Come l’otto per mille finanzia smisuratamente la Chiesa cattolica

Solo il 28% della popolazione ha scelto di destinare l’otto x mille alla Chiesa cattolica. Tuttavia, la Chiesa divora oltre il 70% delle entrate di questa tassa. Non vi sembra bizzarro che un ateo debba sostenere una comunità religiosa con le proprie tasse? Non sarebbe più consono e caritatevole che una qualsivoglia associazione religiosa si autofinanzi con i propri adepti e non con una coatta e miracolosa questua?

Alessandro Giacomini

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato in questi giorni i dati statistici sulle scelte dei contribuenti sugli importi dell’otto per mille, nell’anno di erogazione 2022 relativo ai redditi 2020. Ogni anno, in occasione della dichiarazione dei redditi, il contribuente italiano può effettuare una scelta in merito alla destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF. Analizzando questa imposta si avrà modo di notare delle palesi assurdità, a partire dal fatto che è una tassa obbligatoria, ma moltissimi contribuenti presuppongono che, se non scelgono una opzione di destinazione, la stessa non verrà loro addebitata. Non è così.
Il cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può scegliere la destinazione dell’otto x mille tra tredici opzioni, dodici delle quali a favore di confessioni religiose, la restante allo Stato.
Nello specifico, le categorie sono: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane, Unione Buddhista, Unione Induista, Chiesa apostolica, Sacra diocesi ortodossa d’Italia, Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia e infine, dal 2017, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.
Toccherebbe allo Stato italiano informare la cittadinanza, ma non lo fa, benché sia addirittura parte in causa. L’anomalia dell’otto per mille è fin da subito chiara: tutti i beneficiari sono di stampo religioso tranne una sola opzione, lo Stato italiano, forse per offrire una parvenza di laicità. Analizzando come vengono distribuite le risorse di tale scelta ci si accorgerà che nella stragrande maggioranza sono investiti nella conservazione del patrimonio ecclesiale.

Ma l’otto per mille, quando si tratta di religioni, sa fare molto di più, anche dei miracoli.
Iniziamo però una precisazione: molti confondono tale sistema con il democratico e meritevole cinque x mille che finanzia le centinaia di associazioni con finalità sociali dove più facilmente il contribuente può identificarsi.
Si potrebbe quindi obiettare che per qualsiasi altra scelta basterebbe orientarsi verso il cinque per mille, ma non è affatto così, al contrario, bisognerebbe far confluire i due meccanismi in una unica tassazione con la più ampia offerta di iniziative, per creare un sistema democratico, pluralista e di distribuzione capillare delle risorse.

Dai dati della dichiarazione dei redditi del 2020 si evince che solo il 28% della popolazione ha espresso di destinare l’otto x mille alla chiesa cattolica. Fin qui tutto chiaro, nulla di truffaldino, ma se andiamo a visionare i dati alla distribuzione della quota spettante agli enti opzionabili, risulta che la chiesa cattolica divora oltre il 70% dell’ammontare delle entrate.
Come è possibile che il 28% dei cittadini Italiani devolve l’otto x mille alla chiesa cattolica mentre la stessa ne percepisce il 70%? Perché il 60% dei contribuenti non esprime una scelta. Sei Italiani su dieci non trovano un riscontro nelle tredici opzioni disponibili, dunque, il denaro di chi non offre una preferenza viene corrisposto in percentuale alle scelte fatte da quattro Italiani su dieci.
Per farvi capire quanto sia iniquo il meccanismo dell’otto per mille, semplifico il tutto con un paradossale esempio: se un solo contribuente, su un totale di 41.180.529, destinasse il suo otto per mille, mentre tutti gli altri non facessero una scelta, ed egli fosse un avventista del settimo giorno, la sua comunità religiosa percepirebbe più di un miliardo di euro. Nel 2018 sarebbero stati esattamente 1.091.545.589 euro .

