La pace si difende difendendo la libertà degli ucraini

Il direttore di MicroMega risponde agli interventi di Tomaso Montanari, Moni Ovadia e Giorgio Cesarale e all’intervista di Emiliano Brancaccio sull’invasione della Russia e il conflitto in Ucraina.

Paolo Flores d'Arcais

Quella di Putin in Ucraina è “un’invasione mostruosa”, scrive Tomaso Montanari. “La Russia si è macchiata di un’infamia”, gli fa eco Emiliano Brancaccio, “oggi la nostra piena solidarietà deve andare al popolo ucraino” conclude Moni Ovadia. Giusto, giustissimo, amici e compagni. Purché se ne traggano le conseguenze.
Come esprimere concretamente la solidarietà ai cittadini di Kiev, Kharkiv, Mariupol, bersagliati ogni giorno da un numero maggiore di bombe e missili? Fornendo loro gli strumenti per difendersi, verrebbe da dire. E invece no: “sarebbe un grave azzardo mandare armi vere e proprie”, sostiene Montanari, dovremmo piuttosto costringere “il ceto politico italiano a interrogarsi sulle proprie responsabilità storiche”, analizza Brancaccio, “l’Europa dimostri di esistere bussando alla porta dello zio Sam per suggerirgli affettuosamente di star fuori da questa questione del vecchio continente” conclude Ovadia.

Qui tutte le analisi e le opinioni pubblicate su MicroMega sulla guerra in Ucraina

E i cittadini ucraini? Perché uomini, donne, bambini, oltre che i cittadini in divisa, continueranno intanto a morire, ora dopo ora, minuto dopo minuto, sotto i cannoneggiamenti devastanti e crescenti della “invasione mostruosa”, della “infamia” di Putin.

I governi occidentali hanno però fatto negli ultimi trent’anni decine di volte quello che oggi imputano a Putin, dicono con parole quasi identiche Montanari, Brancaccio e Ovadia. A MicroMega si sfonda una porta aperta, visto che abbiamo ricordato molte volte, nei trentasei anni di vita della rivista, come i crimini americani (e alleati eventuali) siano iniziati almeno dal colpo di Stato contro il governo democratico di Mossadeq in Iran (1953) e di Arbenz in Guatemala (1954).

E allora? Non appena abbiamo avuto l’età, non siamo forse scesi in piazza contro queste e altre nefandezze, contro il sostegno dei governi americani al regime fascista di Franco in Spagna, contro il napalm americano che voleva imporre al Vietnam dei regimi fantoccio? Se una volta tanto i governi, cui per tanti versi continuiamo ad opporci, decidono di sostenere i cittadini democratici che resistono alla riconosciuta infamia di Putin, dovremmo far mancare il nostro consenso in nome di decenni di dissenso? Che logica è mai questa?

Tu, Tomaso, giustamente ci inviti a esercitare empatia, la stessa empatia manifestata dalla donna ucraina di cui parli, che distingue tra Putin e i ragazzi russi mandati a combattere, e non odia questi ultimi, malgrado stiano uccidendo i suoi amici, i suoi compatri0ti.

Esercitiamola anche noi, l’empatia. Proviamo allora a sentire cosa un democratico di Kiev, di Kharkiv, di Mariupol chiederebbe a noi europei. Davvero il suo vissuto esistenziale, con cui per empatia entreremmo in sintonia, chiede mezzi di difesa e non di offesa, ammonendoci che “sarebbe invece un grave azzardo mandare armi vere e proprie”? Davvero accetterebbe qualche giubbetto antiproiettile, ma rifiuterebbe i missili anti-aerei Stinger, i missili anti carro Spike, le mitragliatrici e le munizioni che il governo Draghi ha deciso (finalmente!) di mandare?

Davvero contro i tank di Putin (da due giorni una colonna di 60 chilometri in avvicinamento a Kiev!) gli ucraini anelano fare da soli, fabbricando insieme a donne e ragazzi le molotov che poi lanceranno da pochi metri di distanza? Ma già scagliare una molotov non è, alla lettera, gettare benzina sul fuoco? Dunque, a mani nude, stendendosi davanti ai cingoli, pregando?

No, caro Tomaso, il democratico di Kiev chiede armi, e solo per non metterci in imbarazzo non ha ancora chiesto all’Europa quanto già chiesto a Biden, la neutralizzazione dello spazio aereo: impedire che Putin possa tempestare di bombe dai cieli ucraini i cittadini ucraini. Biden ha subito detto di no: non sia mai che dovesse morire un solo pilota americano, mentre intanto moriranno mille, diecimila, centomila ucraini che resistono. In realtà quella protezione aerea dovrebbero proporla i paesi europei, e noi dovremmo criticarli se non lo fanno, come avremmo dovuto criticare il carattere claudicante e sempre in ritardo del sostegno al popolo ucraino.

