Al Mattatoio i luoghi e le parole di Enrico Berlinguer

Prorogata fino al 25 febbraio, grazie al grande successo riscosso, la mostra per la ricorrenza del centenario dalla nascita di Berlinguer, ideata e realizzata dall’Associazione Enrico Berlinguer con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Maria Laura Toncli

Una mostra storica e politica che ripercorre la biografia dell’icona del Novecento attraverso materiali originali fotografici, audiovisivi, sonori e documenti d’archivio allo scopo di ravvivarne il lascito politico. Leader di rara caratura morale, radicato nel Paese reale e stimato persino dai suoi oppositori, personaggio di grande attualità per la sua capacità di visione eppure allo stesso tempo così intimamente sobrio da collocarsi agli antipodi rispetto alle figure politiche di oggi. La sfida progettuale che MUDRA architetti, nelle personalità di Alessandro D’Onofrio, Fabio Speranza e Vittoria Grifone, ha voluto e ha brillantemente superato è stata quella di ricreare un’immagine chiara e precisa per chi l’aveva vissuta, rispettandone la necessità di ritrovarsi, ma soprattutto presentarla alle nuove generazioni per trasferire a chi non c’era la grande forza partecipativa.

Per la prima volta il Mattatoio, esempio di archeologia industriale romana solitamente sede di mostre ed eventi di arte contemporanea, si trova a confrontarsi con l’allestimento di una mostra storico-politica. La biografia del leader del PCI è stata organizzata in cinque sezioni tematiche, cui seguono tre ulteriori approfondimenti relativi alle relazioni internazionali, alla violenza politica e al contributo apportato al moderno stato sociale. “Duemila metri quadri distribuiti tra i due padiglioni 9A e 9B non sono stati tuttavia sufficienti a contenere l’ingente mole di documenti disponibili” racconta l’architetto Vittoria Grifone in occasione della «Visita di studio alla Mostra» organizzata l’undici febbraio dal Dottorato di Ricerca di Interesse Nazionale in Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata.

Il padiglione 9A da cui inizia la mostra, “ne rappresenta il cuore. Prima possibile deve esserci un punto di contatto, una foto, un «feticcio», in grado di avvicinare il visitatore al personaggio, un ponte emotivo” sottolinea Alessandro D’Onofrio, progettista e curatore “non deve esserci uno sforzo cognitivo, al contrario è molto importante la componente emotiva che accompagnerà i visitatori per tutto il percorso”. Infatti, come frutto di una stretta cooperazione con la famiglia Berlinguer, appena varcato l’ingresso sulla sinistra entriamo subito a far parte della vita più intima di Enrico attraverso le foto disposte all’interno delle teche, tra cui quella del suo cane. Emerge da quelle a Stintino, anche da bambino, il suo singolare legame con la Sardegna: vi tornerà diverse volte nel corso della vita ogni qual volta sentirà il bisogno di “fare un bagno nelle proprie radici” evidenzia D’Onofrio. Non abbiamo solamente l’impressione di sfogliare gli album di famiglia, ma di entrare persino in casa e vedere alcuni suoi effetti personali, come gli occhiali e l’orologio indossati quel fatidico 7 giugno 1984 a Padova.

A condurre i visitatori in modo chiaramente leggibile e accessibile è una timeline, composta da tre strati – vita personale, storia italiana e storia internazionale –  che permette tre livelli di lettura della mostra, utilizzando anche graficamente “il prespaziato, che differenziando lo spessore suggerisce una diversa percezione dello spazio” spiega Fabio Speranza e aggiunge “è fondamentale avere questa gradazione per consentire la fruizione a tutti i visitatori, anche ai bambini”. Le foto rappresentano il primo livello, il più accessibile, consentendo una panoramica sintetica. Il secondo è costituito invece da brevissime didascalie, linee guida dell’intero allestimento. Il terzo infine è una cronologia italiana e internazionale più dettagliata. Inoltre, a disposizione per tutto il tempo della mostra come stimolo per tutti gli studiosi e gli appassionati, in una postazione dedicata all’ingresso del padiglione 9B è possibile consultare l’archivio Berlinguer. “Solitamente è necessario recarsi presso la Fondazione Gramsci” spiega D’Onofrio “invece qui è a completa disposizione e si può anche tornare più volte vista anche la gratuità della mostra”. “In questa occasione la ricerca grafica ha influenzato quella scientifica” prosegue Fabio Speranza riferendosi alle due mappe geografiche poste al centro del padiglione 9A “ne ha valorizzato il tema rendendolo più immediato. In una si rimanda alla frenesia politica di Berlinguer e apre a una riflessione rispetto ai luoghi che non ha mai visitato, nell’altra sono rappresentati graficamente tutti gli attentati terroristici quasi all’ordine del giorno” aggiunge D’Onofrio. Già con un solo colpo d’occhio è possibile ricostruire e prendere coscienza della lungimiranza nel saper costruire delle reti internazionali.

