Biopolitica delle case di riposo

Lo sfruttamento della senilità debilitata è centrale nel sistema capitalistico. Senza le case di riposo l’intero assetto sociale che conosciamo sarebbe impossibile.

Marco d'Eramo

I castelli francesi sulla Loira si valutavano dal numero di finestre: “È un castello da 50 finestre”. Per i boiardi russi le proprietà erano pesate in anime, irrilevante se vive o morte, come racconta Gogol. Invece le grandi corporations di case di riposo si misurano in letti: i quattro più grandi operatori di case di riposo della Gran Bretagna sono infatti HC-One Ltd (dove HC sta per Health Care), con 22.000 letti (e, curiosamente, lo stesso numero di dipendenti), Four Seasons Health Care (20.000 letti), Barchester Healthcare e British United Provident Association con 12.000 letti ciascuna. Ogni letto corrisponde a un anziano. Perciò i letti (gli anziani) vengono comprati e venduti, o depositati come garanzie di prestiti. Noi immaginiamo la grande finanza internazionale come una girandola vorticosa di derivati, di futures, swaps, options. Ci fa strano raffigurarcela come un turbinio di letti, cioè di anziani debilitati. Ma così è; e i dati sui letti cambiano in continuazione e mentre voi leggete, già adesso il numero di letti che ho indicato può essere cambiato, modificato da una compravendita o da un’ipoteca di un lotto di ospiti lungodegenti. Per esempio, Four Season è passato di mano dall’hedge fund Terra Firma del finanziere della City Guy Hands all’hedge fund statunitense H/2 Capital Partners che ha venduto parte dei suoi assets (degenti) per ripianare i debiti accumulati per la sua acquisizione.

La girandola di fusioni, acquisizioni, vendite, scorporamenti è ancora più vorticosa negli Usa dove accelerò nel 2007 quando il più grande operatore di case di riposo, Genesis Healthcare, fu comprato per 2 miliardi di dollari da Formation Capital, hedge fund basato ad Atlanta, prima di essere rimesso sul mercato sette anni più tardi. Sempre nel 2007 il secondo operatore statunitense di case di riposo, HCR Manor, fu comprato per 4,9 miliardi dal fondo di private equity Carlyle Group che era interessato soprattutto al suo patrimonio immobiliare (edifici delle homes e terreni circostanti), che infatti rivendette nel 2010 a un trust immobiliare per 6,1 miliardi di dollari: nel 2018 HCM Manor dichiarò fallimento.

Naturalmente in Europa c’è il mercato comune dei vecchi lungodegenti e la libera circolazione dei posti letto: ci sono gruppi transnazionali, come Korian che possiede 25.000 letti in Francia, 5.000 in Italia e residenze in Germania, Spagna, Olanda e Belgio, per un totale di 71.500 letti e un fatturato totale di poco meno di 3 miliardi di euro. Un gruppo interessante è quello della famiglia italiana De Benedetti, fino al 2020 proprietaria del gruppo editoriale GEDI (giornali “progressisti” come Repubblica, Espresso, più svariati quotidiani locali), la cui holding Cir controlla il gruppo Kos che gestisce 92 strutture, oltre a 48 residenze in Germania, con un totale di 12.800 letti.

Che le case di riposo siano al centro delle manovre speculative della grande finanza internazionale potevamo tranquillamente sospettarlo, ma è lo stesso sorprendente vedere fino a che punto l’incontinenza senile non solo si rivela centrale nel sistema capitalistico (negli Usa il suo giro d’affari è di 129,8 miliardi di dollari per 15.600 strutture con 1,7 milioni di posti letto e 1,4 milioni di pazienti accolti), ma diventa fonte di guadagno persino per la cosiddetta “borghesia illuminata”, come sarebbe in Italia la famiglia De Benedetti.

Ma non è solo per la finanza e il capitalismo internazionale che lo sfruttamento della senilità debilitata si rivela centrale. Le case di risposo sono un dispositivo essenziale per tutta la struttura produttiva moderna. Senza di esse l’intero assetto sociale che conosciamo sarebbe impossibile. Gli alloggi in cui le famiglie vivono non potrebbero essere piccoli come sono: gli appartamenti in cui vive la maggior parte di noi non potrebbero accogliere la generazione dei nonni senza provocare un insopportabile affollamento. Ma la ridotta dimensione degli alloggi è la conditio sine qua non per la struttura delle città e della vita metropolitana. Non solo, senza un luogo dove “parcheggiare”, “immagazzinare” i vecchi nell’ultima fase del loro soggiorno terrestre, la mobilità professionale e geografica sarebbe impraticabile. I giovani (i figli) e gli adulti non potrebbero andare a vivere in città lontane e/o non potrebbero cambiare lavoro (residenza). La tanto osannata “flessibilità” esige uno sganciamento dalle strutture, uno smantellamento della famiglia allargata, un’individualizzazione, una “solitarizzazione” della vita.

