Berlusconi, la magistratura e un passato che non deve ricoprirsi di erbacce

B. afferma al Corriere: «La riforma della giustizia non è certo contro la magistratura anzi è dalla parte dei magistrati seri e corretti, che sono la grande maggioranza». Un vero cambio di registro. Ma la memoria racconta altro.

Gian Carlo Caselli

Un editoriale di Ferruccio De Bortoli sul Corriere del 25 gennaio ammoniva – a proposito della Shoah – che “La memoria è come un giardino. Va curata. Altrimenti si ricoprirà di erbacce”. Parole sante, che van bene non solo per la tragedia immensa dello sterminio nazista, ma anche per vicende   infinitamente meno drammatiche e storicamente incomparabili.

Per cui da De Bortoli passo a un’intervista (sempre sul Corriere del 25) a Silvio Berlusconi. Egli dice di “sostenere con assoluta convinzione le riforme annunziate dal ministro Nordio”; e che “la riforma della giustizia non è certo contro la magistratura anzi è dalla parte dei magistrati seri e corretti, che sono la grande maggioranza”. Ora, fa piacere leggere che Berlusconi avrebbe cambiato registro, perché “la memoria” parla invece d’altro.

A parte che in una indimenticabile intervista allo “Spectator” (e alla “Voce di Rimini)” egli, riferendosi a tutti i magistrati indistintamente, ebbe a sostenere che “per fare questo lavoro bisogna essere malati di mente; se fanno questo lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”; la sequenza dei rapporti di Berlusconi con la giustizia va obiettivamente ricostruita come segue. All’inizio, è vero, ad essere oggetto – non di critiche (ovviamente legittime e spesso utili) – ma di attacchi apodittici e indiscriminati sono stati solo alcuni procuratori. Ma poi, man mano che le indagini si concludevano, hanno cominciato ad essere delegittimati e offesi i magistrati giudicanti: tutte le volte in cui sono stati chiamati a occuparsi di processi sgraditi e hanno deciso in maniera contrastante con le aspettative degli interessati. Alla fine, l’attacco – da Berlusconi personalmente condotto con un intervento televisivo a reti unificate – si è addirittura rivolto contro le Sezioni unite della Cassazione, massimo organo giudiziario del nostro sistema, “colpevole” di non aver applicato una delle (troppe) leggi ad personam, la cosiddetta “legge Cirami”, come Berlusconi & C. si aspettavano. Il problema, dunque, non era costituito da singoli magistrati. L’attacco è stato, per così dire, a geometria variabile, nel senso che poteva subirlo qualunque magistrato – pubblico ministero o giudice, quale che fosse la città o l’ufficio in cui operava – ogni volta che avesse la sfortuna (questa purtroppo è la parola giusta) di imbattersi in vicende delicate.

Ciò poneva una serie di interrogativi ineludibili (per altro riproducibili in alcuni casi anche oggi…). È giusto gettare pregiudizialmente fango su un magistrato sol perché indaga o eventualmente condanna – per fatti specifici – un personaggio pubblico?  E, viceversa, è giusto applaudire, sempre a priori, il magistrato che assolve quell’imputato? Quando si tratta di personaggi di peso (imputati – ripeto – per fatti specifici e non certo per il loro status) giustizia giusta è, per definizione, solo quella che assolve? Ragionando in questo modo, non si sovvertono le regole fondamentali della giustizia? Non si incide sulla serenità di giudizio? Dove sta la linea di confine fra attacco e intimidazione?

Ecco. Questo è il passato che non deve “ricoprirsi di erbacce”. Del resto anche nella intervista del 25/1 traspare in Berlusconi la tendenza quanto meno a una “reductio ad minus” se non proprio alla non considerazione della magistratura: perché i sequestri di beni alle cosche e le catture di mafiosi non furono opera del governo da lui guidato (come B. rivendica) ma dei magistrati, ovviamente con il prezioso concorso della polizia giudiziaria.

Infine, parlare di “incubo orwelliano” che ci affligge in tema di intercettazioni (altra perla di B.)  equivale a sostenere una tesi destinata a schiantarsi contro i dati di fatto della realtà; anche se apprezzabile dal ministro Nordio, in quanto buona a puntellare le sue singolari idee in materia, basate sull’assunto iniziale che i mafiosi non parlano al telefono….

 

 

Foto Ansahttps://ansafoto.ansa.it/foto/pageDetail.html?nfoto=86&idarchivio=31



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