Un anno fa l’assalto neofascista alla Cgil

A un anno dall’assalto neofascista durante una manifestazione "No green pass", il racconto dei sindacalisti che erano lì.

Maurizio Franco

L’anniversario di un assalto. Era il 9 ottobre 2021 quando il quartier generale della Cgil venne attaccato durante una manifestazione “No green pass”. Un assalto che a molti ha ricordato la violenza fascista del secolo passato: colpito l’ingresso del palazzo di Corso d’Italia, gli uffici del piano terra messi a soqquadro e i cori davanti alle scalinate. Il blitz, filmato con gli smartphone e convertito ad uso e consumo della mangiatoia social, è durato qualche manciata di minuti. Ma le immagini di quella “furia cieca” hanno fatto il giro del mondo. Roma come Capitol Hill: scimmiottare l’assedio al Campidoglio dei sostenitori di Donald Trump avvenuto il 6 gennaio 2021. In salsa capitolina con bandiere tricolori e rigurgiti nostalgici.

“L’organizzazione della giornata non è stata casuale. Una regia di fondo ha portato la violenza sotto la sede del nostro sindacato. E nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vedere scene del genere, nonostante il clima politico su vaccini e green pass”. Stefano Milani, capo della comunicazione targata Cgil e direttore responsabile di Collettiva – piattaforma online di informazione “su cui diffondere il grande racconto collettivo del lavoro e del sindacato” – giunse alle 18:30 davanti alla sede. A devastazione compiuta. Il 9 ottobre era un sabato e gli stabili del sindacato erano chiusi perché la pandemia aveva scombussolato i ritmi vitali del cuore logistico della Cgil. Gli uffici al piano terra fanno riferimento alla sua area di competenza. “Fu uno shock, un incubo. Non è stato profanato soltanto un luogo fisico. Ma una comunità che si riconosce in quel luogo, un’organizzazione che da 116 anni parla direttamente a tutti i lavoratori”, dice Milani.

Riccardo Sanna, coordinatore dell’area delle politiche per lo sviluppo della Cgil, invece, stava seguendo la partita di calcio del figlio. Su Twitter vide i primi video dei tumulti e i messaggi che confermavano gli avvenimenti. “Ho bruciato tutti i semafori rossi per arrivare il prima possibile in sede”, racconta. Sanna provò ad entrare da una porta sul retro. Ma niente. Allora svoltò l’angolo e si ritrovò davanti ad un fiume di persone. “Ho avuto la percezione di tante pecore che seguivano il flusso, una massa scomposta sulla strada”, dice. Sanna si tolse la mascherina per mimetizzarsi e si inserì nel marasma cercando di raggiungere l’entrata della sede sindacale. Un funzionario della digos lo riconobbe e lo spinse dentro. Il gruppo che aveva sfondato le porte era già fuori e lontano. “I pochi poliziotti presenti erano stremati”, ricorda. E tra i corridoi vide lo scempio della devastazione. “Una sensazione di violazione, una sensazione mortificante nel constatare la volontà di infliggere, di sfregiare, di distruggere”. Un quadro di Ennio Calabria, posto nell’androne principale, subì alcuni danni. Una tra le opere d’arte donate alla Cgil e al Pci da intellettuali e artisti, vicini e organici all’universo progressista, custodite nel quartier generale dei lavoratori.

Il cordoglio. E poi la rabbia. “Sono stati due giorni tremendi. Ma non ci siamo abbattuti. Abbiamo chiamato una grande assemblea pubblica davanti alla sede nazionale, dove è intervenuto il nostro segretario generale Maurizio Landini”, dice Milani. Migliaia di persone sono accorse al presidio per dimostrare solidarietà e sconcerto. “Tutte le forze politiche dell’arco costituzionale si sono espresse sull’accaduto e questo ci ha fatto piacere. Persino l’allora primo ministro Mario Draghi, si è presentato: nessun presidente del Consiglio ha varcato la soglia di Corso d’Italia, se non il premier Romano Prodi per i funerali di Bruno Trentin”.

Un attacco al cuore delle democrazia. E ad una delle istituzioni più longeve del movimento operaio. Giorgia Meloni ha dichiarato all’indomani dell’assalto: “È sicuramente violenza e squadrismo, poi la matrice non la conosco. Nel senso che non so quale fosse la matrice di questa manifestazione, sarà fascista, non sarà fascista, non è questo il punto. Il punto è che è violenza, è squadrismo e questa roba va combattuta sempre”.

Nel frattempo i militanti e gli attivisti hanno organizzato turni per salvaguardare la sede centrale del sindacato. Notte e giorno per difendere un patrimonio comune, “un luogo della quotidianità”. Il 16 ottobre scorso poi, la piazza delle tre sigle confederali per ribadire “mai più fascismi”. Consapevoli della “matrice”.

Sanna, oggi, è ancora scosso. Rinvangare il passato è doloroso. “Avrei preferito che assalissero me piuttosto che la casa dei lavoratori”, dice.

Gli attacchi al sindacato

Quello del 9 ottobre non fu l’unico evento traumatico per la Cgil. Nel corso dei mesi la galassia “novax” e l’estrema destra hanno sferrato attacchi sistematici alle sedi sindacali di tutto il Paese.
Circa 24 ore dopo i fatti capitolini, il 10 ottobre, i rappresentanti dei lavoratori Atm del depositi di San Donato, a Milano, trovarono affisso alla porta del loro ufficio una svastica con al centro il simbolo della Cgil. “Un atto gravissimo per il quale denunceremo alle forze dell’ordine quanto avvenuto affinché possa essere aperta un’indagine e individuati i responsabili”, recita il comunicato della Filt-Cgil. A Galatina, provincia di Lecce, il 23 ottobre, un’altra svastica nella sede di via Caracciolo. “Qualcuno ha deciso di agire di nascosto, di notte, perché solo così può agire chi inneggia al nazifascismo”. Il 15 aprile 2022, frasi inneggianti a Mussolini e insulti al sindacato con la vernice spray sulle pareti: all’Università di Siena, una delegata Rsu ha trovato la propria postazione di lavoro completamente imbrattata. “Dopo l’assalto contro la Cgil a Roma, gli ‘antifascisti della domenica’ si erano impegnati a legiferare per lo scioglimento delle organizzazioni fasciste e neofasciste, mentre la Cgil, baluardo democratico e antifascista, continua a essere l’obiettivo di questi vigliacchi in camicia nera”. A Palermo, il 18 agosto, le “v” cerchiate di rosso e la scritta “Landini boia nazi” sono apparse sulle mura degli stabili siciliani dell’organizzazione confederale. “Non si tratta di episodi isolati”.
Estrema destra e fantasie di complotto unite nella lotta. Il sindacato ha contato oltre 30 atti vandalici alle proprie strutture, tra intimidazioni mirate e ingiurie. Una geografia dell’odio politico. “Abbiamo aperto le nostre camere del lavoro, per dire noi ci siamo, la Cgil è aperta e pronta a resistere”, dice Milani.

CREDIT FOTO: L’interno della sede del sindacato CGIL distrutta dai manifestanti no Green pass, Roma, 10 ottobre 2021. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

 



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