Quelle strutture che chiamiamo nursing homes nei paesi anglosassoni, Pflegeheimen in Germania, maisons de retraite in Francia (in cui la sigla burocratica è Ehpad: Établisssements d’hébergement pour personnes âgées dépendantes), case di riposo in Italia (sigla Rsa: Residenze sanitarie assistenziali) si rivelano perciò essere un dispositivo nevralgico per consentire il funzionamento di tutti gli altri settori della vita delle persone. Soprattutto, si rivelano essenziali per gestire quel numero crescente di esseri umani che non è morto ma non vive: perché uno degli aspetti più trascurati del tanto celebrato allungamento della speranza di vita, o allungamento della vita media, è che ad essere stato allungato non è solo il vivere, ma anche il morire. Una specificità del moderno è che la morte si è stiracchiata a dismisura, ormai l’agonia dura non giorni, ma mesi, e spesso anni. Per parafrasare quel che diceva Sinclair Lewis dei mattatoi di Chicago, nelle residenze per anziani ti sembra di ascoltare il rantolo dell’universo.

Le nursing homes, Pflegenheimen, Ehpad, Rsa, sono quindi un’istituzione chiave della biopolitica. Sono la biopolitica fatta pannolone.

Perciò, è sconcertante il silenzio che si è abbattuto su di loro dopo la prima ondata della pandemia, dopo la fuggevole commozione, dopo le insopportabili lacrime di coccodrillo che sono state versate per la “strage” che il Covid vi ha provocato. Tanto più che la mattanza non si è fermata nella seconda ondata, anzi, è stata ancora più letale. Ma nessun ne parla più, o – al massimo – vi accenna. Insomma, le case di riposo sono state compiante, forse deprecate, in qualche caso denunciate come lager, ma mai affrontate come un problema da risolvere. Problema difficilissimo perché, come abbiamo visto, estraendo questo piccolo tassello dal mosaico, tutto il puzzle sociale va a remengo.

Un problema, sì. Perché le case per anziani sono le discendenti dirette degli ospizi, delle almhouses la cui origine viene fatta risalire all’alto Medioevo. Ma gli ospizi sono sempre stati un incubo, riservato ai più miseri tra i miseri, le abominevoli workhouses per gli ‘impotent poor’ per dirla con l’Old Poor Law di Elisabetta I nel 1601: finire all’ospizio era il destino più inumano e infelice. L’ospizio era sinonimo di carità: ancora nel 1899 Giuseppe Verdi si sentì in dovere di fondare a Milano la Casa di riposo per Musicisti per i suoi colleghi meno fortunati. Era l’epoca degli hospices ‘mouroir’ per dirla con una quasi intraducibile espressione francese coniata nell’800: gli ospizi ‘moritoi’ (mouroir è coniato sulla falsa riga di fumoir o boudoir). Mai sarebbe venuto in mente di spedire un proprio genitore in ospizio a un membro, non dico della borghesia, ma dei ceti popolari non in povertà. Se oggi guardiamo invece il costo medio della degenza in una nursing home negli Stati uniti, restiamo allibiti: è di 245 dollari al giorno (quasi 90.000 dollari l’anno), con punte pazzesche come i 963 dollari al giorno (351.000 dollari l’anno) in Alaska. Sembra avvenire per gli ospizi quel che Robert Castel riscontrava per il lavoro salariato: “Si era salariati quando non si era nulla e non si aveva nulla da scambiare, tranne la forza delle proprie braccia. Qualcuno cadeva nel salariato quando il suo stato si degradava: l’artigiano rovinato, il possidente che la terra non nutriva più…” Ancora nel 1922 il Partito radicale francese si proponeva “l’abolizione del salariato, residuo della schiavitù”. Ma dopo di allora il salariato, cioè un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, sembrava destinato a diventare la condizione stessa della modernità, con tutte le protezioni a esso associate. (Les metamorphoses de la question sociale. Une chronique du salariat, Fayard, Paris 1995, pp. 11-12). Un tempo il lavoro salariato era l’inferno, oggi, l’inferno è essere espulsi dal salariato. Un tempo finire all’ospizio era la caduta all’inferno, oggi è un destino quasi ineluttabile anche tra i ceti abbienti.