La domanda si pone ora ovvia: ma perché il 60% degli Italiani non fa una scelta? La risposta è alquanto semplice, in primis perché credono che, se non scelgono nessuna opzione, non verrà loro attribuita alcuna tassazione.
Ma anche perché oltre il 16% della popolazione è atea, e non vanno pure dimenticati il 5% degli islamici, i 500mila testimoni di Geova, soggetti che non hanno un riscontro nelle opzioni di scelta.
La risposta a tutte queste contraddizioni è chiara e semplice: ogni altra intesa con lo stato per diventarne beneficiario non viene e non verrà mai accolta per non sottrarre le corpose risorse alla Chiesa Cattolica. Non vi sembra bizzarro che un ateo debba sostenere una comunità religiosa con le proprie tasse? Non sarebbe più consono e caritatevole che una qualsivoglia associazione religiosa si autofinanzi con i propri adepti e non con una coatta e miracolosa questua?

Va pure ricordato che alcune associazioni Italiane propongono di adottare il meritevole e democratico “meccanismo tedesco” per il quale solo i fedeli che desiderano esplicitamente appartenere a una confessione religiosa sono tassati per sovvenzionarla.
Assurda poi è la scelta allo Stato italiano, l’unica opzione non religiosa, che non ha fatto per nulla un uso razionale dei fondi, finanziando quote di lavori di abbellimento di chiese, sedi arcivescovili, monasteri e confraternite della conferenza episcopale italiana.
Inoltre lo Stato italiano, pur di non fare concorrenza alla chiesa Cattolica, ha deciso di non farsi pubblicità a tal punto che la Corte dei conti segnalò l’anomalia. Significativo è l’episodio del 1996 quando l’allora ministra Livia Turco propose di destinare i fondi di competenza statale all’infanzia svantaggiata, sensibilizzando la finalità sulle reti Rai, ma il “cassiere” della Conferenza episcopale italiana, Attilio Nicora, il padre dell’otto per mille, divenuto poi cardinale, reagì duramente, sostenendo che: «lo Stato non deve fare concorrenza scorretta nei confronti della Chiesa».

Chi ha avuto modo di assistere allo spot pubblicitario della Chiesa cattolica avrà notato come essa attui un’aggressiva e costosissima campagna pubblicitaria per convogliare più consensi e, conseguentemente, contribuzioni a suo favore. Purtroppo il messaggio pubblicitario è ingannevole, parrebbe che ogni risorsa ricevuta vada ad opere caritatevoli ma non è affatto così: solo il 26% viene corrisposto ad interventi caritativi, tutto il resto la Chiesa cattolica preferisce destinarlo alle cosiddette “esigenze di culto”, ossia finanziamenti alla catechesi, ai tribunali ecclesiastici, alla costruzione di nuove chiese, manutenzione dei propri immobili e gestione del proprio patrimonio. Sarebbe difficile quindi creare uno spot su questo tipo di finanziamenti, è più conveniente che la costosissima campagna pubblicitaria della chiesa cattolica si focalizzi sugli aiuti agli svantaggiati.
Al contrario della Chiesa Cattolica, vi sono pure dei virtuosismi: la chiesa valdese ha stabilito che i fondi ricevuti non siano utilizzati per fini di culto ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale.
Come ha fatto notare la Corte dei conti: “Nelle precedenti relazioni, la Corte ha rilevato che non esistono verifiche di natura amministrativa sull’utilizzo dei fondi erogati, nonostante i dubbi sollevati da sempre dalla Parte governativa della Commissione paritetica su alcune poste e sulla ancora non soddisfacente quantità di risorse destinate agli interventi caritativi”.

La Chiesa Cattolica riceve il 70,37% del totale delle scelte. Ciò vuol dire, ipotizzando una entrata di un miliardo di euro (ma è molto di più ), che la chiesa cattolica riceverà 703 milioni di euro a fronte di 208 milioni a lei destinati volontariamente dai contribuenti.
Non è forse un miracolo, quando il tutto è maggiore della somma delle sue parti, quando uno più uno è uguale a mille?
In conclusione, il meccanismo deve essere dev’essere riformato e plasmato sulla volontarietà, ma la ripartizione delle scelte inespresse viola di fatto questo principio. Le scelte dei contribuenti non sono rispettate e le risorse destinate vengono distorte dalla finalità originaria. Il meccanismo dell’otto per mille è ingiustificato, discrimina gli esclusi, soprattutto i non credenti ed è un meccanismo sistematico di iniquità che trae in inganno.
Così strutturato l’otto x mille è agli antipodi della democrazia, perché anche se lo si conosce non si può evitare.

 

Foto Flickr | An/drea



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