Covid-19 in Perù, è crisi umanitaria. Parlano i volontari di Medici Senza Frontiere

Il più alto tasso di mortalità per Covid al mondo e meno del 4% di vaccinati. Lo specchio di un sistema sanitario fragile e delle disuguaglianze che attanagliano la nazione sudamericana.

Maurizio Franco

Un semplice ricalcolo e il Perù ha scalato la classifica dei decessi causati dal Covid-19 per numero di abitanti, conquistando il primato su scala globale: circa 188mila morti dallo scoppio della pandemia, su 33 milioni di persone. Stime che raddoppiano, rispetto a quelle registrate in precedenza (70mila), e numeri che riflettono una crisi umanitaria dalle proporzioni inaudite. Oltre 1 milione e 900mila persone contagiate sono lo specchio di un sistema sanitario fragile e del magma delle disuguaglianze che attanaglia la nazione sudamericana. Nonostante la seconda ondata, dallo scorso maggio, abbia attenuato il suo potere distruttivo.

“Avevamo pesantemente sottostimato l’impatto dell’epidemia. Adesso ci sono ancora situazioni critiche, soprattutto per quanto riguarda i reparti di terapia intensiva che sono al punto di saturazione in tutto il Paese”, dice Francesco Segoni, capo-missione di Medici Senza Frontiere (Msf) in Perù: di emergenze, il responsabile andino, se ne intende, avendo girato il mondo – nel 2016 la zona settentrionale dello Yemen, l’Iraq nel 2017, nella città di Mosul, quando le truppe dello Stato islamico furono sconfitte, e il Bangladesh – per supportare le comunità esacerbate dalle guerre e dalle carestie. Oggi, la pandemia è il fulcro delle contraddizioni sugli scenari internazionali.

Il Covid-19 ha colpito fortemente l’economia del Perù e grava sulla sua tenuta sociale. “Il Paese con un reddito medio basso non può permettersi delle misure economiche e la protezione sociale che, ad esempio, i governi europei hanno offerto ai loro cittadini e alle proprie economie”. E le necessarie misure di contenimento del virus hanno scarnificato una popolazione allo stremo. “Il confinamento è quasi impensabile per un Paese in cui molta gente vive di economia informale ed è costretta, letteralmente, a uscire di casa ogni giorno per guadagnarsi da vivere”, afferma Segoni.

Pochi posti letto in terapia intensiva e liste di attesa lunghissime in cui ristagnano migliaia di persone bisognose di cure. Negli ospedali le scorte di ossigeno scarseggiano. Medici Senza Frontiere ha lanciato due operazioni per fronteggiare l’epidemia. Il primo progetto è nella città di Huacho, a circa 140km a nord dalla Capitale Lima, “per sostenere l’ospedale regionale della zona e per aumentare la capacità di fornire ossigeno ai pazienti” dichiara il responsabile. Una struttura targata Msf, collegata al nosocomio della città e alle reti sanitarie locali, conta attualmente cinquanta posti di degenza: la metà dei letti è attrezzata per l’isolamento monitorato dal personale medico, l’altra metà, invece, per la fornitura del prezioso gas. Oltre 140 pazienti sono stati ricoverati.

Inoltre, l’ong è attiva “per andare a cercare i pazienti nella comunità, nei piccoli centri, riconoscerli come casi Covid-19, prima che le loro condizioni si possano aggravare”. Un’opera di sensibilizzazione e di informazione costante: i team mobili forniscono assistenza domiciliare a circa 120 persone a settimana e hanno anche iniettato una prima dose di vaccino ad oltre 1.000 persone.

Il secondo progetto di Medici Senza Frontiere è a Cusco, città arroccata sulle Ande, dove i problemi respiratori possono acutizzarsi, in maniera ancora più rapida, per coloro affetti dal virus, a causa dell’altitudine. “Abbiamo aperto una piccola unità per la somministrazione di ossigeno ad alto flusso, fino a 70 litri al minuto per i pazienti in stato più critico”. Il reparto è quello di terapia intensiva dell’ospedale Antonio Lorena. E 17 persone, nei primi 14 giorni dall’avvio del progetto, hanno ricevuto le cure necessarie.

“Nel Paese, c’è un’attenzione altissima alle misure di igiene e di distanziamento sociale. All’entrata e all’uscita di ogni negozio, ufficio o locale pubblico: c’è sempre un punto di lavaggio delle mani e di disinfezione, addirittura, delle suole delle scarpe. La mascherina la portano tutti ed è obbligatorio nelle zone affollate e negli uffici portare due maschere, una sull’altra”. Il rispetto è totale delle misure anti-contagio. È la povertà, in larghi strati della popolazione, a potenziare gli effetti del virus. Secondo quanto riportato dall’emittente britannica Bbc, in molte case non ci sono frigoriferi e le famiglie sono aggiogate ai mercati, sovraffollati, per acquistare continuamente cibo e fare piccole scorte.

Medici Senza Frontiere ha stretto relazioni con le istituzioni con cui collabora per appianare la piaga pandemica. L’Ong lavora a stretto contatto con il Ministero della Sanità, su scala nazionale e territoriale. “Stiamo cercando di aiutare il Ministero anche nella campagna di vaccinazione, per quanto possiamo. Però il problema grosso è che qui in Perù il vaccino non arriva. Questo è il motivo principale di allarme”, racconta Segoni.

In Perù spadroneggiano la variante P1 – la cosiddetta “brasiliana” – e una variante “autoctona”, definita “andina”. Ed è stata ufficializzata la presenza di B.1.617, ovvero la versione indiana del Covid-19. “Quindi, da un momento all’altro, la pandemia può ripartire e finché la popolazione non è vaccinata non possiamo stare tranquilli”, dichiara il responsabile di Msf. Meno del 11 per cento dei peruviani ha ricevuto la prima dose di vaccino e meno del 4 per cento ha completato l’intero ciclo. Numeri che rasentano il nulla.

“In questo momento la priorità, al di là dell’ossigeno che chiaramente è una necessità immediata e a brevissimo termine, è quella di aumentare l’accesso ai vaccini in questo Paese. Soprattutto da parte di quei Paesi che sono riusciti, per loro fortuna, a procurarsi dosi in quantità più che sufficienti e che stanno ormai procedendo a vaccinare fasce della popolazione molto meno a rischio”, dice insistentemente Segoni, che sottolinea come “qui in Perù, stiamo ancora facendo fatica a vaccinare le persone con più di sessantacinque anni”. La campagna stenta a ingranare. Il Governo ha predisposto, con enormi difficoltà, un piano per la vaccinazione di massa e ha allestito delle strutture per gestire gli oneri della logistica. “Semplicemente, manca il vaccino. Questa è la cosa più urgente”. Mentre migliaia di persone continuano a morire.

 

(foto di Medici Senza Frontiere)



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