Colombia, una nuova speranza

In un paese diseguale e violento, la vittoria di Gustavo Petro e Francia Márquez rappresenta un primo segnale di cambiamento. Ma la strada che attende il nuovo presidente sarà lunga e in salita.

David Lifodi

In un paese diseguale e violento, la vittoria di Gustavo Petro e Francia Márquez nel ballottaggio del 19 giugno scorso rappresenta per la Colombia un primo segnale di speranza e cambiamento.
Eppure, nonostante il paese abbia, per la prima volta nella sua storia, un presidente di sinistra e una vicepresidente afrodiscendente e femminista, il percorso verso la pace non sarà dei più semplici.

Il 20 giugno, a nemmeno 24 ore dalla vittoria del Pacto Histórico, nel dipartimento del Cauca è stato assassinato un altro leader sociale. Hersaín de Jesús Ramírez Ospina è l’ottantanovesimo militante ucciso nel solo 2022, come denunciato dall’Instituto de Estudios para el Desarrollo y la Paz (Indepaz). Ospina era un attivista per i diritti umani e aveva sostenuto la campagna elettorale del Pacto Histórico.

Questo ennesimo omicidio fa capire che la strada che attende Petro sarà lunga e in salita. L’estrema destra uribista è stata sconfitta, ma non è morta e, sebbene il Pacto Histórico abbia conquistato Palacio Nariño con circa tre punti percentuali in più su Rodolfo Hernández, il candidato che, un po’ a sorpresa ma non troppo, aveva costretto Petro al ballottaggio nelle elezioni con la maggior partecipazione popolare nella storia del paese (il 58% dei votanti), al Congresso non dispone dei seggi necessari per far passare le leggi e sarà costretto, inevitabilmente, a venire a patti con il centro moderato.

Eppure, nonostante la guerra sporca che scateneranno le destre, dentro e fuori dalle istituzioni, come hanno fatto per tutta la campagna elettorale, la vittoria della coppia Gustavo-Fráncia assume un valore e un significato notevole. A perdere non è stato solo l’uribismo, abbandonato dagli elettori, ad eccezione dell’oligarchia, fin dal primo turno del 29 maggio, ma anche il suo cavallo di Troia, quel Rodolfo Hernández che ha cercato di giocare le sue carte puntando sulla retorica anticorruzione, ma assomigliando fin troppo a Bolsonaro e al suo discorso machista, omofobo e reazionario.

Il successo del Pacto Histórico è quello delle las e dei los nadies, degli esclusi, di tutti coloro che finora erano rimasti invisibili. Lo ha ricordato, nel comizio successivo all’ufficialità della vittoria, Francia Márquez. Gli afrodiscendenti, le comunità indigene e contadine, i gruppi lgbt, le organizzazioni femministe, i sindacalisti e gli attivisti per i diritti umani sanno di poter contare su un governo che si impegnerà per ripristinare lo stato di diritto in uno dei paesi più violenti dell’America latina.

In particolare, la vicepresidenza di Márquez travalica i confini colombiani e rappresenta una vittoria per tutte le donne e per il movimento afrodiscendente. Il suo percorso è molto simile a quello di Marielle Franco, consigliera comunale a Rio de Janeiro per il Partido Socialismo e Liberdade e quasi coetanea di Francia Márquez. Se non fosse stata uccisa dalle milizie paramilitari, il 14 marzo 2018, la traiettoria di Marielle sarebbe stata molto simile.

In particolare, Gustavo Petro e Francia Márquez hanno riscattato gli ideali di Jorge Eliécer Gaitán, ucciso il 9 aprile 1948 per aver cercato di contrastare il furto della terra nei confronti dei campesinos: da allora, in Colombia, si aprì un lungo periodo, di fatto mai conclusosi, denominato La Violencia. Da un lato l’oligarchia e i conservatori, dall’altro le organizzazioni popolari. Gli episodi di violenza, al pari di una rigida divisione in classi, in Colombia si sono di fatto perpetrati fino a oggi. La vittoria di Petro, ex militante della guerriglia urbana di M-19 ed ex sindaco di Bogotá, oggi economista, e Francia Márquez, una donna leader nell’ambito dei movimenti sociali e insignita nel 2018 del Premio Goldman per l’ambiente, è stata inoltre la rivincita delle migliaia di esponenti di Unión Patriótica, il partito quasi del tutto sterminato all’inizio degli anni Ottanta dagli squadroni della morte, dei falsos positivos della presidenza Santos e dei loro familiari.

La capacità della nuova coppia presidenziale di rappresentare un nuovo inizio per un paese che troppo stesso è stato utilizzato dai governanti precedenti per scardinare l’unità latinoamericana, fa ben sperare anche per quanto riguarda la ripresa dei colloqui di pace con le due forze guerrigliere, Farc ed Eln, dopo che gli Stati uniti avevano trasformato la Colombia in una sorta di stato a sovranità limitata. Da Bogotá non solo partivano quasi quotidianamente provocazioni contro il Venezuela nell’evidente ricerca di un casus belli, ma il paese era stato inoltre ridotto a gendarme nei confronti degli altri paesi dell’America latina da parte degli Stati Uniti con il consenso dei vari Juan Manuel Santos, Uribe, Duque e dei loro predecessori, che lo avevano trasformato in una sorta di zona franca per le multinazionali.

Rodolfo Hernández ha vinto soltanto a Bucaramanga, città di cui era stato sindaco, e a Medellín. A voltargli le spalle una popolazione perlopiù giovane, quella che ha animato le enormi mobilitazioni del 2019 e del 2021 che hanno messo talmente in crisi il governo di ultradestra del presidente uscente Iván Duque da costringerlo a una feroce repressione. Molti imprenditori legati all’uribismo hanno fatto di tutto per evitare la vittoria di Petro, comprese le minacce di licenziamento ai dipendenti e agli operai sospettati di votare per il Pacto Histórico.

La giustizia sociale e ambientale sono viste come fumo negli occhi dalle classi dirigenti colombiane e, per alcuni giorni, Gustavo Petro e Francia Márquez hanno dovuto interrompere la loro campagna elettorale a seguito di minacce e intimidazioni, avallate anche dai militari di più alto rango che hanno cercato in ogni modo di delegittimarli, soprattutto perché nel programma elettorale del Pacto Histórico figuravano sia la riforma delle forze armate, sia lo scioglimento del battaglione antisommossa utilizzato molto spesso dal duqueuribismo, insieme alle milizie paramilitari (in passato ricevute anche in Parlamento) contro le proteste di piazza.

Gustavo Petro ha fatto appello all’intera società colombiana promuovendo un dialogo nazionale all’insegna della pace, della tolleranza e ha garantito che cesserà la persecuzione giudiziaria e politica.

Rappresenteranno una priorità, per Gustavo Petro, la lotta alla fame, il finanziamento dei programmi sociali, l’impegno reale contro la corruzione della politica e della pubblica amministrazione, la sospensione dei progetti legati al fracking e alle fumigazioni, l’invio di brigate mediche nelle zone più dimenticate e isolate del paese, la tutela del paese dai signori dell’agrobusiness.

Il Gobierno de la Vida avrà di fronte un percorso complesso, ma che ben rappresenta la difesa dei diritti civili, sociali e politici del paese. Potrebbe essere, finalmente, la volta buona per una nuova Colombia.

(Credit Image: © Chepa Beltran/VW Pics via ZUMA Press Wire)



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