Cari Moni, Tomaso, Emiliano, se non avremo fatto tutto il possibile per la loro difesa, noi tutti saremo moralmente responsabili, tutti, uno per uno, della prossima schiavitù di quaranta milioni di cittadini ucraini che vorrebbero godere delle nostre stesse libertà, anziché del tallone cingolato di Putin. Perché si pecca con eguale colpa e peso per atto e per omissione, lo ricordo bene fin da quando settant’anni fa andavo “a dottrina” (ora art. 393 del compendio, e 1853 dell’edizione integrale del Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria editrice Vaticana).

Tu stesso dici, caro Tomaso, che “oltre un certo limite, può essere impossibile rimanere coerenti con la pace: la guerra di liberazione partigiana ne è un esempio”. Appunto. Ma poi azzeri il riconoscimento: “la minaccia nucleare cancella radicalmente anche questa estrema ipotesi di guerra giusta: semplicemente perché nessuno potrebbe vincerla”. Dunque, ormai è un dovere, senza eccezioni, porgere l’altra guancia. No, Tomaso, NO. Vai a rileggere la lapide/poesia di Calamandrei che dal 1952 accoglie ogni cittadino nel municipio di Cuneo, e che termina con i versi “Ora e sempre / RESISTENZA”. Ora e sempre. E nel 1952 l’atomica già esisteva.

Non ho mai apprezzato il Gesù del porgere l’altra guancia. Perché sono ateo? Ma il credente che tu sei conosce perfettamente il contesto in cui un profeta ebreo apocalittico itinerante pronuncia quelle parole poco meno di duemila anni fa: pensando che il suo ultimo (o unico) viaggio dalla Galilea a Gerusalemme, dove viene dai suoi seguaci accolto come l’Unto del Signore (“Osanna al figlio di Davide, Osanna nel più alto dei cieli!” Mt 21,9), sarebbe coinciso con la fine del mondo. Quella guancia, questione di ore, sarebbe stata più che premiata, più che vendicata.

Citi con adesione Virginia Woolf che rifiuta l’impegno antifascista. Virginia Woolf sbagliava, totalmente. Fosse stata seguita dagli inglesi, che invece scelsero di vivere le “lacrime e sangue” che Churchill non aveva loro nascosto, pur di non piegarsi a Hitler (c’era chi era disposto a farlo, fin dentro la famiglia reale) oggi sfileremmo al passo dell’oca, tutti sudditi di un Reich millenario.

Per fortuna la parte migliore dell’Europa in quei giorni ha detto no. Chiamando alla lotta armata, come il generale Charles De Gaulle da Londra il 18 giugno 1940, o l’avvocato Duccio Galimberti da Cuneo il 26 luglio 1943.

Tomaso, per lo meno tu sei convinto, oggi, della necessità di “sanzioni economiche contro la Russia, veloci, veramente dure, mirate sull’oligarchia”. Dovresti concordare perciò con me che l’unica critica da fare su questo al governo Draghi, agli altri governi europei, e soprattutto al presidente americano Biden, è l’essere stati, in fatto di sanzioni, lenti, alquanto morbidi, e non mirati sull’oligarchia.

Ma saresti stato della stessa opinione anche ieri, prima del discorso di guerra di Putin? Perché proprio su MicroMega abbiamo spiegato che estromettere le banche russe dalla Swift per tempo, dunque prima di quel discorso, avrebbe potuto perfino impedire a Putin l’intervento. Forse no. Ma forse sì. Però dall’insieme del tuo discorso mi sembra si evinca che una così pesante mossa preventiva (assai più pesante di quella mezzo-e-mezzo attuata ora) l’avresti condannata come una inaccettabile ennesima provocazione contro la Russia. Tanto meglio se invece mi sbaglio.

Giorgio Cesarale condanna invece qualsiasi sanzione, perché “le sanzioni sono invocate solo da chi vuole favorire una frazione della borghesia internazionale contro l’altra”. E sia.
L’una vale l’altra, davvero, caro Giorgio? Per te è davvero equivalente vivere sotto il “tallone” di Draghi (dittatura sanitaria, ci hanno spiegato Agamben Cacciari e Mattei) o sotto quello di Putin, con assassinio di giornalisti e oppositori (carcere/tortura quando va bene)? Più in generale, è ammissibile la cecità che non distingue i diversi tipi di sfruttamento capitalistico, se spreme profitto con i bambini delle miniere di metalli a cielo aperto in Bolivia e Perù, o nelle isole di montaggio automobilistiche del welfare svedese?

Sinistra vuol dire giustizia-e-libertà, indisgiungibili. Come si può essere di sinistra senza dare alla libertà dei cittadini ucraini che resistono tutti gli strumenti per non soccombere? Perché se vincerà Putin, toccherà poi alla Moldavia, ai paesi baltici … Possiamo continuare a essere così ciechi?

Foto: Kharkiv, piazza Svobody intorno alle 8:00 ora locale di martedì 1 marzo. Gli effetti di un missile russo. © Vyacheslav Madiyevskyy/Ukrinform via ZUMA Press Wire



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