’uscente, Giacomo Tranchida.

Foto Facebook |Enrico Trantino



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