Quei popoli cancellati dalla faccia della terra

“Atlante dei popoli scomparsi”, a firma di Dominique Lanni, racconta la storia delle civiltà sparite. Dai Khmer ai Maya, fino agli antichi egizi e alla civiltà di Gokomere: perché questi popoli hanno smesso di esistere?

Marilù Oliva

«Massacri, stermini di massa, non sono avvenuti però solo nei tempi antichi, per mano di popolazioni barbare o per via di spedizioni volte alla ricerca di minerali preziosi […] A estinguersi non furono solo tribù e popoli che contavano poche migliaia di individui, ma anche civiltà che comprendevano milioni di persone e avevano prosperato per secoli».
In questi giorni vediamo i palestinesi imprigionati in una striscia sottile dove i civili vengono bombardati da Israele come topi in trappola. Certo, Hamas stavolta ha cominciato per primo la barbarie e il terrorismo è sempre deprecabile. Certo, dobbiamo fare i conti con interessi precisi sovranazionali e c’è una storia dietro a questo conflitto inveterato, ma le premesse possono davvero spiegare tutto questo spargimento di sangue innocente, da entrambe le parti? Possiamo assistere impassibili alla distruzione di città indifese e apprendere notizie tremende, come quella dei bambini palestinesi che si scrivono i nomi sulla mano per essere identificati, qualora venissero ritrovati morti dopo un raid? Mi aggancio alla cronaca estera del presente per parlare di un libro edito da L’Ippocampo che ci racconta quante realtà siano svanite all’improvviso: Atlante dei popoli scomparsi, scritto da Dominique Lanni, illustrato da Camille Renversade e tradotto da Piernicola D’Ortona.

Sumeri, Harappiani, Mongoli, Inca, Vinchinghi e gli altri: una rassegna su un mondo che non esiste più, eppure ha lasciato tracce eloquenti. Ma anche un monito per il futuro. Tutti conosciamo l’incredibile genialità edilizia degli antichi egizi, l’inveterato vigore combattivo degli spartani, capaci però di atti brutali verso gli iloti (anch’essi inghiottiti nel nulla), le meravigliose opere dei Maya i quali, a triste monito di ciò che potrebbe sempre succedere, sono giunti a un periodo di decadenza a seguito di fragilità intestina. A dimostrazione che i conflitti possono solo indebolirci:
«Ciascuna città-stato entrò in guerra contro i vicini procurandosi, in caso di vittoria, i prigionieri necessari per i sacrifici propiziatori. Dopo una lunghissima agonia, l’impero conobbe una fine caotica».
Ogni capitolo è dedicato alle genti che sparirono ed è accompagnato da suggestive illustrazioni, soprattutto monumentali (ma non solo: anche artistiche e paesaggistiche). Molte verità vengono dissepolte, molti quesiti affiorano tra le righe: com’è possibile che sia potuta soccombere una civiltà ricca e fiorente come quella dei cambogiani Khmer, che costruirono ingegnose reti idrauliche fatte di canali, dighe, bacini e cisterne? Quale calamità fu fatale per la civiltà di Gokomere, in Zimbabwe, leggendaria per le sue ricchezze? Quale mistero avvolge l’epilogo di Pitcairn, una piccola isola vulcanica ubicata nel bel mezzo del pacifico? I suoi abitanti dovettero subire un ineluttabile declino, poco alla volta, quasi completamente privati di risorse. Come spesso accade, cominciò una “guerra tra poveri” e si innescò una rivalità tra gli autoctoni per lo sfruttamento delle ultime risorse, sfociata in guerre intestine che si conclusero persino in atti di cannibalismo.
Insomma, questo libro ci dimostra che, se le civiltà sono sempre state portatrici di bellezza e progresso, purtroppo, per via della loro inclinazione al dominio e alla prevaricazione, molte di esse si sono consumate dall’interno prima ancora di essere conquistate dall’esterno o inghiottite da una catastrofe. E che lo sfruttamento dell’altro comporta esiti disastrosi, come avvenne per gli Herero, in Namibia, soggiogati dai tedeschi che, agli inizi del Novecento, erano in preda a smanie razziste:
«Marchiati alla maniera di animali, suddivisi tra lavoratori abili e inabili, costretti a sgobbare come bestie da soma, gli Herrero contribuirono alla costruzione della ferrovia. Vittime di inedia, violenze, malattie, logoramento fisico, stupri e assassini, finirono per ridursi a una velocità spaventosa». 



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