Cancellando il confine fra organismo e macchina: la biotecnologia in azione

La manipolazione umana del cervello, i suoi ricordi e le sue connessioni, apre la prospettiva – e una pratica – nella quale gli esseri umani sono concepiti e agiti come assemblaggi di parti giustapposte. Proviamo a chiederci come leggere l’insieme di queste scoperte e quale concezione della vita e dell’essere umano ne è alla base.

Vasco D'Agnese

Nel 2004 Thomas DeMarse, all’epoca ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell’Università della Florida, sistemò 25.000 neuroni disaggregati di topo su una griglia composta da 60 elettrodi. Questi cominciarono rapidamente a riconnettersi, sviluppando una rete neurale vivente – in altri termini, un cervello – capace, successivamente, di condurre un volo su un simulatore (CNN Technology, 2004). Cinque anni dopo Craig Venter, genetista statunitense, creò la prima cellula artificiale, mettendo insieme un genoma costruito in laboratorio e la cellula di un batterio, utilizzata come recipiente. Venter e il suo team svuotarono il batterio cancellandone il genoma originario, rimpiazzandolo poi con un genoma prodotto da un sintetizzatore di DNA. “Ecco il primo organismo vivente il cui padre sia un computer”, disse Venter commentando l’esperimento – o dovremmo dire la creazione?

Il 31 marzo 2013 Dan Gibson lanciò la prima stampante biologica, stampante che avrebbe prodotto vaccini scaricando le istruzioni via internet. Gibson chiamò l’operazione “biological teleportation” (2018a). Commentandola aggiunse che “con questo processo posso correggere e programmare il DNA per fare cose [to do things, in orig.]. Le mie app… possono creare la vita.” (Gibson, 2018b). Non è insensato immaginare come una stampante sufficientemente potente possa, un giorno, ricostruire un organismo a distanza – per gli organi la procedura è in via di sperimentazione da un decennio (Yandell, 2013). Come ben noto, anche il dominio della memoria e del pensiero non sfugge a questo processo di manipolazione. È possibile, usando dei retrovirus, mappare i percorsi neurali di un topo – per ora – scaricandone le informazioni con un cavo in fibra ottica, o anche effettuare il percorso inverso: nel 2013 un team di ricercatori ha inserito falsi ricordi nel cervello di cavie da laboratorio (Ramirez, Liu et alii, 2013). Il volume di Nita Farahany The Battle for Your Brain mostra in modo tanto rigoroso quanto appassionato cosa questo processo di lettura e inserzione possa comportare per donne e uomini.

Ma la domanda che muove questo articolo non riguarda la bontà o i rischi correlati all’utilizzo di queste tecnologie. Produrre vaccini sicuri in tempi rapidi è una questione vitale e drammaticamente attuale, così come la ricerca sulle reti neurali ha applicazioni significative nella cura di diverse forme di demenza – l’Alzheimer su tutte. Non parliamo poi di quanto la qualità della vita – e la vita stessa – di migliaia di pazienti dipenda dalla rapidità e sicurezza di un trapianto d’organo. Mettendo fra parentesi queste fondamentali questioni, qui provo piuttosto a chiedermi come leggere l’insieme di queste trasformazioni e quale concezione della vita e dell’essere umano ne è alla base.

A questo proposito, una letteratura molto vasta è emersa riguardo la transizione postumana/transumana/postdigitale. L’idea dell’essere umano come “ibrido organico-tecnologico” (Hayles, 1999) e di ciò che è stata denominata “alleanza fra umano e artificiale” (Wheeler, 2011) ha riconfigurato il rapporto fra bios e technê, mettendo fuori gioco dicotomie secolari: vivente/non-vivente, organico/inorganico, umano/artificiale. La prospettiva di “un corpo totalmente malleabile e migliorabile” (Meloni, 2018, 26) apre la strada ad una concezione – e una pratica – nella quale gli esseri umani sono concepiti e agiti come assemblaggi di parti giustapposte. Tali parti possono essere modificate, aumentate, prodotte, combinate con altri materiali, sia organici che artificiali, se tale partizione ha ancora senso. In questo modo il soggetto entra in un circolo di manipolazione e auto-manipolazione continua, circuito che non sorge dall’interazione con l’ambiente attraverso la tecnica, ma dall’inserzione della tecnica nel corpo.

Nel leggere questo salto è abbastanza naturale andare all’interpretazione che Martin Heidegger, prima, e Bernard Stiegler, poi, hanno dato del nostro rapporto con la tecnica. Già dagli anni Trenta del Novecento Heidegger avvertiva del potere della Machenschaft – macchinazione, nella traduzione più nota – vedendolo come potenza che domina l’esistente piegandolo al suo dominio e trasformandolo in totalità, appunto, tecnicamente governata (Heidegger, 2009/1936-38).  Ogni ente viene trasformato in cosa-da-utilizzare; il dominio manipolatorio della Machenschaft non ha né confini né ostacoli, investe ogni aspetto dell’esistenza pianificandola, pre-calcolandola.
Bernard Stiegler aggiunge alla potente lettura heideggeriana un passaggio fondamentale: l’essere umano non pre-esiste alla tecnica, ma nasce con essa; co-evolve con la tecnica, inventa sé stesso nella tecnica inventando lo strumento – ricordate l’incipit di 2001: Odissea nello spazio? Si esternalizza quindi tecnologicamente e, attraverso questa esternalizzazione, diviene compiutamente umano (1998/1994, 141). Essere umano e tecnica vengono alla luce insieme.

