Diritto all’oblio e reati di mafia

Il diritto all’oblio è sacrosanto, ma l’abuso che gli indagati per mafia ne fanno rischia di deformare la memoria storica sui crimini commessi dagli esponenti pentiti della criminalità organizzata. Il confine tra il diritto alla protezione dei dati personali e quello della collettività alla conoscenza di fatti di interesse pubblico dev’essere pertanto chiaro e inequivocabile.

Michela Fantozzi

Se si desidera esaminare lo stato di salute della libertà di stampa in Italia, oltre ai noti episodi recenti avvenuti sul palco di Sanremo, è bene considerare anche l’abuso che gli indagati per mafia fanno del diritto all’oblio.
Il 13 febbraio 2024 l’ex camorrista e collaboratore di giustizia Giuseppe Missi è stato condannato a risarcire la Rai e i giornalisti Carboni Giuseppe e Giovanna Cucè per averli accusati di diffamazione.
Il servizio del TG1 oggetto di denuncia risale al 23 dicembre 2019 e riguardava il 35° anniversario della Strage del Rapido 904 del 23 dicembre 1984.
La denuncia sosteneva che il servizio non forniva informazioni aggiornate, in particolare riguardo alla dissociazione di Missi dalla Camorra nel 2007 e dalla sua assoluzione dalla condanna di strage e per detenzione di esplosivi.
Una richiesta che il tribunale di Roma ha rifiutato, rigettando la domanda per infondatezza. Si legge nella sentenza: “Quanto ritenuto diffamatorio dall’attore, in realtà, riguarda complessivamente una vicenda giudiziaria riportata fedelmente nel servizio, non ravvisandosi alcuna elaborazione personale o ricostruzione giornalistica non aderente ai fatti”.
La giudice Antonella Di Tullio aggiunge anche che il diritto all’oblio non è illimitato ma dev’essere ragionevolmente bilanciato tra il diritto alla protezione dei dati personali e il diritto della collettività alla conoscenza di fatti di interesse pubblico: “La questione sui perché della strage e sui poteri che l’hanno voluta è ancora oggi aperta e dunque di evidente attualità sia per la collettività che per i familiari delle vittime; il diritto alla conoscenza di questi fatti, compresa la vicenda processuale che, nonostante le assoluzioni, ha visto imputati per strage Giuseppe Missi – all’epoca capo di un clan camorristico- e il deputato del Movimento Sociale, Abbatangelo, non può ritenersi limitato ad un contesto specifico, quale quello risalente alla data degli accadimenti narrati, come preteso dall’attore, visto il coinvolgimento in tale vicenda sia della criminalità organizzata che di esponenti politici e che ancora oggi ci sono aspetti da chiarire e da indagare, circa la matrice terroristica eversiva e/o mafiosa della strage”.
Una sentenza che fa ben sperare, dato l’abuso che ex condannati per mafia fanno del diritto all’obblio.
MicroMega se n’è già occupata nel caso di un documentario sempre di Giovanna Cucè per il TG1 del settembre 2022 sulla storia della giovane testimone di giustizia Rita Atria, documentario prima rimosso da Rai Play e successivamente ricaricato parzialmente censurato. Sono stati infatti oscurati i volti di tre individui (un condannato, uno assolto in appello e uno mai condannato secondo quanto si legge su Repubblica) i quali avevano denunciato il reportage per presunto negato rispetto del diritto all’oblio.
Rispetto all’episodio si era espresso anche l’Ordine dei Giornalisti, segnalando il pericolo che questo utilizzo del diritto all’oblio pone alla libertà d’espressione, d’opinione e all’autonomia dei giornalisti. 



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