Agricoltura biodinamica, se lo Stato finanzia una stregoneria

Dal cornoletame alle ceneri di topo: le bizzarre pratiche esoteriche inventate da Rudolf Steiner, prive di qualunque base scientifica, equiparate dal Senato all’agricoltura biologica.

Silvano Fuso

Il 20 maggio, nella seduta n. 329 del Senato, che prevedeva la Discussione del disegno di legge (988) – “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” –, il Senato ha approvato l’equiparazione tra l’agricoltura biodinamica a quella biologica. Per essere definitivamente approvato, il disegno dovrà passare all’esame della Camera.

L’unico voto contrario è stato quella della Senatrice a vita e ricercatrice Prof. Elena Cattaneo che ha giustamente ed eroicamente denunciato la totale infondatezza delle pratiche biodinamiche da lei definite, nel suo intervento, “non solo antiscientifiche, ma schiettamente esoteriche e stregonesche”.

Per comprendere le ragioni della Senatrice Cattaneo (e l’insensatezza dei 195 Senatori che hanno votato a favore del provvedimento) cerchiamo di chiarire cosa sia l’agricoltura biodinamica e chi sia il suo inventore[1].

Rudolf Steiner (1861-1925) è stato un filosofo, artista, riformatore sociale e esoterista austriaco. Agli inizi del Novecento Steiner fondò la cosiddetta antroposofia. Si tratta di disciplina pseudo-scientifico-filosofica, fortemente intrisa di elementi esoterici e occultistici. Obiettivo di Steiner era quello di attuare una sintesi tra scienza, filosofia ed esigenze spirituali dell’uomo.

A partire dal 1907, Steiner iniziò ad occuparsi di varie forme artistiche, tra cui teatro, danza e architettura. Questi suoi interessi portarono alla creazione del Goetheanum, un centro culturale per dare spazio a tutte le forme artistiche, con sede in Svizzera, vicino a Basilea.

Dopo la prima guerra mondiale, Steiner si concentrò invece sulle applicazioni pratiche delle sue concezioni filosofiche, occupandosi di educazione (pedagogia Waldorf), di medicina (medicina antroposofica) e infine di agricoltura. Già questo atteggiamento tuttologico suscita qualche fondato sospetto circa la validità di quanto da lui elaborato.

Steiner si interessò di agricoltura negli ultimi anni della propria vita. Nel 1924, pur non avendo alcuna competenza specifica in campo agronomico, tenne, presso il piccolo centro rurale di Koberwitz in Polonia, un ciclo di otto conferenze[2] (dal titolo “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura”). Il tema principale era la salute della terra, il mantenimento e l’accrescimento della sua fertilità, con lo scopo di migliorare la qualità degli alimenti destinati all’alimentazione umana.

Gli obiettivi che Steiner si proponeva non sono molto diversi da quelli dell’agricoltura tradizionale e possono essere sintetizzati nei seguenti tre punti:

1) mantenere la fertilità della terra;
2) mantenere le piante in buona salute per consentire loro di resistere alle malattie e ai parassiti;
3) aumentare la qualità degli alimenti prodotti.

Per il raggiungimento di tali scopi Steiner si limita a dare indicazioni di massima. I suoi seguaci hanno poi completato i fondamenti su cui si basa questa tecnica agricola che prese il nome di agricoltura biodinamica.

All’interno dell’agricoltura biodinamica si trovano pratiche colturali senz’altro efficaci quali il “sovescio”, ovvero la sepoltura di particolari piante a scopo fertilizzante e la “rotazione delle colture”. Quest’ultima pratica è perfettamente ragionevole in quanto vi sono piante che arricchiscono il terreno di elementi nutritivi, mentre altre lo impoveriscono.

A fianco a tecniche sensate, tuttavia, nell’agricoltura biodinamica convivono altre pratiche decisamente bizzarre e senz’altro più vicine alla magia che non all’agricoltura razionale. Ad esempio, una pratica ritenuta di fondamentale importanza consiste nello spruzzare il terreno con particolari “preparati biodinamici”.

