Se il riscaldamento globale entra nei tribunali

Si chiamano “litigi strategici”: si va davanti ai giudici non per dirimere un conflitto sociale o interindividuale, bensì per contribuire, con le proprie iniziative processuali, a una strategia di lotta contro il riscaldamento globale e i suoi effetti planetari. Si tratta di iniziative che si stanno moltiplicando nei diversi Paesi e che hanno lo scopo di costringere la politica ad agire in tempi molto più rapidi di quelli a cui è abituata. Perché di tempo non ne abbiamo.

Michele Carducci

Premessa
Che cosa sia la giustizia climatica non è facile da definire, come inevitabilmente succede appena si evoca la parola giustizia. In estrema sintesi, il termine rinvia a due prospettive, riassumibili in altrettante qualificazioni formali: quella del Comitato economico e sociale europeo (Cese) e quella dell’International Bar Association (Iba).
La prima, elaborata da un organismo consultivo dell’Unione Europea, inquadra la giustizia climatica come questione etica e intergenerazionale e si basa sull’assunto che i cambiamenti climatici pongono problemi di equità di impatto, colpendo soprattutto i soggetti più vulnerabili e poveri, meno responsabili delle emissioni produttive di quell’impatto (Cese, 2018).
La seconda, espressa dall’organismo mondiale rappresentativo degli avvocati e degli studi legali, qualifica la giustizia climatica in termini di diritto di tutti (come individui, collettività e governi) a godere di un clima stabile, sicuro e salubre, azionabile nei tribunali al fine di condannare chi (attore pubblico o privato) non si assume le proprie responsabilità nei confronti del riscaldamento globale o, peggio, aggrava il fenomeno danneggiando clima e ambiente (Iba, 2014).

Com’è facile intuire, si tratta di inquadramenti che si fronteggiano solo apparentemente. Infatti, la loro complementarità deriva da due fattori:
– dalla relazione strumentale, che intercorre tra il primo, identificativo del fine ultimo di giustizia, e il secondo, espressivo di uno dei modi legittimi per contribuire a raggiungerlo;
– dalla centralità, per entrambi, del ricorso alle scienze della Terra, in particolar modo alla termodinamica e alla biofisica, nella qualificazione pratica dei suoi contenuti.

In definitiva, la giustizia climatica è una questione di relazione tra genere umano e dinamiche del sistema terrestre, che investe e danneggia tutti, nonostante le differenti responsabilità di ciascuno (Gartin et al., 2020). In questo, essa si differenzia dal paradigma teorico della giustizia ambientale, fondato sull’assunto che le diseguaglianze sociali orientino la disuguale distribuzione dei benefici e dei costi dello sfruttamento delle risorse naturali (Carducci, 2021). Il clima non è un bene da sfruttare con equa distribuzione di costi e benefici. Com’è stato recentemente ribadito (Tartaglia, 2020), la posta in gioco su di esso va ben oltre, perché attiene all’equilibrio termodinamico planetario, da cui dipendono le sorti dell’intera umanità. Di conseguenza, nell’ottica della giustizia climatica, l’imperativo etico dell’equità e della distribuzione è ribaltato nella successione logica e assiologica: senza giustizia verso il sistema climatico (che comunque include la specie umana), è impossibile qualsiasi giustizia dentro il genere umano, non viceversa. Con l’emergenza climatica, come si vedrà a breve, tale successione, oltre che logica e assiologica, è divenuta drammaticamente necessaria.

In ragione di questo scenario, il perseguimento della giustizia climatica nei tribunali è denominato “litigio strategico” (Kahl, Weller, 2021): si va davanti ai giudici non per dirimere un conflitto sociale o interindividuale, bensì per contribuire, con le proprie iniziative processuali, a una strategia di lotta contro il riscaldamento globale e i suoi effetti planetari; e lo si fa, utilizzando le scienze della Terra.

Ovviamente le modalità pratiche di esercizio di simili iniziative sono soggette alle regole giuridiche dei singoli Stati, incidendo altresì sull’efficacia delle condanne ottenute (Spada Jiménez, 2021).
In questa sede, però, non interessa il profilo tecnico-processuale, bensì quello esperienziale delle ragioni che inducono a perseguire la via giudiziaria della giustizia climatica e il ruolo attribuito alla scienza nel tematizzarne i contenuti.

Il tribunale come spazio di regole “terze”
Perché si ricorre ai tribunali?
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