Lo strano caso della conferenza del presidente Amato

Un presidente della Corte costituzionale che quasi sfida a compiere quello che – almeno a tutt’oggi – è un reato non si era mai sentito.

Mario Riccio

Il presidente della Consulta – con una scelta ritenuta irrituale da molti esperti osservatori – ha indetto una conferenza stampa, che faceva seguito a un breve comunicato, in attesa della pubblicazione delle varie sentenze sulla richiesta di ammissibilità referendaria. Chi scrive non ha la competenza giuridica per valutarne il merito e sarebbe comunque necessario leggerne prima le motivazioni. Si vorrebbe comunque provare a commentare quella riguardante il fine vita, stante una certa dimestichezza professionale con la tematica. A cui aggiungere che il sottoscritto è stato – al tempo – uno dei convinti depositari il quesito in Cassazione.

Il presidente Amato ci ha spiegato che c’è stato un errore di fondo, direi un peccato originale. Tutti pensavamo si stesse parlando di eutanasia ma in verità trattavasi di omicidio di consenziente. Ora, va chiarito che non tanto il sottoscritto quanto tutti i giuristi che solo in questi ultimi mesi hanno trattato l’argomento – credo vi siano stati almeno qualche decina di seminari, convegni, dibattiti fra cui il qualificatissimo Amicus Curiae “La via referendaria al fine vita” presso l’Università di Ferrara – che la pensassero in un modo o nell’altro, sapevano che il termine eutanasia non si trova nel codice penale. Né in particolare nel famoso articolo 579 del codice in questione che punisce l’omicidio di consenziente, oggetto del quesito referendario. L’eutanasia come noi la intendiamo oggi – cioè l’atto medico che porta un paziente sofferente a richiedere a terzi di essere ucciso in un modo rapido diretto e indolore – non era infatti neanche ipotizzata quando fu scritto il codice Rocco, quasi un secolo fa (e il termine negli ultimi decenni era sostanzialmente legato al genocidio degli ebrei).

Ecco quindi che il presidente della Consulta ci spiega che non si può chiedere di abrogare quello che non esiste specificatamente nell’articolo in questione. O meglio, che si sarebbe rischiato di abolire una fattispecie di reato molto più ampia del ristretto concetto di eutanasia. La quale è compresa nel reato di omicidio di consenziente, ma ne rappresenta solo una parte. In pratica c’è stato un errore generato da una sorta di sineddoche logico-linguistica al contrario, un equivoco lessicale. Si dava per scontato che del reato di omicidio del consenziente i proponenti il referendum intendevano riferirsi solo a una parte. Insomma, per dirla in maniera più semplice, si rischiava di buttare via anche il bambino con l’acqua sporca. Va detto che il presidente Amato – durante la conferenza stampa – ha usato un esempio infelice per spiegarci i rischi di un eventuale accoglimento del quesito. Ha infatti ipotizzato che due giovani – in una sera in cui hanno un po’ bevuto – decidano che uno spari e uccida l’altro con il consenso di quest’ultimo. Ora, non è necessaria una particolare competenza giuridica per capire che proprio questi casi erano stati esclusi dalla eventuale depenalizzazione. E in verità credo che nessuno ricordi un caso accertato di omicidio di consenziente – dei già pochissimi noti alle cronache – che non sia riconducibile a una precisa condizione di sofferenza del richiedente. Senza parlare poi della questione dell’acquisizione del consenso. Tematica di cui noi medici abbiamo imparato a comprendere, spesso a nostre spese, la complessità e i rigidi protocolli al fine della validità giuridica che male si adeguerebbero all’esempio in questione.

Infine il presidente Amato lancia prima una sollecitazione al nostro inerte Parlamento a legiferare specificatamente sul tema dell’eutanasia – lasciando però inalterato il reato di omicidio di consenziente – poi una sorta di sfida a coloro che hanno a cuore il problema, ma forse anche al Parlamento stesso. Sull’analogia di quanto la Consulta al tempo decise per l’aiuto al suicidio, lancia la suggestione che qualcuno compia un reato di omicidio di consenziente, ma nella precisa accezione eutanasica, ben si intenda. E se la vicenda giudiziaria dell’imputato andrà a confrontarsi con la Consulta, assicura che questa saprà assumere le decisioni che le competono. Un presidente della Corte costituzionale che quasi sfida a compiere quello che – almeno a tutt’oggi – è un reato non credo si sia mai sentito.

Credit foto: ANSA/ETTORE FERRARI



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