Una sezione suggestiva e degna di nota è quella riservata alla biblioteca personale giovanile di Berlinguer, in cui trovano spazio testi di Nietzsche, Aristotele, Machiavelli, Carducci e Kant. Fondamentale anche la sua curiosità e l’approfondimento della sfera religioso-cattolica pur essendo ateo, che gli ha consentito un puntuale e riuscito dialogo con le istituzioni. Ancora una volta è direttamente e attraverso le fonti che si permette ai visitatori di entrare in contatto diretto con il plasmarsi del personaggio, tanto lungimirante da farci sentire oggi passato di un presente che ancora tende a quel futuro. Infatti, dai più ai meno giovani sono in molti a fermarsi nella sala, interessati e stupiti. Non sorprende la formazione di ambito filosofico per un leader politico del tempo ma contemporaneamente apre spiragli di riflessione rispetto agli esiti della situazione politica odierna.

Al centro del padiglione non si può far a meno di notare le tre imponenti installazioni video, proiezioni continue su teli di tripoline: immediato e d’impatto è il rimando al clima politico del tempo. “La particolarità” racconta Vittoria Grifone “è che sono attraversabili. Rappresentano la militanza: l’idea è quella di entrare fisicamente in un corteo creando un flashback condiviso”. L’altra faccia della politica, la Voce, è diffusa attraverso le campane sonore: si trovano nelle più piccole sale laterali e riproducono in loop discorsi elettorali che spiegano e introducono le tematiche a seguire. “Sono una «Pausa sonora»: volevamo che a narrare fosse direttamente la voce di Berlinguer. All’epoca più dell’immagine era fondamentale fare politica attraverso i contenuti” fa notare ancora una volta Vittoria, fiera di tutte le scelte prese di comune accordo con gli altri due colleghi “abbiamo un knowhow simile e anche se ognuno di noi dopo una prima fase corale porta avanti un settore, siamo interscambiabili”. Dalle parole di ognuno emerge una forte coesione accompagnata da altrettanta precisione e ricercatezza, fonte probabilmente della chiave del successo della mostra.

Al culmine della navata parallelamente al raggiungimento figurativo dell’apice dell’enfasi allestitiva raggiunta dai visitatori, si trova una parete nera con elencate le leggi emanate nella stagione delle riforme, tra il 1969 e il 1982: grazie alla militanza, rappresentano il vero lascito politico di Berlinguer. I nostri principali diritti sono stati acquisiti in questi anni grazie al grande sforzo necessario. “Rappresenta la «nostra» Gioconda, è l’opera d’arte” afferma orgoglioso Alessandro D’Onofrio “lo scopo della mostra era mettere in luce il contenuto politico di Berlinguer e soprattutto ravvivarne il lascito” aggiunge Vittoria Grifone “il visitatore porta a casa attraverso le leggi l’eredità di Enrico Berlinguer” chiude Fabio Speranza.

In tanti si sono riconosciuti partecipi, ingranaggio fondamentale di una macchina molto più grande. La testimonianza sono le parole che hanno avuto il piacere di lasciare alla fine della mostra: “Indimenticabile: ho potuto rivivere i momenti della nostra storia” “Partecipare a questa mostra è stato come fare un lungo viaggio attraverso gli ideali. Commovente” e ancora “questa mostra mi ha rinnovato le idee”. Ma anche i più giovani visitatori sono stati attratti e catturati: “Avremmo voluto conoscerti” e “Ci manchi ancora e non t’ho mai conosciuto”. Attraverso la nostalgia che trapela dalle loro parole, affiora il desiderio di poter rivivere nel presente anche solo un’eco di quegli ideali.

CREDITI FOTO: Monkeys VideoLab, allestimento della mostra.



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Maria Laura Toncli

L'autore de "L'Urlo" continua a ispirarci grazie alla forza emotiva e psicologica della sua arte.

Altri articoli di Società

L’impatto sociale dell’Intelligenza artificiale non è paragonabile a quello avuto da altre grandi innovazioni tecnologiche.

"I ragazzi della Clarée", ultimo libro di Raphaël Krafft, ci racconta una rotta migratoria ancora poco indagata, almeno nei suoi aspetti più umani.

Il diritto all’oblio è sacrosanto, ma l’abuso che gli indagati per mafia ne è pericoloso.