Il caso Assange, il potere dei governi e il potere dei senza potere

La vicenda del fondatore di WikiLeaks mostra in maniera lampante la natura intrinsecamente antidemocratica del potere. Ma non è vero che la società civile è impotente e lo dimostra il fatto che i governi spendono molti soldi ed energie per orientare l’opinione pubblica.

Cinzia Sciuto

Rinchiuso da tre anni nel carcere londinese di Belmarsh, Julian Assange attende la conclusione del processo sull’estradizione, dopo il diniego da parte della Corte suprema britannica della possibilità di presentare appello contro la decisione presa dall’Alta corte a dicembre 2021, ovvero quella di dare il via libera all’estradizione, capovolgendo il verdetto della giudice in primo grado. Come ha spiegato Stefania Maurizi nel corso dell’incontro sul caso svoltosi a Roma alla presenza del padre di Assange, John Shipton, se Assange venisse estradato rischia di trascorrere il resto della sua vita in un carcere di massima sicurezza americano.

Il caso di Julian Assange mostra in maniera particolarmente lampante la natura intrinsecamente antidemocratica del potere, anche quando questo potere è esercitato nell’ambito di un regime più o meno democratico. È anche per questo che la democrazia è un sistema intrinsecamente instabile, contenendo in sé delle contraddizioni insanabili, delle tensioni mai completamente superabili.

Una delle (tante) differenze fra regimi democratici e non democratici non è il fatto che nei primi il potere in sé sia immune dal rischio di abusi di potere ma il fatto che, quando questi abusi emergono, suscitano scandalo perché si avverte la contraddizione intima, ontologica direi, fra abuso di potere e democrazia.

E questa scintilla dello scandalo, che spesso tende a spegnersi, va invece custodita con cura e alimentata. Troppo spesso veniamo infatti presi dallo sconforto derivante dal senso di impotenza, convinti che tutto si giochi nelle stanze dei bottoni, nelle cancellerie, nelle sedi dei ministeri, nei quartier generali degli eserciti o anche nelle sedi delle grandi multinazionali e delle borse.

Eppure, il grande dispendio di soldi, tempo ed energia che il potere impiega per orientare l’opinione pubblica dimostra che invece i giochi si fanno anche nelle piazze, nelle strade, sulle pagine dei giornali, di carta o digitali. Proprio da alcuni dei documenti svelati nel 2010 da Wikileaks emerge che i governi e i servizi segreti si preoccupano moltissimo di come le opinioni pubbliche dei diversi paesi reagiscono per esempio alle guerre. I governi sono dunque molto consapevoli del grande potere dei senza potere. Dovremmo ricordarcene più spesso anche noi.

 

 

 



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