Azzariti: L’Autonomia di Calderoli? Non s’ha da fare! Serve un’autonomia ‘differente’, non differenziata

Le questioni sollevate dalle modifiche costituzionali creano molti dubbi negli esperti, contraddizione nella linea politica del governo e una profonda spaccatura nel Paese. Il costituzionalista Gaetano Azzariti spiega a MicroMega il perché di un simile sconquasso che può portare conseguenze devastanti per l’Italia.

Rossella Guadagnini

Nel pomeriggio di giovedì 2 febbraio va in Consiglio dei ministri il testo di riforma sulle autonomie regionali firmato da Roberto Calderoli, che tiene banco nella discussione politica da settimane. Secondo Salvini, tra i principali fautori della riforma, non c’è alcuno spazio per depotenziamenti di quanto scritto, così come – assicura il ministro delle Infrastrutture – non ci saranno colpi di mano dell’ultima ora. “Il testo sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri: autonomia significa modernità, efficienza, futuro. Quindi sono assolutamente felice, soddisfatto e orgoglioso di quello che tutti insieme stiamo facendo”. Tutti insieme? E tutti chi? Abbiamo chiesto al costituzionalista Gaetano Azzariti che ne pensa.

Professor Azzariti è d’accordo con questa visione?

L’approvazione delle due riforme annunciate, l’Autonomia Differenziata e il Presidenzialismo, ci porterebbe a un’altra Repubblica diversa da quella disegnata dalla nostra Costituzione. Riguardo, in particolare, alla prima, vero è che essa non rappresenterebbe una riforma del testo della Carta, che rimarrebbe formalmente invariato, ma è anche vero che essa è un corpo organico, non un salame che si può tagliare a fette – mi si passi il paragone irriverente. È per questo che non si può prendere in considerazione un solo singolo articolo. L’articolo 116 III comma fa parte di un Carta che delinea un modello ‘solidale’ di regionalismo. Se invece lasciamo libero spazio a un’attuazione dell’articolo 116 III co., in una prospettiva ‘competitiva’ tradiamo, non solo lo spirito, ma anche la lettera della costituzione intesa come insieme.

Come va valutata quindi la bozza di riforma Calderoli?

Per me, semplicemente, si dovrebbe ritirare e si dovrebbe invece cominciare a ri-discutere come attuare un nuovo regionalismo che garantisca i principi di solidarietà ed eguaglianza che la nostra Carta impone “su tutto il territorio nazionale”. Una discussione approfondita, che torni ai fondamentali. Il Titolo V della nostra Costituzione (sin dalla versione originaria definita in Assemblea costituente) è un’opera incompiuta. Richiede di essere interpretata alla luce dei principi fondamentali.

Quali sono quelli in discussione?   

Bisogna partire dall’articolo 5 che indica come lo Stato debba promuove le autonomie, ma a una condizione: che si garantisca l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Vi è poi l’articolo 2, che sottolinea come tutti i diritti fondamentali delle persone (non solo i Lep, livelli essenziali di prestazioni) devono essere garantiti, s’intende sull’intero territorio nazionale. Per conseguire questo risultato impone uno specifico obbligo, quello inderogabile di solidarietà. Vi è infine il “sacro” principio d’eguaglianza, sia formale sia sostanziale, che esclude discriminazioni tra i cittadini in base alla loro collocazione territoriale. Ecco il modello di regionalismo solidale definito nei principi fondamentali agli articoli 2, 3 e 5.

E che altro?  

Si scorda inoltre che, nel Titolo V, oltre all’articolo 116 III comma, vi sono anche gli articoli 118 e 119. Il primo indica tre principi per garantire un esercizio solidale delle funzioni amministrative: si tratta dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza delle prestazioni. Che sono tutt’altra cosa rispetto alla visione che porta a un esercizio diretto ed esclusivo delle competenze così come previsto dalla bozza Calderoli. Infine, anche l’articolo 119 impone di fornire maggiori risorse a quelle regioni che hanno minori capacità contributive, mediante fondi perequativi. Esattamente il contrario del favore alle regioni più ricche, che verrebbero avvantaggiate dal meccanismo che collega la fiscalità territoriale ai “tributi propri” regionali.

