Alla scoperta della vulva. Corpi e sessualità nei libri per l’infanzia

In Austria è da poco uscito un libro illustrato per bambini incentrato sul viaggio alla scoperta del proprio corpo della piccola protagonista. Un libro che fin dalla copertina promette di non lasciare niente al non detto e che sta riscuotendo un notevole interesse. Vedrà la luce anche in Italia? O la sessuofobia che caratterizza la nostra società remerà contro? Tra passi avanti e resistenze, una fotografia del nostro Paese dal punto di vista della rappresentazione dei corpi e della sessualità nei libri per bambini.

Ingrid Colanicchia

Nel quarto episodio della seconda stagione di Orange is the new black (dal meraviglioso titolo “A Whole Other Hole”) vediamo le detenute protagoniste di questa pluripremiata serie tv alle prese con una sconcertante scoperta: vagina e uretra non sono la stessa cosa, a ognuna corrisponde un foro. La sorpresa è tale da causare disappunto, scetticismo e da spingere qualcuna che non l’aveva mai fatto prima a darsi un’occhiata da vicino per sincerarsi di come stanno le cose.

Forse quanto messo in scena da Orange is the new black è un esempio estremo, ma quante hanno ascoltato – da adolescenti e non solo – racconti di amiche che non sapevano esattamente come fossero fatte “lì sotto”? O che pur di non chiamare la vulva col proprio nome ancora in età adulta usano nomignoli di ogni tipo?

È proprio da considerazioni di questo tipo che è nato il libro Lina, die Entdeckerin (“Lina, l’esploratrice”), da poco dato alle stampe in Austria, e che fin dalla copertina (che vede la piccola protagonista guardare con la lente d’ingrandimento i propri organi genitali) promette di non lasciare niente al non detto.

Il libro, andato esaurito in poche settimane e già alla seconda ristampa, racconta il viaggio di ricerca della curiosa Lina, che scopre e percorre il proprio corpo, senza tabù (le immagini spiegano nel dettaglio l’anatomia della vulva) e accompagnata da un linguaggio attento e preciso (dimentichiamoci insomma di “farfalline” e “patatine”).

Si tratta di un’anomalia nel panorama editoriale destinato all’infanzia? E qual è la situazione in Italia in materia di rappresentazione dei corpi e della sessualità nei libri per bambini?

Di mestruazioni e altri tabù

«Questo libro, pubblicato da una casa editrice militante, credo rappresenti una novità sia per l’Italia sia per l’estero», commenta Monica Martinelli, fondatrice della casa editrice Settenove, «e credo che nel nostro Paese, al di là dell’interesse che sicuramente potrebbe suscitare in una parte di pubblico, incontrerebbe grandi difficoltà a livello di distribuzione e di vendita, in special modo per la fascia di lettori a cui è indirizzato (+3), perché in Italia trattare il tema del corpo e della sessualità in modo esplicito nei libri per l’infanzia è piuttosto difficile».

Martinelli sa di cosa parla: la casa editrice da lei fondata vanta un ricco catalogo di narrativa per l’infanzia e l’adolescenza interamente dedicato alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere e proprio per questo, sin dalla sua nascita, è stato oggetto di apprezzamenti ma anche di critiche e attacchi.

«Basta guardare alla scuola, dove l’educazione sessuale è totalmente assente e progetti che vi facciano minimamente riferimento vengono osteggiati in ogni modo. Dai genitori in primo luogo, i quali ritengono che l’argomento debba essere trattato solo in famiglia. Peccato che poi non lo si faccia neanche lì».

La sua valutazione complessiva della situazione a livello editoriale non è molto buona: «Il nostro Paese è davvero difficile sotto questo profilo. Una buona parte dell’opinione pubblica non sembra preparata né pronta a parlare di questi temi. Chi, come noi, si occupa di tali questioni può essere accusato di tutto: dalla manipolazione mentale dei bambini all’ istigazione alla masturbazione collettiva».

Nei libri per l’infanzia Martinelli non ravvisa maggiori tabù, in merito a corpi e sessualità, per le bambine e le ragazze rispetto ai bambini e ai ragazzi: «Ma per le ragazze – sottolinea – c’è, in più, il tema delle mestruazioni, argomento che è totalmente silenziato a livello sociale (è sufficiente pensare a quanto sia raro sentir qualcuna dire “Ho le mestruazioni”: molto più spesso si usano formule tipo “Ho le mie cose”) e, di conseguenza, nella narrativa per l’infanzia e l’adolescenza (ma anche nel cinema e in altri contesti). Mi è stato raccontato di diversi editori di scolastica per bambini e bambine fino ai 10 anni che hanno volutamente censurato il termine “mestruazione” da alcune delle loro pubblicazioni al fine di non turbare i genitori conservatori».

