Addio a Cormac McCarthy, un gigante della letteratura americana

Il critico Harold Bloom lo definiva come uno dei «magnifici quattro» della narrativa statunitense, insieme a Thomas Pynchon, Don DeLillo e Philip Roth. Duro, crudo, raccontava nelle sue opere una realtà in cui lo spargimento di sangue, la violenza, sono una costante strutturale.

Giovanni Carbone

Se n’è andato il 13 giugno a quasi novant’anni, Cormac McCarthy, come dire, questo non è un paese per vecchi. Duro, crudo, non è mai parso accettasse mediazioni nel descrivere con le sue opere una realtà in cui lo spargimento di sangue, la violenza, sono una costante strutturale. Riteneva persino pericoloso nascondere che fossero un dato costitutivo delle società umane. Lui, di certo, non l’ha fatto, raccontandocelo nei contesti e nelle ambientazioni più disparate, dalle polverose distese del Sud e del Sud Ovest degli Stati Uniti, alle ambientazioni western o fantascientifiche.

Era nato nel Rhode Island, il 20 luglio 1933, poi s’era trasferito con la famiglia nel Tennessee. Cominciò a scrivere presto, racconti soprattutto, e condusse un programma radiofonico durante il periodo in cui s’era arruolato nell’esercito, destinazione Alaska. Si sposò nel 1961 una prima volta per un matrimonio di breve durata da cui ebbe un figlio. Gli anni erano quelli del suo primo romanzo, Il guardiano del frutteto, curato da Albert Erskine, lo stesso editor di William Faulkner, Viaggiò molto dopo, soprattutto in Europa. Ad Ibiza si fermò un po’ di tempo e lì concepì Il buio fuori, il suo secondo lavoro. Aveva conosciuto su una nave la cantante Anne De Lisle, la sua seconda moglie da cui si separò nel 1976.

Tornato negli Stati Uniti scrisse «Figlio di Dio», Suttree, da molti considerato il suo lavoro migliore e Meridiano di sangue che Harold Bloom indicò come il western definitivo. Negli anni ’90 lavora alla sua Trilogia della frontiera di cui fanno parte i romanzi Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura. Il cinema comincia ad interessarsi alla sua produzione con il film Passione ribelle del 2000, liberamente tratto da Cavalli selvaggi e diretto da Billy Bob Thornton, con Matt Damon e Penélope Cruz. Non è un paese per vecchi, del 2005, diventa un film dei fratelli Coen, con Tommy Lee Jones, Josh Brolin e Javier Bardem. Nel 2007 pubblicò La strada, con il quale si aggiudica il Pulitzer. Da questo romanzo viene fuori il film The Road per la regia di John Hillcoat, con Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee.
Cormac McCarthy non ha mai avuto una grande passione per la mondanità dei “circoli letterari”, se ne è stato sempre ai margini, proprio come avevano fatto J. D. Salinger e Thomas Pynchon, che con lui venivano chiamati “gli invisibili”. Il critico Harold Bloom, invece, definiva McCarthy come uno dei “magnifici quattro” della narrativa statunitense, insieme a Thomas Pynchon, Don DeLillo e Philip Roth.

 

Foto Flickr |



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Giovanni Carbone

La “Divina”, “Sass”(l’impertinente), è stata una delle regine indiscusse del Jazz e un pezzo irripetibile della storia della musica.

I Grammy Awards di quest’anno sono stati tutti al femminile. Da Taylor Swift, alle artiste iconiche come Annie Lennox e Tracy Chapman.

Todo Modo: la prima edizione del libro di Leonardo Sciascia, Einaudi (1974), fa cinquant’anni.

Altri articoli di Cultura

Intervista a Michele Riondino. Il suo fillm dà voce alla necessità di entrare nelle fabbriche e fra i lavoratori, per raccontarne vite e battaglie.

Questa poesia entra nella polemica suscitata dall'emissione di un francobollo commemorativo per Silvio Berlusconi, a un anno dalla scomparsa.

Su Suonerie: “The Carnegie Hall Concert”, "Un disco di compleanno, il 66° di Paul Weller", "Mäilkki Susanna, la direzione al femminile