Come è successo che, rispetto alla metà dell’800, poco più di un secolo dopo i “mouroirs”, il ricovero in case specializzate per anziani è diventato la normalità non solo per la piccola, ma anche per la media, e a volte, per l’alta borghesia? Sono essenzialmente successe due cose. La prima l’abbiamo già vista: la società (cioè la struttura urbana, il mercato del lavoro, la configurazione della famiglia) si è trasformata a tal punto, il numero degli anziani è talmente aumentato, la vita inattiva si è allungata per tanti anni da rendere inevitabile una sorta di “deposito” degli anziani, dove appunto depositarli, garantendogli spazi e assistenza che a casa diventavano impossibili. Le famiglie, anche agiate, che prima spendevano nel prendersi cura a casa dei propri vegliardi, spendono le stesse somme, o anche di più per “accasarli” in queste residenze attrezzate.

Ma il secondo, decisivo fattore è stato il Welfare State. Sono le leggi di protezione della vecchiaia e i finanziamenti per la sua assistenza che hanno moltiplicato a dismisura le case di riposo, che le hanno finanziate e hanno creato il loro mercato. Lo si è visto dal boom speculativo all’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso negli Stati Uniti, dopo che nel 1965 furono creati i programmi di assistenza sanitaria per gli anziani sopra i 65 anni (Medicare) e per i bisognosi (Medicaid): tra il 1960 e il 1975 negli Usa le case di riposo aumentarono del 140%, i loro posti letto del 302% e i loro introiti del 2000%.

Quindi nelle case di riposo assistiamo al sovrapporsi della logica burocratica dell’amministrazione pubblica alla logica del profitto (taglio dei costi, riduzione delle prestazioni, aumento delle rette) delle imprese private. Così in Francia e in Germania sono stabiliti diversi livelli di assistenza, a seconda di quanto (poco) siano indipendenti i vecchi, con parametri come i sei Gir (groupes iso-ressource) in Francia, dal Gir 1 (dipendenza totale mentale e corporale) al Gir 6 (nessuna dipendenza significativa), o i cinque PG (Pflegegrad) in Germania, dal PG 1 (lieve compromissione dell’indipendenza) al PG 5 (più grave compromissione dell’indipendenza). Questi livelli determinano p. es. il rapporto tra degenti e personale (p. es. la Baviera esige un infermiere ogni 6,7 pazienti PG1, contro un infermiere per 1,78 degenti PG5).

Ma, come è avvenuto anche in altri campi, la quasi totalità dei fondi pubblici destinati alla cura degli anziani è andata, e va, ai privati: già nel 1980 l’80% degli anziani “istituzionalizzati” risiedevano in stabilimenti commerciali. Oggi le società a scopo di lucro possiedono 381.524 (83,6%) dei 456.545 letti delle case di riposo inglesi; negli Stati uniti il 68 % delle case di riposo sono di privati a scopo di lucro, il 22% di privati no-profit (per esempio l’Evangelical Lutheran Good Samaritan Society controlla 9.340 letti, Ascension Living 4.562) e il 6% in mano al pubblico; in Germania il 70% degli 858.000 letti nelle Pflegeheimen appartiene a società for-profit. (La Francia è in controtendenza, con il 44% delle Ehpad controllato dal settore pubblico, il 31 % dai privati no-profit e il 25 % da privati for-profit.)

Ma la dipendenza dai finanziamenti statali rende vulnerabili le compagnie di nursing per gli anziani: i progressivi tagli alla spesa pubblica sono il motivo per cui negli anni 2000 le compagnie si sono sempre più indebitate fino a farsi fagocitare dagli hedge funds: dove lo stato “frugale” manda in rovina i privati, per chiudere il cerchio.

Le case di riposo: facili a dirsi, difficili a pensare. Affrontare il loro problema ci costringerebbe a smetterla di schivare le elusioni e le rimozioni degli aspetti più contraddittori e inestricabili del nostro convivere sociale, cui il bisogno di galleggiamento nell’esistente ci costringe, per semplicemente poter continuare a vivere. Siamo come l’Angelus Novus di Benjamin, solo questa volta in prima persona biologica e non come civiltà generica: voltiamo ostinatamente le spalle al futuro in casa di riposo verso cui siamo spinti e a cui siamo destinati. Per concludere con un sorriso, e per mostrare l’inestricabile intreccio del moderno, anche per le case di riposo inglesi è stato creato un sito sul modello di trip.advisor, che classifica i vari stabilimenti a seconda delle prestazioni e del rapporto tra qualità dei servizi e prezzo. Niente in confronto a quella straordinaria guida turistica degli stabilimenti carcerari britannici che è il Prisons Handbook edito dalla Pluto Press (ultima edizione aggiornata, 2020).

 

(articolo ripreso da “Sidecar”, blog della New Left Review).



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