Davigo: “La riforma Cartabia? Peggio di così non può andare. I referendum sono dannosi”

L’ex magistrato e componente del Csm esamina i nodi principali della nuova legge per la giustizia; ci sono errori di valutazione su soluzioni proposte e pericoli di rafforzamento delle correnti; elemento positivo il no alle porte girevoli; occorre far prevalere il merito nella scelta dei magistrati e non gerarchizzare i pm; regole certe per il Csm, la cui riforma passa al Senato, dopo l’approvazione della Camera.

Rossella Guadagnini

Per alcuni è una via crucis, anche se Pasqua è ormai alle spalle; per altri un calvario vero e proprio. I più combattivi la descrivono come un percorso minato, i più propositivi come una road map. E, in effetti, anche il tempo della guerra incombe. Stiamo parlando della riforma della giustizia, croce e delizia di chi se ne occupa per mestiere o per interesse. MicroMega ha ascoltato uno dei magistrati più in vista del panorama italiano, Piercamillo Davigo, per sentire se e cosa approva, disapprova o boccia sonoramente.

Dottor Davigo, una sua valutazione di merito e una personale sulla riforma Cartabia.
È difficile dare una valutazione tecnica di un testo – tutto sommato – ancora incerto (almeno due partiti hanno preannunciato ulteriori emendamenti e un terzo ha fatto sapere che il testo può essere “migliorato”), tanto più che si tratta di una delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo. Quindi un giudizio accurato potrà essere espresso solo alla fine della procedura legislativa.
In generale, mi sembra che ci siano errori di valutazione sulla idoneità delle soluzioni proposte rispetto ai problemi emersi.
In particolare, la nuova legge elettorale verosimilmente rafforzerà il potere delle correnti (almeno delle due che probabilmente rimarranno), introducendo un bipolarismo che non agevolerà la valutazione del merito del magistrato rispetto all’appartenenza.

Quali gli elementi positivi della Cartabia?
L’unico elemento parzialmente positivo del progetto di riforma è il limite al rientro in magistratura dei magistrati che ricoprono incarichi politici. Sarebbe però stato preferibile un maggior rigore in proposito.

E quali, a suo avviso, i nodi da sciogliere?
In base alla Costituzione i magistrati possono essere scelti solo mediante concorso (e quindi in base al merito) e si distinguono fra loro solo per diverse funzioni. Quindi occorre far prevalere il merito rispetto all’appartenenza correntizia e invertire la tendenza a gerarchizzare la magistratura, specialmente riguardo ai magistrati del pubblico ministero.

Cos’altro bisognerebbe fare?
Occorre anche assicurare che questi ultimi si comportino come giudici e quindi, anziché irrigidire i passaggi da funzioni requirenti a giudicanti e viceversa; bisognerebbe agevolarli, anzi rendere obbligatorio lo svolgimento di entrambe le funzioni.
Il pubblico ministero che ha fatto il giudice sa che cosa è necessario per decidere e non svolgere indagini dispersive. Il giudice che ha svolto funzioni requirenti è, di solito, il più severo censore del pubblico ministero, perché sa che cosa avrebbe potuto fare e non ha fatto.

Si arriverà in porto e per quando?
Stante l’inutilità dei rimedi approntati e talora il loro segno contrario alle esigenze spero il più tardi possibile. Quello che serve alla giustizia italiana è una drastica riduzione del numero dei processi, ma di questo si parla poco.

Altrimenti che succede?
Niente. Peggio di così non può andare.

I referendum sulla giustizia sono scivolati al 12 giugno insieme alle Comunali: è un bene o un male?
I referendum sulla giustizia sono dannosi, tranne uno inutile (quello che vorrebbe abolire la presentazione di venticinque firme per le candidature al Consiglio Superiore della Magistratura), quindi aggraveranno i problemi anziché risolverli.

È una specie di ‘schedatura’ la proposta di un fascicolo sul rendimento dei magistrati?
Valutare un magistrato in ragione delle decisioni successive di altri organi è un errore. Chi ha detto che è più “giusta” la sentenza del giudice di appello rispetto a quella di primo grado?
La Corte di Cassazione salva molte sentenze di appello solo integrandone la motivazione con quelle di primo grado. Ciò dipende dal fatto che la struttura giudiziaria (in Italia come nel resto del mondo) è piramidale: esistono una Corte Suprema di Cassazione, 26 corti d’appello e 139 tribunali, oltre ai giudici di pace.
Ma a differenza di ciò che accade all’estero, in Italia non ci sono deterrenze alla proposizione di impugnazioni dilatorie, perciò sui giudici di appello si abbatte un numero di processi che impedisce a questi un esame più accurato di ogni caso.
Di conseguenza le sentenze di primo grado, di solito, sono più complete di quelle di appello. Per poter dare peso alle riforme nei gradi successivi, sarebbe necessario ridurre drasticamente il numero di appelli, così da avere sentenze di secondo grado sempre di ottima qualità.
Se invece si fa riferimento alla quantità di procedimenti definiti, bisogna ricordare che i numeri, senza la qualità non significano nulla. Tutti tratteranno i processi facili tralasciando quelli difficili o peggio, li faranno male per farne di più.

Una cura per il Csm, la cui riforma va ora verso l’approvazione al Senato: quale la più efficace?
Una cornice di regole certe. È necessario riscrivere il Testo Unico sulla dirigenza (che è una circolare), il quale attualmente consente letture talvolta opposte della scelta di un candidato per un determinato incarico.

 

(Credit Image: © Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire e ANSA/Mourad Balti Touati)



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