Tra questi il principale è il cosiddetto preparato 500 o cornoletame. La sua preparazione, che deve essere eseguita nel periodo che va da fine settembre a fine ottobre, prevede l’utilizzo di letame fresco, privo di paglia. Esso va introdotto in un corno di vacca che abbia figliato almeno una volta nella propria vita. Una volta riempiti i corni, essi vanno sotterrati in luoghi accuratamente scelti. Vanno dissotterrati intorno al periodo pasquale e successivamente conservati in contenitori che consentano la circolazione dell’aria. Quando si decide di spargere il preparato sul terreno, il contenuto dei corni deve essere miscelato con acqua tiepida proveniente da sorgente, pozzo o di origine meteorica. La miscelazione prevede un lento processo di “dinamizzazione” che deve durare circa un’ora. La dinamizzazione consiste in una agitazione che può essere manuale (preferibile) o meccanica, mediante apposite macchine. Questo processo, del tutto analogo a quello previsto per la preparazione di rimedi omeopatici, servirebbe a conferire particolare energia al preparato. Le quantità di letame previste per ettaro di terreno possono variare da 80 grammi a 250 a seconda della qualità del preparato. Un piccolo calcolo porta a concludere che, mediamente, su ogni metro quadrato di terreno, viene sparsa una quantità di letame che varia da 8 a 25 milligrammi: decisamente troppo poco per pensare che possa avere qualche effetto significativo. Anche le modalità di aspersione sono rigidamente prescritte da Steiner e i suoi seguaci. Può essere fatta con apposite macchine o manualmente. In quest’ultimo caso deve essere utilizzata una pompa a spalla e il preparato deve cadere a goccia sul suolo. La dinamizzazione e la successiva aspersione devono inoltre essere fatte in concomitanza con altre lavorazioni del terreno (trapianti, semine, piantagioni ecc.), secondo modalità diverse a seconda dei casi che talvolta assumono il ruolo di veri e propri riti.

Come spiega lo stesso Steiner in una delle sue lezioni, la funzione del corno di vacca sarebbe quella di convogliare efficacemente le forze eterico-astrali, che rivestono un’importanza cruciale nell’agricoltura biodinamica.

Il secondo fertilizzante dell’agricoltura biodinamica, in ordine di importanza, è il preparato 501 o cornosilice. Esso viene preparato triturando, in un apposito mortaio, cristalli di quarzo bianco. La fine polvere ottenuta deve essere inumidita con acqua piovana, posta anch’essa in un corno di vacca e seppellita. Tale deve rimanere per un periodo che va da Pasqua fino all’autunno. Una volta disseppellita, la polvere deve essere conservata alla luce. Anch’essa deve essere poi miscelata con acqua a temperatura ambiente, dinamizzata per un’ora e quindi nebulizzata finemente sulle piante. Per la dottrina biodinamica, il momento dell’aspersione è importantissimo a seconda del risultato che si vuole ottenere. Se si vuole potenziare la crescita e la fruttificazione, il cornosilice deve essere spruzzato al mattino presto. Se invece si vogliono sviluppare le capacità di immagazzinamento della pianta, esso deve essere irrorato nel tardo pomeriggio, intorno all’epoca della maturazione dei frutti, quando le piante stanno appassendo. Anche in questo caso le quantità di silice consigliate da Steiner sono minime e le diluizioni raggiunte sono comparabili con quelle comunemente utilizzate in omeopatia.

Altri preparati dell’agricoltura biodinamica prevedono l’utilizzo di fiori, germogli e cortecce, trattati in modi decisamente curiosi. Alcuni di essi vengono cuciti in una vescica di cervo maschio ed esposti alla luce, altri vengono fatti fermentare in un teschio di animale domestico, ecc. Tra le pratiche attuate per proteggere le colture, ricordiamo anche quella che consiste nel catturare un povero topo, scuoiarlo quando «Venere è nel segno dello Scorpione», bruciarne la pelle e spargerne le ceneri nel campo.