Quanto al sottosviluppo al Sud?

Secondo il modello costituzionale ci si dovrebbe impegnare per colmare le differenze e cercare di adeguare la peggiore delle situazioni alla migliore. Dal punto di vista economico, dunque, le regioni svantaggiate del sud a quelle più ricche del nord. Mentre il ddl Calderoli, prescinde da tutto ciò e persegue una finalità esclusivamente ‘appropriativa’, seguendo quelle regioni (Lombardia e Veneto) che hanno richiesto tutte le 23 materie possibili. Perseguendo la logica del ‘prendo tutto il possibile’, con lo scopo di rafforzare il potere dei presidenti di Regione. Senza nessuna reale considerazione sulle conseguenze in tema di effettività dei diritti.

Occorrerebbe dunque passare dalla logica dei poteri a quella dei diritti?

Sul piano dei diritti è tutto ancora abbastanza confuso e non sembra si vogliano affrontare le questioni reali. Si pensi ai Lep (i livelli essenziali delle prestazioni), non si tratta tanto o solo di “definirli”, come si vuol fare, con una procedura peraltro assai forzata, attraverso il meccanismo indicato dalla nuova legge finanziaria. Il punto più delicato è quello delle risorse per assicurare l’effettività della tutela. Ma di questo, che è il più delicato dei problemi, sembra non ci si voglia occupare.

Il passaggio dell’Autonomia Differenziata nella Legge di Bilancio cosa ha implicato?

Si è definito un percorso accelerato per superare tutti gli ostacoli, senza affrontare i problemi reali. Così le decisioni politiche fondamentali sul futuro del nostro stato sociale e le garanzie affettive dei diritti fondamentali (scuola, lavoro, sanità, e molti altri) non sono stati affidate al Parlamento, ma ad una Cabina di regia sostenuta da un Comitato tecnico che deve operare in tempi contingentati. Insomma il nuovo stato sociale sarà definito fuori dal circuito politico-rappresentativo. Anche la forma degli atti che dovrebbero rendere possibile questo nuovo assetto dei poteri e definizione dei diritti appare anomalo. Saranno dei Dpcm a definire i Lep. Dunque, atti amministrativi generali cui è responsabile il Presidente del Consiglio, non una legge.

Cosa c’è che non va in questo?

Mi chiedo se sia rispettata la riserva (che a me sembra esclusiva) dell’articolo 117 secondo comma della costituzione (lo Stato ha legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale). Per giustificare la forzatura si fa riferimento ai tempi della pandemia che hanno visto decisioni su diritti fondamentali (incidenti sulla libertà personale, di circolazione, in materia sanitaria, religiosa, etc.) assunte da un Dpcm legittimato da un decreto legge. Si dimentica però che, in quei casi drammatici, la vera fonte legittimante era l’innegabile necessità: l’urgenza di intervenire per salvaguardare la vita delle persone. Ora, per fortuna, non v’è nessuna straordinaria necessità e urgenza per dover intervenire con strumenti eccezionali. Si sta pensando di ridefinire lo stato sociale per i prossimi anni, passando da un modello di società a un altro: una qualche riflessione che coinvolga il Parlamento, ma anche la società civile, promuovendo un ampio dibattito pubblico, sarebbe altamente auspicabile.

Cosa suggerisce al riguardo? 

Di aprire una stagione per riflettere su un nuovo regionalismo, per tornare ai fondamentali e cercare di capire come può definirsi un regionalismo ‘solidale’. Una strada impervia, ma che è necessario cominciare a percorrere. Se invece si vuole seguire la via tracciata dell’Autonomia Differenziata, questa ci porterà verso una nuova forma di Stato, poco compatibile con i nostri principi supremi. Se si fosse radicali e coerenti sino in fondo si dovrebbe avere il coraggio di affermare la necessità di abrogare il 116, III comma e – ripeto – riuscire a guardare oltre. Personalmente non credo in strategie che puntano alla riduzione del danno. Non sono vincenti.

 

 

Per capire di più. Leggi la nostra serie di articoli sull’autonomia differenziata. 

 



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