È anche per questo che Martinelli è così fiera di una delle ultime uscite di Settenove: il libro Period Girl di Giorgia Vezzoli, primo romanzo in cui le mestruazioni, da tabù innominabile, diventano assolute protagoniste. «Una ragazza mi ha scritto per dirmi che ha tanto apprezzato questo libro perché per lei le mestruazioni erano un tabù e mi ha detto di averlo regalato alla sorella sperando che così per lei non saranno un problema. E questo ripaga di tutte le difficoltà».

Un quadro in chiaroscuro

«Lina, l’esploratrice è un libro assolutamente necessario e assolutamente urgente, ma temo che ne passerà di tempo prima che potremo vedere qualcosa del genere in Italia». A parlare è Elena Fierli, dell’associazione Scosse che da anni lavora a fianco del mondo dell’editoria e della scuola con l’obiettivo, tra gli altri, di educare alle differenze e di decostruire gli stereotipi di genere. «L’editoria è specchio della società di riferimento, per cui è chiaro che il nostro Paese da questo punto di vista abbia un’offerta diversa da quella, per esempio, di Svezia e Inghilterra. Anche se c’è da dire che negli ultimi cinque anni le cose sono migliorate: esistono, certo, libri in cui genitali e sessualità sono ancora un tabù assoluto ma si trovano anche libri caratterizzati da un’attenzione diversa a questi temi».

Ma in quali circuiti girano? Sono di facile accesso per tutti? «Il problema è proprio questo», sottolinea Monica Pasquino, presidente di Scosse: «Questi libri non raggiungono le scuole e dunque non diventano strumenti educativi disponibili a tutti e tutte. Di conseguenza non creano cambiamento sociale, cosa che sarebbe fondamentale in un Paese culturalmente sessuofobico come il nostro. È proprio per questo che la nostra associazione ha deciso di lavorare nella scuola pubblica».

È anche a partire da queste considerazioni che qualche anno fa Scosse ha dato vita, insieme alla libreria Ottimomassimo di Roma, al progetto “Fammi capire. Le rappresentazioni dei corpi e delle sessualità nei libri illustrati 0-18 anni” teso a individuare quali libri offrire a famiglie e insegnanti che chiedono aiuto per parlare ai bambini e alle bambine del proprio corpo e che ha portato alla realizzazione di una mostra itinerante. «L’iniziativa – spiega Deborah Soria, libraia di Ottimomassimo –  è nata dalla constatazione che è molto difficile per gli adulti trovare strumenti editoriali adeguati e di conseguenza affrontare queste tematiche. Le cose stanno però cambiando e io vedo una grande possibilità di crescita. Perché è vero che nel nostro Paese esercita un’influenza importante il cattolicesimo ma è anche vero, per esempio, che non c’è un organo di censura deputato a decidere cosa possa o non possa essere pubblicato, come invece esiste negli Stati Uniti».

Il progetto “Fammi capire” – il cui nome è un omaggio a un rivoluzionario libro fotografico di educazione sessuale degli anni Settanta (Fammi vedere! di Helga Fleischhauer-Hardt, immagini di Will Mc Bride, pubblicato in Italia da Savelli Editori nel 1979) – ha reso possibile mettere a fuoco alcuni nodi cruciali in materia. «Tanti libri per adolescenti e preadolescenti sono divisi per genere – racconta Fierli – come se il cambiamento dei coetanei non riguardasse tutti e quindi le ragazze debbano preoccuparsi solo delle ragazze e di ciò che accade loro e i ragazzi solo dei ragazzi e di ciò che accade loro. Inoltre molti testi sono ancora imbevuti di un immaginario che associa il maschile a qualcosa di attivo e positivo e il femminile a qualcosa di passivo e negativo». «Un’immaginario – fa eco Pasquino – che è fortissimo tra le adolescenti che, se e quando vi hanno accesso, incontrano un’educazione sessuale tutta incentrata sul disciplinamento del proprio corpo e mai associata al piacere».

L’editoria potrebbe essere quindi la chiave di volta ma l’idea che possa fornire un aiuto all’educazione ancora fatica a farsi strada. «È raro che l’editoria arrivi alla scuola e viceversa», spiega Soria. «Basti pensare alle condizioni in cui versano la maggior parte delle biblioteche scolastiche (quando esistono) e il cui lavoro è invece centrale per far sì che ragazze e ragazzi possano avere accesso a tutto ciò cui non hanno accesso a casa. Da questo punto di vista siamo terribilmente indietro».

 

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