Leggendo le ricette relative ai preparati biodinamici si ha l’impressione di trovarsi di fronte a prescrizioni appartenenti alla magia e alla stregoneria e non certo alla scienza e alla razionalità. L’impressione viene abbondantemente confermata dalle “spiegazioni” che lo stesso Steiner fornisce per giustificarne l’uso. Sono infatti continui i riferimenti alle presunte forze cosmiche e astrali. Si ritiene infatti che la buona riuscita di una coltura dipenda dalla posizione degli astri e viene pertanto rispettato rigorosamente un calendario i cui fondamenti sono molto simili a quelli dell’astrologia. Come afferma lo stesso Steiner:

Quindi non potremo mai capire la vita delle piante se non si tiene conto che tutto ciò che accade sulla Terra non è che un riflesso di ciò che sta avvenendo nel Cosmo. Per l’uomo questo fatto viene mascherato solo perché si è emancipato; egli porta solo gli interni ritmi in se stesso. Per il mondo vegetale, tuttavia, si applica al più alto grado. Questo è ciò che vorrei sottolineare in questa conferenza introduttiva.

La Terra è circondata negli spazi celesti, prima con la Luna e poi dagli altri pianeti del nostro sistema planetario. In una vecchia scienza istintiva in cui il Sole è stato annoverato tra i pianeti, essi hanno questa sequenza: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Senza spiegazioni astronomiche, parlerò di questa vita planetaria e di ciò che nella vita planetaria è collegato con il mondo terreno[3].

Dal punto di vista scientifico, l’agricoltura biodinamica appare del tutto priva di fondamento e i suoi principi sono nati semplicemente dalla fantasia di un autore visionario che aveva una personalissima concezione di come funziona il mondo. Concezione del tutto priva di ogni elemento fattuale. In tutta l’opera di Steiner, infatti, non si ritrova mai il minimo cenno a prove o esperimenti che confermerebbero la validità di ciò che egli sostiene. Bisogna accettarlo per atto di fede. E, purtroppo, moltissime persone lo hanno fatto. Numerosi sono infatti i suoi seguaci che ancora oggi utilizzano i suoi precetti per lavorare la terra. E, a quanto pare, anche 195 Senatori della Repubblica italiana accettato per fede la dottrina di Steiner.

Al di là dell’infondatezza teorica della dottrina biodinamica, occorre tuttavia chiedersi se i risultati che essa ottiene siano o no validi. Il terreno trattato con i preparati biodinamici presenta differenze rispetto a quello non trattato? I prodotti biodinamici sono migliori? Hanno qualche vantaggio rispetto a quelli dell’agricoltura tradizionale? Nonostante ciò che affermano i sostenitori del biodinamico, non esistono studi seri che diano risposte affermative a tali domande[4]. Come vedremo in un successivo intervento, discorso analogo vale anche per l’agricoltura biologica con la quale la biodinamica ha diversi aspetti comuni. La differenza essenziale consiste proprio nell’uso dei preparati biodinamici e il rispetto del calendario astrologico. Per valutare l’eventuale effetto di questi ultimi fattori sul terreno e sulla qualità dei prodotti finali è quindi necessario effettuare studi controllati che comparino i risultati dell’agricoltura biodinamica con quelli dell’agricoltura biologica. Qualche studio di questo tipo esiste.

Un articolo pubblicato nel 2002[5] da ricercatori svizzeri sembrava dimostrare qualche vantaggio legato all’uso dei preparati biodinamici. Tuttavia è stato rilevato che tale studio non era affatto rigoroso poiché, oltre all’uso dei preparati biodinamici, vi erano anche altre differenze nelle tecniche di coltivazione. Un altro articolo[6] del 2000, che confrontava le proprietà del terreno trattato con i preparati biodinamici con quelle del terreno non trattato, non aveva al contrario evidenziato alcuna differenza.

Per quanto riguarda invece la valutazione della qualità dei prodotti, esistono alcuni studi seri che prendono in considerazione la qualità delle uve coltivate secondo i principi dell’agricoltura biodinamica (essa è infatti particolarmente di moda nel campo della viticoltura e, di conseguenza, in campo enologico)[7].

