La crisi tra Russia e Ucraina spiegata in tre mappe

Ucraina, Nato e dipendenza energetica di Unione Europea e Italia dalla Russia. Tre mappe per “visualizzare” cause e posta in gioco della crisi in corso.

Ingrid Colanicchia

Un po’ di storia. Deflagrata in questi giorni, la crisi tra Russia e Ucraina (qui i motivi che hanno portato al conflitto) ha radici profonde. Dopo l’indipendenza, nel 1991, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, la relazione tra Mosca e Kiev è stata mutevole, a causa dell’alternanza tra governi più filo-russi e governi più vicini all’Unione Europea e all’Occidente. Il contrasto si è fatto palese nel 2013, quando le proteste di piazza nazionaliste filo-occidentali e antirusse che prendono il nome di “EuroMaidan” (e in cui sono presenti anche elementi neonazisti) mettono in fuga l’allora presidente Yanukovych (che si era rifiutato di firmare l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea). Non passa neppure un mese che, nel marzo 2014, gli abitanti della Crimea (a maggioranza russofona) esprimono mediante referendum (considerato illegale dalla Corte costituzionale ucraina) la volontà di tornare sotto la sovranità di Mosca. La Russia non se lo fa dire due volte e sancisce ufficialmente la secessione della Repubblica di Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Federazione Russa. Ma non finisce qui. La regione del Donbass, nell’Est dell’Ucraina, segue a ruota l’esempio della Crimea: ha inizio una guerra civile nelle province di Donetsk e Lugansk, che si autoproclamano repubbliche indipendenti (si tratta delle due repubbliche riconosciute da Putin nel discorso di qualche giorno fa). Nel febbraio 2015, con l’accordo detto Minsk II, si giunge a un cessate il fuoco ma gli impegni assunti in quel momento non vengono del tutto rispettati dalle parti, con la conseguenza che il conflitto prosegue di fatto ininterrottamente fino a oggi.

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L’allargamento a est della Nato. Dopo la dissoluzione dell’Urss, nel 1991, la Nato si è allargata includendo molti Paesi storicamente all’interno dell’orbita russa. A eccezione degli Stati dell’ex Jugoslavia, tutti i Paesi entrati nell’Alleanza Atlantica dal 1991 a oggi erano infatti (fino a quella data) parte dell’Unione Sovietica o legati a essa dal Patto di Varsavia: parliamo di Polonia (1999), Repubblica ceca (1999), Ungheria (1999), Lettonia (2004), Lituania (2004), Estonia (2004), Romania (2004), Bulgaria (2004), Slovacchia (2004). Da allora la Nato si è allargata anche ad Albania (2009), Croazia (2009), Montenegro (2017) e Macedonia del nord (2020). L’Albania inizialmente aveva fatto parte del Patto di Varsavia ma ne era uscita di fatto nel 1961 e formalmente nel 1968, dopo l’invasione della Cecoslovacchia.

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La dipendenza energetica di Italia e Unione Europea dalla Russia. Per il proprio consumo, l’Ue ha bisogno di energia importata da Paesi terzi. Secondo i dati Eurostat, nel 2019 il principale prodotto energetico importato sono stati i prodotti petroliferi (compreso il petrolio greggio, che ne è il componente principale), che hanno rappresentato quasi i due terzi delle importazioni di energia nell’Ue, seguiti dal gas (27%) e dai combustibili fossili solidi (6%). La Russia è il principale fornitore dell’Ue di tutte e tre queste risorse. Nella fattispecie, nel 2019, quasi due terzi delle importazioni di greggio extra-Ue provenivano da Russia (27%), Iraq (9%), Nigeria e Arabia Saudita (entrambi 8%) e Kazakistan e Norvegia (entrambi 7%); quasi tre quarti delle importazioni di gas naturale dell’Ue provenivano da Russia (41%), Norvegia (16%), Algeria (8%) e Qatar (5%); mentre oltre tre quarti di combustibili solidi (perlopiù carbone) provenivano da Russia (47%), Stati Uniti (18%) e Australia (14%). Anche la dipendenza energetica dell’Italia è elevata: nel 2020 la quota di importazioni nette rispetto alla disponibilità energetica lorda (un indicatore del grado di dipendenza del Paese dall’estero), si è attestata, secondo i dati del Ministero della Transizione ecologica, al 73% (nel 2019 era al 77,9%). L’approvvigionamento energetico del nostro Paese è costituito per il 40% dal gas naturale, per il 33% dal petrolio e per il 20% dalle fonti energetiche rinnovabili. Il ruolo della Russia, come noto, è di primo piano: il 43% delle nostre importazioni di gas naturale vengono infatti da Mosca.

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