Afghanistan, Amnesty: “Nei primi mesi del 2020 ripetuti crimini di guerra da parte di talebani e forze Usa”

1659 civili uccisi e 3524 feriti nei primi sei mesi del 2021, prima della presa del potere dei talebani. La denuncia di Amnesty International.

Redazione

Nei primi sei mesi del 2021, dunque prima della presa del potere dei talebani, secondo la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan sono stati uccisi 1659 civili e altri 3524 sono rimasti feriti, il 47 per cento in più rispetto al 2020. I mesi che hanno preceduto il “passaggio di potere” fra l’esercito americano e i talebani, sono stati di fatto mesi di guerra con conseguenze atroci per la popolazione civile, sulle quali tenta di fare un po’ di luce un rapporto di Amnesty International uscito in questi giorni.

Grazie a ricerche condotte sul campo a Kabul, a interviste da remoto a vittime e testimoni residenti in dieci province afgane, e all’analisi di immagini satellitari e documenti sanitari, nel rapporto intitolato “Senza scampo: crimini di guerra e sofferenze dei civili prima della caduta dell’Afghanistan nelle mani dei talebani”, Amnesty documenta torture, esecuzioni extragiudiziali e uccisioni a opera dei talebani durante l’ultima fase del conflitto, così come molte vittime civili durante una serie di attacchi aerei e terrestri da parte dell’esercito statunitense e delle forze di sicurezza afgane.

“I mesi che hanno preceduto il collasso del governo di Kabul sono stati segnati da ripetuti crimini di guerra e da bagni di sangue senza sosta. Le nostre nuove prove dimostrano che non si è trattato, come ci hanno detto i talebani, di una transizione di potere ma dell’ennesimo prezzo, in termini di vite umane, pagato dalla popolazione afgana”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Case, ospedali, scuole e negozi sono stati trasformati in scene del crimine dove civili sono stati ripetutamente feriti e uccisi. La popolazione dell’Afghanistan ha sofferto per troppo tempo, le vittime devono ottenere giustizia e riparazioni”, ha aggiunto Callamard.

Atrocità commesse dai talebani 

Mentre tra luglio e agosto prendevano il controllo delle varie province dell’Afghanistan, Amnesty denuncia che i talebani hanno compiuto rappresaglie, torturato e ucciso appartenenti a minoranze etniche e religiose, ex soldati afgani e altre persone sospettate di simpatie per il governo civile.

Secondo il rapporto, il 6 settembre i talebani hanno attaccato la città di Bazarak, nella provincia del Panjshir. Dopo una breve battaglia, hanno catturato 20 uomini trattenendoli per due giorni, a volte all’interno di gabbie per uccelli. Li hanno torturati, hanno negato loro cibo, acqua e assistenza medica e hanno ripetutamente minacciato di ucciderli. “Uno di loro, con un coltello in mano, diceva che voleva decapitare i feriti perché erano infedeli ed ebrei”, ha dichiarato uno di loro.  “Ci tenevano sottoterra. Quando chiedevamo cure mediche per i feriti, dicevano ‘Lasciamoli morire’. Non c’erano né acqua né cibo. Quando chiedevamo acqua, rispondevano che dovevamo morire di sete”, ha aggiunto un altro.

Lo stesso giorno, si legge sempre nel rapporto, i talebani hanno attaccato il vicino villaggio di Urmaz, cercando casa per casa persone sospettate di aver lavorato per il deposto governo. Nel giro di 24 ore hanno passato per le armi sei civili. Sebbene alcune delle vittime avessero prestato servizio nelle forze di sicurezza, nessuna di loro era coinvolta in attività militari al momento dell’attacco.

Altre persone sospettate di aver collaborato col deposto governo hanno subìto rappresaglie o sono state uccise a Spin Boldak.  In precedenza, Amnesty International aveva documentato massacri di civili di etnia hazara nelle province di Ghazni e Daykundi.

Amnesty sottolinea che non è strato possibile determinare l’ampiezza e la gravità di questi crimini su scala nazionale, poiché i talebani hanno tagliato le linee telefoniche e limitato fortemente l’accesso a Internet in molte zone rurali.

Vittime civili di attacchi aerei statunitensi e afgani 

Il rapporto di Amnesty International documenta inoltre quattro attacchi aerei – tre dei quali probabilmente compiuti dalle forze Usa, l’altro da quelle afgane – che hanno causato 28 morti (15 uomini, cinque donne e otto bambini) e sei feriti tra la popolazione civile. Questo bilancio tragico è dovuto al fatto che le forze Usa hanno usato munizioni esplosive contro aree densamente popolate.

Il 9 novembre 2020 un attacco aereo lanciato con ogni probabilità dalle forze Usa ha ucciso cinque civili (tra cui un neonato di tre mesi) e ferito altri sei componenti di una famiglia a Khanabad, nella provincia di Kunduz. “Stavo dormendo quando è arrivata la prima bomba. Ci hanno detto di nasconderci da qualche parte se ci fosse stata una seconda esplosione. Mio padre mi ha chiesto di cercare il mio fratellino. La seconda bomba ha ucciso mia madre, mia sorella, mia zia e mio zio”, ha raccontato un superstite di appena nove anni di età.

Il 29 agosto 2020 a Kabul un drone Usa ha ucciso dieci persone, tra cui sette bambini. In seguito, le forze statunitensi hanno ammesso che si trattava di civili.

Civili uccisi durante gli scontri 

Il rapporto di Amnesty International documenta otto casi in cui 12 civili (cinque uomini, una donna e sei bambini) sono morti e altri 15 feriti durante scontri a fuoco. Attraverso una combinazione di negligenza e disprezzo per il diritto, le forze di sicurezza afgane addestrate dagli Usa erano solite lanciare attacchi coi mortai contro le abitazioni e i civili che cercavano di trovare riparo.

Nella città di Kunduz, nel giugno 2021, la battaglia è stata particolarmente violenta. Le forze governative hanno colpito coi mortai il quartiere di Zakhail mentre i talebani avanzavano requisendo scuole e moschee per lanciare attacchi e chiedevano cibo alle famiglie intrappolate nelle loro abitazioni.

Un testimone ha riferito che spesso i talebani avvisavano dell’imminenza degli attacchi, al contrario delle forze governative: “I talebani ci dicevano che la notte avrebbero combattuto e chi poteva si allontanava. Ma i più poveri non potevano perché altrimenti non avrebbero più trovato da mangiare”.

“Il Tribunale penale internazionale deve rivedere la sua decisione di togliere priorità alle indagini sulle operazioni militari delle forze statunitensi e afgane e deve cercare, invece, le prove di tutti i possibili crimini di guerra, a prescindere da chi li abbia commessi”, ha sottolineato Callamard.

 

(credit foto EPA/STRINGER)



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