Simone Di Stefano lascia CasaPound: Meloni pronta a portarlo in Parlamento?

Simone Di Stefano ha lasciato la guida di CasaPound tra gli insulti dei suoi: “Traditore”. Per lui stanno per aprirsi le porte di Fratelli d’Italia, che in vista delle elezioni politiche punta a occupare ulteriore spazio a destra. Berizzi a MicroMega: “Quanti fascisti nelle istituzioni…”.

Daniele Nalbone

La notizia: Simone Di Stefano lascia CasaPound, organizzazione di cui era portavoce. L’indiscrezione: l’ex leader del movimento politico di estrema destra e di matrice – parola che qui non è usata a caso – neofascista è pronto per accomodarsi all’interno del partito di Giorgia Meloni. Una mossa che consentirebbe a Fratelli d’Italia di diventare il contenitore a cui guarderanno i nostalgici del Ventennio che hanno ormai abbandonato la Lega di Matteo Salvini.

Ad annunciare l’addio a CasaPound, dove invece resta e in un ruolo sempre più di primo piano il fratello Davide, è stato lo stesso Simone Di Stefano con poche righe affidate a Twitter:
“Per libera e sofferta scelta, il mio percorso politico con CasaPound Italia termina oggi. Non tornerò mai più sull’argomento e non c’è necessità di discutere le motivazioni, che sono pochissime ed esclusivamente di natura politica”.

Immediata la reazione dei seguaci del movimento della tartaruga che, sotto a un post su Facebook di CasaPound in cui – tra le righe – si accusa Di Stefano di aver abbandonato la nave in un momento di difficoltà (leggasi sgomberi delle sedi e processi), bollano immediatamente l’ex leader come “traditore”.

Ma c’è un commento in particolare che riassume il senso dell’operazione: “Di Stefano avrebbe tutto il diritto di stare in Fratelli d’Italia… Anzi… Ha più diritto di altri poiché viene dal MSI. Il partito con la Fiamma è FDI ed è giusto che sia abitato da chi porta avanti i valori della destra sociale…!”.

“Simone Di Stefano lascia CasaPound in un momento cruciale per il movimento” sottolinea a MicroMega Paolo Berizzi, scrittore e giornalista di Repubblica che vive sotto scorta per le minacce ricevute da diverse organizzazioni di estrema destra. “Da una parte le inchieste giudiziarie per tentata riorganizzazione del partito fascista e gli sgomberi delle sedi, dall’altra l’Opa lanciata sull’ultradestra per l’egemonia nel mondo neofascista che ha perso Forza Nuova”. Per cosa ha lasciato Di Stefano? “Forse per un posto al caldo in Fratelli d’Italia. Per questo agli occhi dei suoi ex camerati, che lo hanno subito scaricato, è diventato un traditore. Una parabola tipica della storia dell’estrema destra italiana, dove il coraggio è sempre stato un optional e dove spesso prevale la convenienza e il calcolo. Tra neofascisti, sdoganati e legittimati dai partiti sovranisti, in molti vedono un’opportunità di entrare nella politica istituzionale alle prossime elezioni. E questo è uno dei problemi italiani: i fascisti nelle istituzioni”.

Non ci sarebbe poi da stupirsi. In fondo – riprendendo il commento di cui sopra – Fratelli d’Italia è il partito che ha nel simbolo la Fiamma tricolore, che ha tra i suoi leader personaggi che non fanno mistero della propria matrice (rieccola, quella parola tanto cara a Giorgia Meloni) neofascista. Di Stefano non sarebbe il primo neofascista imbarcato nel partito, e non sarà evidentemente l’ultimo. I consigli comunali e municipali di mezza Italia devono da tempo subire l’onta di “nostalgici” impegnati a rappresentare le istituzioni, il tutto nel silenzio assordante di quella classe politica democratica che sembrava essersi risvegliata dopo l’assalto da parte di Forza Nuova – sotto le mentite spoglie di attivisti “no green pass” – alla sede della Cgil. Poi il sonno è tornato a pesare sulle menti di chi dovrebbe difendere la Costituzione italiana. Una Costituzione antifascista. Una Costituzione che non prevede(rebbe) la presenza all’interno delle istituzioni non solo di Forza Nuova, CasaPound e compagnia, ma anche di un partito con la fiamma tricolore nel suo simbolo.

 

(credit foto ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)



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