Covid-19: la rinascita degli oligopoli nel trasporto marittimo

Durante la pandemia da Covid-19 i profitti dei colossi del commercio marittimo sono cresciuti a livelli esorbitanti. Questo dimostra che non è più l’aumento della domanda, diminuita notevolmente negli anni della pandemia, a determinare i guadagni di questo settore, bensì le tariffe gonfiate dalle aziende grazie a un mercato sempre più oligopolisitco.

Riccardo Degl'Innocenti

In occasione dell’acquisto della compagnia ferroviaria Italo sono stati rivelati i dati del bilancio consolidato del gruppo ginevrino Mediterranean Shipping Company (Msc), di norma segreto in virtù della legge svizzera. Anche i non addetti ai lavori si sono resi conto della eccezionale capacità finanziaria raggiunta da Msc, in particolare dal 2020, anno tragico a causa delle conseguenze economiche e sociali della pandemia da Covid-19 su scala globale. La tragedia ha rappresentato un’occasione straordinariamente redditizia per gli affari e i profitti di Msc. Con i soldi guadagnati in maniera speculativa grazie alla sua posizione oligopolistica (con oltre 700 navi portacontenitori e 70 terminal portuali nel mondo) nell’offerta di trasporto marittimo che costituisce il principale vettore di merci nell’epoca della globalizzazione, Msc fa business integrando la sua presenza sull’asse orizzontale e verticale del mondo logistico (navi, porti, treni, camion, aerei, spedizioni, interporti ecc.).
Secondo quanto riportato da Il Messaggero del 2 ottobre scorso, tra il 2020 e il 2022 Msc è passata dai 29 ai 86,4 miliardi ($) di ricavi (+198%) mentre l’Ebitda, ossia la differenza con i costi operativi, si è sestuplicata, da 6,8 a 43,2 miliardi, raggiungendo il 50% dei ricavi. Non è riportato l’utile netto del 2020 e del 2021, ma nel 2022, dopo gli oneri finanziari, gli ammortamenti e le tasse, il profitto dell’azienda ha raggiunto i 36,2 miliardi, pari al 42% dei ricavi. Che cosa è accaduto in tre anni? Msc ha triplicato i ricavi, mentre i costi sono solo raddoppiati: ha aumentato i prezzi dei suoi principali servizi (noli di trasporto), sfruttando la posizione oligopolista per cui da sola controlla il 20% dell’offerta di trasporto, e soprattutto speculando, tra il 2021 e il 2022, sul caos delle disfunzioni nei servizi portuali e negli approvvigionamenti a terra.
Un maggiore dettaglio lo forniscono i bilanci pubblici di Maersk, Hapag-Lloyd e Cma-Cgm, che con Msc compongono il fronte oligopolistico formando quasi il 55% dell’offerta di stiva. Nel 2022 le tre compagnie hanno prodotto ricavi per 190 miliardi, un aumento del 127% rispetto al 2020. L’Ebitda è cresciuta dal 20% del 2020 al 47% del 2022, mentre l’utile nello stesso periodo è cresciuto dal 7% al 37% dei ricavi. Come nel caso di Msc, il 2021 è stato l’anno della “grand bouffe”. È cresciuta solo dell’8% l’offerta di stiva per profittare delle incertezze del mercato, finché dalla movimentazione nei porti non è emerso un chiaro rallentamento della domanda di trasporto dei container. È la prova storica, eclatante, che non è più la domanda che cresce a fare aumentare ricavi e profitti delle compagnie, ma le tariffe gonfiate ad arte grazie all’oligopolio, insieme ai proventi finanziari favoriti dall’overdose di liquidità sottratta al mercato.
Nel 2017 a Genova, Gianluigi Aponte, unico proprietario con la moglie di Msc, di fronte alle autorità che gli promettevano la nuova diga, dichiarò con l’alterigia del re di fronte ai vassalli: “Comandiamo noi, perché comandano i volumi. Chi ha i volumi è quello che si può permettere di far vivere un porto o di farlo morire”. Frase apocalittica, ma non retorica. In passato si diceva che nello shipping la merce è la regina. Oggi il mercato è mistificato e manipolato, vi regna una corte di oligarchi che impongono le loro volontà. Solo governi autorevolmente sovrani possono ripristinare la normalità economica e sottrarre i porti dall’essere trasformati, di diritto o di fatto, in asset speculativi.

CREDITI FOTO: ANSA / MOHAMED HOSSAM



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