La Corte suprema Usa pronta ad abolire il diritto all’aborto

È quanto emerge da un documento pubblicato ieri da “Politico”. Se confermato, in 22 Stati Usa il diritto all’aborto decadrebbe immediatamente.

Ingrid Colanicchia

Aggiornamento. Il 3 maggio la Corte suprema ha confermato l’autenticità della bozza ma ha precisato non essere definitiva. I democratici guidati dal presidente Biden hanno promesso di fare del diritto all’aborto una questione determinante delle elezioni di midterm autunnali. I repubblicani hanno accusato i liberali di aver orchestrato la fuga di notizie per intimidire la Corte mentre il giudice capo John G. Roberts Jr. ha ordinato un’indagine.

Secondo una prima bozza di parere maggioritario a firma del giudice Samuel Alito, la Corte suprema avrebbe votato per annullare Roe v. Wade, la storica decisione del 1973 che ha affermato il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti, e Planned Parenthood v. Casey, una successiva decisione in materia del 1992. Il documento, pubblicato ieri da Politico, sarebbe la prima bozza dell’attesissimo parere relativo a Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, caso riguardante una legge approvata nel 2018 dal Mississippi (ma non entrata in vigore) che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gravidanza e che sfida direttamente Roe v. Wade.

«Roe aveva torto fin dall’inizio», si legge nel documento. «Riteniamo che Roe e Casey debbano essere annullati». «È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo». «L’aborto – è la conclusione – pone una profonda questione morale. La Costituzione non vieta ai cittadini di ciascuno Stato di regolamentare o vietare l’aborto. Roe e Casey si sono arrogati quell’autorità. Ora annulliamo tali decisioni e restituiamo quell’autorità alle persone e ai loro rappresentanti scelti».

Il documento è di febbraio e non è noto se nel frattempo siano intervenuti dei cambiamenti ma non è escluso che questa fuga di notizie possa incidere sull’esito finale. In ogni caso la decisione non sarà definitiva fino alla sua pubblicazione, che avverrà probabilmente nei prossimi due mesi.

Se confermata metterebbe fine a mezzo secolo di garanzia costituzionale federale del diritto all’aborto e consentirebbe a ciascuno Stato di decidere se limitarlo o vietarlo. Di fatto si avrebbe un Paese diviso a metà: da un lato gli Stati a maggioranza repubblicana, in cui negli ultimi anni si sono susseguiti a un ritmo inquietante i provvedimenti restrittivi in materia di aborto, dall’altro quelli a maggioranza democratica, dove a susseguirsi sono stati invece i tentativi di introdurre misure a tutela dell’accesso all’aborto, anche per sostenere donne che da altri Stati potrebbero essere costrette a questo scopo ad attraversare i confini a causa di divieti e restrizioni approvati negli Stati di provenienza.

Già alla fine dello scorso anno il Guttmacher Institute aveva denunciato che le 108 restrizioni adottate nel 2021 in 19 Stati rappresentavano il record assoluto da quando è stata promulgata Roe v. Wade. E quest’anno le cose non sono andate meglio: da gennaio a metà aprile le restrizioni proposte sono state 536 in 42 Stati; quelle già emanate sono 33 in nove stati. Tra queste ci sono le restrizioni approvate recentemente in Florida (dove il 14 aprile scorso il governatore repubblicano Ron DeSantis ha firmato un provvedimento – entrerà in vigore a luglio – che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gravidanza, salvo casi di emergenza medica e anomalie del feto non compatibili con la vita); in Oklahoma (dove il 12 aprile il governatore repubblicano Kevin Stitt ha firmato un progetto di legge – in vigore da agosto – che rende illegale l’aborto in qualsiasi momento della gestazione, unica eccezione in caso di pericolo di vita della gestante: chi eseguirà o tenterà di eseguire un aborto in altre situazioni sarà punibile con una multa fino a 100 mila dollari e/o con la reclusione fino a 10 anni); in Arizona (dove il 30 marzo il governatore repubblicano Doug Ducey ha firmato una legge che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gravidanza, salvo casi di emergenza medica che mettano in pericolo la vita della donna); in Kentucky (dove l’assemblea a maggioranza repubblicana ha rovesciato il veto che il governatore democratico Andy Beshear aveva posto a una serie di restrizioni, tra cui il divieto di aborto dopo le 15 settimane tranne che in caso di pericolo di vita della gestante, nessuna eccezione per stupro e incesto).

In particolare, secondo il Guttmacher Institute, se dovesse essere confermato l’orientamento del documento pubblicato da Politico, in 22 Stati il diritto all’aborto decadrebbe immediatamente: si tratta di Alabama, Arizona, Arkansas, Georgia, Idaho, Iowa, Kentucky, Louisiana, Michigan, Mississippi, Missouri, North Dakota, Ohio, Oklahoma, South Carolina, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, West Virginia, Wisconsin, Wyoming. Tutti Stati nel cui ordinamento ci sono leggi o emendamenti costituzionali che vietano l’aborto e che al decadere di Roe v. Wade entrerebbero in vigore (nove per esempio hanno un divieto pre-Roe: una legge promulgata prima del 1973 e mai abrogata).

Sul sito del Guttmacher Institute è disponibile una mappa interattiva che consente di visualizzare i potenziali effetti di una sentenza che rovesci Roe v. Wade, mostrando quante miglia una donna che volesse ricorrere all’aborto in uno di questi Stati dovrebbe fare per potervi avere accesso. Prendiamo l’esempio del Mississippi, dove le donne in età riproduttiva sono 680 mila e l’attuale distanza media da una clinica che offra il servizio è di 67 miglia: con un divieto totale le donne dovrebbero percorrere ben 495 miglia all’andata e altrettante al ritorno per raggiungere uno degli Stati in cui l’aborto sarà ancora legale. Oppure il caso della Louisiana dove le donne in età riproduttiva sono poco più di un milione: qui passerebbero dalle attuali 37 miglia a 666 miglia a tratta. Praticamente più di 2 mila chilometri tra andata e ritorno.

Credit foto: protesta organizzata da RiseUp4AbortionRights in occasione della giornata internazionale della donna, New York, 8 marzo 2022; © Wendy P. Romero/LongVisual via ZUMA Press Wire



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