Quali dunque i limiti nel leggere le trasformazioni connesse al “nano-bio-info-cogno paradigm” (Bainbridge e Roco, 2006) esclusivamente nei termini di queste due fondamentali interpretazioni? Certo, è difficile non vedere nelle parole, ma soprattutto nelle pratiche poste in essere da Venter, Gibson, Wheeler la fase estrema della Machenschaft come disponibilità totale dell’esistente. Così come mai come oggi la co-emergenza di tecnologia e organismo umano è testimoniata attraverso il “biodigital hacking” (Ienca and Andorno) dell’organismo umano su sé stesso, dove lo stesso confine fra organico e inorganico è spiazzato. Il punto è che, però, la discontinuità di cui parliamo è emersa in modo compiuto dopo le riflessioni di Stiegler e, ovviamente, di Heidegger, che quindi non hanno potuto vedere dove la tecnica si è spinta.

Il passo in avanti da compiere, riguarda, a parere di chi scrive, la natura 1) corporea, incarnata, non esteriorizzata e 2) imprevedibile, produttiva, non semplicemente calcolante della tecnica. La tecnica oggi non riguarda tanto l’ordinare e il sottomettere – in questo caso anche la lettura foucaultiana del biopotere, animata dal panopticon, è fuorviante. La tecnica oggi, semplicemente, ignora ciò che fa, non in senso filosofico, ma in senso puramente pragmatico. La tecnica oggi spinge nell’essere ciò che non è ancora conosciuto; non prevede un effetto, ma lo causa, e sta a vedere poi quale effetto ha prodotto. Detto in altri termini, quando il ricercatore mette in un piatto di vetro elettrodi e neuroni di topo non sa cosa verrà fuori; quando l’operazione viene ripetuta con dieci, venti, cento colture diverse, questa operazione non risponde ad un calcolo; piuttosto si chiama qualcosa nell’essere, e non è nemmeno chiaro – né lo si vuole comprendere – quale vita o attività venga prodotta, generata. La potenza tecnica non si accompagna quindi all’ordine pre-calcolato – come in Heidegger – né si esteriorizza – come in Stiegler. Installa nell’umano lo sconosciuto e l’imprevedibile. È ad un tempo incarnata e radicalmente imprevedibile. Il disegno non c’è.

Un’ultima considerazione. È fin troppo facile vedere come l’idea della vita e dell’uomo che questa discontinuità sottende e produce è, come direbbe Emanuele Severino, la punta estrema del nichilismo e della violenza. Se ho a cuore qualcosa non la manipolo all’infinito, so in partenza quali azioni posso compiere con essa e su di essa e quali no. Questo non è vero soltanto per ciò che è importante, vitale – relazioni familiari, amicizie, destino professionale – ma anche per il quotidiano: non provo qualunque azione se preparo da mangiare ai miei figli, non faccio ciò che voglio con un libro o un disco, e neanche con un caffè. Nell’avere a che fare con il mondo ho insomma già in mente un insieme, anche abbastanza ristretto, di operazioni che posso compiere con gli oggetti che ho a cuore. È questa l’essenza della cura, del rispetto. Per contro, l’apice del nichilismo e della violenza è precisamente in questa assenza di un’idea regolatoria preliminare, che non consiste in un insieme astratto di norme ma che è, appunto, carne e sangue. Nulla è più violento dell’indifferenza di ciò che può essere fatto, indifferenza che caratterizza il cuore di questo nuovo paradigma. Se posso fare qualunque cosa con cellule, organi, genomi, se la vita alla sua radice è infinitamente manipolabile, editabile, aumentabile, rimuovibile, allora la vita, alla fine, è nulla.

Riferimenti bibliografici 

Bainbridge, W. S., e Roco, M. C. (Eds.). (2006). Managing nano-bio-info-cogno innovations. In Converging technologies in society. Springer.

CNN Technology (2005). Brain in a dish flies flight simulator.  Disponibile in https://edition.cnn.com/2004/TECH/11/02/brain.dish/

Farahany, N. (2022). The Battle for Your Brain: Defending the Right to Think Freely in the Age of Neurotechnology. Macmillan

Gibson, D. (2018a). Synthetic genomics. Disponibile in https://www.syntheticgenomics.com/portfolio-item/dan-gibson-ph-d/

Gibson, D. (2018b). How to build synthetic DNA and send it across the internet? Disponibile in https://www.ted.com/talks/dan_gibson_how_to_build_synthetic_dna_and_send_it_across_the_internet/transcript#t-113941.

Hayles, N. K. (1999). How we became posthuman: virtual bodies in cybernetics, literature, and informatics. London: University of Chicago Press.

Heidegger, M. (2009/1936-38). Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis). Frankfurt Am Main, Vittorio Klostermann.

Meloni, M. (2018). A postgenomic body: histories, genealogy, politics. Body & Society, 24(3), 3–38.

Ramirez, S., Xu, L.  (2013). Creating a False Memory in the Hippocampus. Science 341(6144), pp. 387-391. DOI: 10.1126/science.1239073.

Severino, E. (1982). Essenza del nichilismo. Milano, Adelphi, 1982.

Stiegler, B. (1998/1994). Technics and Time. The fault of Epimetheus. Stanford, CA, Stanford University Press.

Venter, C. (2010) Watch me unveil ‘synthetic life’ Disponibile in  https://www.ted.com/talks/craig_venter_unveils_synthetic_life/transcript

Wheeler, M. (2011). Thinking beyond the brain: educating and building from the standpoint of extended cognition. Computational Culture 1. Disponibile in http://computationalculture.net/article/beyond-the-brain.

Yandell, K. (2013). Organs on demand. The Scientist. Disponibile in https://www.the-scientist.com/features/organs-on-demand-38787.

 

Foto Flickr | Salzburg Global Seminar 



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