Castellina, la comunista dissidente

Nell’estate del 1947 una giovanissima Luciana Castellina lascia Praga, dove si è appena concluso il I Congresso dell’Unione internazionale degli studenti, alla volta della Jugoslavia, insieme a una brigata internazionale che ha come obiettivo la ricostruzione delle ferrovie distrutte dalla guerra. Ecco come – nell’appassionante resoconto della sua vita di militante contenuto nel numero di MicroMega in edicola e libreria – Luciana Castellina ricostruisce quei giorni, il ritorno in Italia e il concretizzarsi della decisione di iscriversi al Pci. Che le cambierà la vita.

Luciana Castellina

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[…] Al mattino ci alzavamo alle 5, ci lavavamo in un ruscello gelido e poi facevamo almeno mezz’ora di strada a piedi con la carriola. Arrivati a destinazione ci davamo giù con la zappa per raccogliere i sassi necessari a fare il terrapieno su cui sarebbero stati poggiati i nuovi binari. Io ero così fomentata che mi fu riconosciuto il titolo di “udarnik”, che significa stakanovista (conservo ancora questo “diploma”).

Alla sera ci riunivamo in cerchio e ognuno raccontava la storia del proprio Paese. Fu ancora una volta una scoperta del mondo. Io, che sapevo già il francese e il tedesco, lì imparai l’inglese. Verso la fine della mia permanenza venne annunciato che una brigata italiana in arrivo da nord si sarebbe fermata nel nostro campo per una notte prima di proseguire per Dubrovnik da dove si sarebbe imbarcata per l’Italia. Il nostro capo brigata – un muratore inglese che si chiamava Bill Horn – mi disse di andare insieme a lui a ricevere gli italiani in arrivo per fare da interprete. Capirai, sapevo 25 parole di inglese…

Siccome erano arrivate giusto da qualche giorno sette ragazze inglesi che erano state sistemate a dormire in un angolo in un grande capannone, proponemmo loro di occupare l’altro lato. Ma il comandante della brigata italiana, che era bolognese, rispose che era fuori discussione perché loro erano tutti uomini. Il nostro capo provò a insistere ma non ci fu nulla da fare. La nostra brigata fu quindi costretta a lavorare l’intera giornata per costruire un divisorio di legno tra le sette ragazze inglesi e la brigata italiana.

Inutile dire che alla sera, lungo il torrente, le ragazze inglesi e i ragazzi italiani facevano l’amore allegramente prima di tornare a dormire da una parte e dall’altra parte del divisorio…

Di ritorno in Italia da Dubrovnik ci sbarcarono a Trieste. Le mie zie, che abitavano lì, unico ramo abbiente della famiglia, mandarono a prendermi il loro autista. Il quale mi guardò allibito salutare con le lacrime agli occhi tutti i miei nuovi amici e compagni, addosso ancora la tuta da lavoro e il distintivo di udarnik ben in vista. L’autista mi condusse a Villa Modiano dove ricordo che la prima cosa che mi dissero le mie zie fu di andare subito a fare un bagno!

Tornai a Roma durante la campagna elettorale per le amministrative, quando venne ucciso – mentre attaccava dei manifesti – il giovane democristiano Gervasio Federici. Dell’omicidio vennero accusati dei giovani comunisti (il famoso caso Ficcadenti) che si fecero parecchi anni di galera. Ma sono certa che fosse tutta una macchinazione. Il giorno dopo, che era il giorno delle elezioni, tutti i giornali aprirono titolando: “I comunisti assassinano un giovane democristiano”. Fu allora che compresi che la situazione era molto più complicata di quanto pensassi e decisi di iscrivermi al Pci. Era l’ottobre del 1947. […]

[L’estratto qui pubblicato corrisponde al 4% del testo integrale pubblicato in MicroMega 1/2021]

 Immagine tratta da YouTube: TFF OFF 2012 – Intervista a Luciana Castellina

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