Nel 2005 è stato pubblicato un interessante lavoro[8] che ha confrontato i risultati ottenuti su due vigneti coltivati in maniera del tutto identica per diversi anni, ad eccezione del fatto che uno veniva trattato con preparati biodinamici e l’altro no. Anche questo lavoro non ha fatto emergere differenze significative sulle proprietà del terreno. Per quanto riguarda i prodotti ottenuti, lo studio non ha rilevato differenze sulle caratteristiche delle foglie, sulla resa, sul numero e sul peso dei grappoli e degli acini. Anche l’analisi dell’uva non ha fatto emergere differenze significative. Come gli stessi ricercatori concludono:

sulla base dei dati relativi alla composizione dell’uva, ci sono poche evidenze che i preparati biodinamici contribuiscano alla qualità dell’uva. Le differenze osservate erano piccole e di dubbia utilità pratica.

Lo stesso studio è stato successivamente portato avanti, procedendo anche alla vinificazione delle uve[9]. Lo scopo era quello di evidenziare eventuale differenze tra il vino ottenuto dalla vite trattata utilizzando i preparati biodinamici e quella invece non trattata. Utilizzando un panel di assaggiatori e seguendo una procedura in cieco, non è emersa alcuna differenza tra le proprietà organolettiche dei vini biodinamici e gli altri.

In conclusione, l’unica differenza tangibile tra i prodotti dell’agricoltura biodinamica e quelli dell’agricoltura tradizionale è il prezzo finale pagato dal consumatore. I prodotti biodinamici risultano infatti ancora più costosi di quelli biologici che nei supermercati si trovano già a prezzi doppi o tripli rispetto a quelli privi di certificazione biologica. E si sa, come dicevano i latini, pecunia non olet, anche se per ottenerla è necessario sporcarsi le mani con il non proprio beneodorante cornoletame!

NOTE

[1] Per approfondimenti si veda: S. Fuso, Naturale=buono?, Carocci, Roma 2016;

[2] I testi delle otto lezioni di Steiner sull’agricoltura sono disponibili, in inglese, a questo indirizzo: http://wn.rsarchive.org/Lectures/GA327/English/BDA1958/Ag1958_index.html. Altre informazioni sull’agricoltura biodinamica possono essere trovate in questo sito: http://www.agricolturabiodinamica.it;

[3] Conferenza n.1 di Rudolf Steiner, 7 giugno 1924: http://wn.rsarchive.org/Lectures/GA327/English/BDA1958/19240607p01.html;

[4] Si veda: E. Bucci, P. Conte, 7 domande ai firmatari della “Lettera aperta sulla libertà della scienza”, 29 Novembre 2018: http://www.pellegrinoconte.com/2018/11/29/7-domande-ai-firmatari-della-lettera-aperta-sulla-liberta-della-scienza/;

[5] P. Mäder, A. Fliessbach, D. Dubois, L. Gunst, P. Fried, U. Niggli. Soil fertility and biodiversity in organic farming, “Science” 296 (5573), 1694-1697, 2002;

[6] L. Carpenter-Boggs, A. C. Kennedy, J. P. Reganold, Organic and biodynamic management effects on soil biology, “Soil Science Society of America Journal” 64 (5), 1651-1659, 2000;

[7] Si veda, a questo proposito, l’articolo di Dario Bressanini Uno studio sul vino biodinamico (17 febbraio 2014), da cui sono tratte buona parte delle informazioni che seguono: http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/02/17/uno-studio-sul-vino-biodinamico/#_ednref3

[8] J.R. Reeve, L. Carpenter-Boggs, J.P. Reganold, A.L. York, G. McGourty, L.P. McCloskey, Soil and winegrape quality in biodynamically and organically managed vineyards, “American journal of enology and viticulture” 56 (4), 367-376, 2005;

[9] C.F. Ross, K.M. Weller, R.B. Blue, J.P. Reganold, Difference Testing of Merlot Produced from Biodynamically and Organically Grown Wine Grapes, “Journal of Wine Research” 20 (2), 85-94, 2009;



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