Perché il 25 settembre andrò a votare

“Non voterò con convinzione, ma almeno di una cosa sono certa: avrò cercato di tenermi stretta la mia libertà e la mia Costituzione. Perché le due cose – libertà e Costituzione – sono indissolubilmente legate”.

Marilù Oliva

“Senza la libertà non muore nessuno, della libertà si può fare a meno. Infatti è la prima cosa alla quale i cittadini impauriti sono disposti a rinunciare. Al punto che spesso reclamano a gran voce di perderla, vogliono che sia loro tolta, non vogliono rivederla nemmeno dipinta, mai più, e acclamano chi viene a strappargliela e poi votano per lui”.
Inizio questo articolo con le parole di Javier Marías, purtroppo scomparso proprio in questi giorni, perché rispecchia la situazione dell’elettorato di oggi. I risultati li aspettiamo a metà tra sbigottimento e indignazione, eppure i sondaggi parlano chiaro e lanciano un sinistro presentimento sull’esito. Una fetta consistente del nostro Paese si è fatta incantare dal populismo cripto-fascio-retorico di Giorgia Meloni, questo spiega la loro posizione nei sondaggi, sondaggi in linea con una nazione dove la Storia del Novecento è la grande dimenticata, trascurata nelle scuole (e parlo anche del Secondo Novecento, non basta arrivare al Dopoguerra, i/le discenti devono sapere cosa è avvenuto proprio quando il Partito fascista avrebbe dovuto sparire dalla faccia della Terra e invece si è ricostituito sotto mentite spoglie. Dovrebbero sapere cos’è la P2, chi c’era dietro, il fenomeno del brigatismo, le lotte femministe e così via).

Perché Meloni è in testa, facendosi tra l’altro illegittimamente interprete dei diritti delle donne? Perché la sinistra non ha presentato una leader, tra le tante donne del partito (alcune molto in gamba)? Sono molte le amarezze che il Pd ha arrecato al suo elettorato negli ultimi anni. Gli ammiccamenti ai poteri forti, l’adeguamento al sistema dei clientelismi, il non aver preso posizioni nette di fronte a questioni importanti, il timore di inimicarsi una Chiesa con cui intrattiene rapporti reverenziali, la mancata coesione, l’incapacità di tenersi stretti gli affezionati, come lo sono stata io negli ultimi 20 anni. È come se il Pd avesse una malattia autoimmune che cerca di distruggerlo. O come se due soggetti esterni fossero entrati in incognito nel direttivo e portassero avanti una competizione, dicendosi l’un l’altro: “Vuoi vedere che rendo il partito discrepante con gli ideali che professa? Vuoi vedere che riesco a renderlo inviso persino ai suoi più accesi sostenitori?”. Ci si stanno mettendo d’impegno, questi infiltrati. E sto parlando del Pd ai vertici, non di quello delle amministrazioni locali, dove i politici – lo vedo qui a Bologna, ad esempio, o ogni volta che viaggio per presentare i miei libri e la politica spesso sostiene iniziative culturali – spesso lavorano con grinta e motivazione.

A tutto ciò va aggiunta una pessima gestione dell’immagine pubblica e un ufficio stampa assai scarso, con slogan propagandistici a dir poco imbarazzanti. Perché questo autolesionismo? Perché?
Io il 25 settembre andrò a votare per diversi motivi. Andrò a votare perché non credo nell’efficacia dell’astensionismo (e perché il diritto di voto secondo me è sacro, quindi voglio esercitarlo, anche se capisco chi, esausto per le delusioni, non si recherà alle urne per protesta). Non credo che l’astensionismo possa costituire un segnale, nel senso che a nessuno interesserà (nemmeno alla sinistra) se non per una questione di mero calcolo di convenienza. Senza contare che statisticamente ha sempre comportato un vantaggio per la destra (nel senso che coloro che non votano per protesta sono di sinistra, questo ci dicono le statistiche).

Andrò a votare per la coalizione di sinistra nella speranza che alla fine ci sia una grande forza che contrasti la destra. Perché, se non mi recassi alle urne, ciò significherebbe permettere alla destra di stravincere e io voglio essere un piccolo tassello di coloro che cercheranno di impedirlo. Qui a Bologna, ad esempio, lo spettro più probabile è che, nel caso in cui prevalga la destra, salirà al Senato Vittorio Sgarbi. La persona giusta per le alleanze di destra, di cui incarna i “valori” di prevaricazione (anche verbale), arroganza e conservatorismo.

Quello che io vorrei da un partito credo che lo chiedano in molti. E vorrei che non si esaurisse nei punti di un programma accattivante, ma venisse messo in pratica.

Qualcuno che abbatta i privilegi e si schieri seriamente a favore dei diritti dei lavoratori, magari risollevando anche il ruolo di sindacati assonnati.

Qualcuno che pensi a una distribuzione più equa delle risorse, con una tassazione che non colpisca così esosamente la fascia basso-media. Qualcuno, quindi che impedisca anche le porcate perpetrate dai grandi evasori a nostro discapito.

Qualcuno attento alle tematiche ecologiche, su grande scala. Qualcuno che davvero abbia capito che questo mondo non ci appartiene e se lo mandiamo a rotoli, precipitiamo giù con esso.

Qualcuno che non sia così screditato agli occhi delle nazioni estere da non esser preso minimamente in considerazione (il caso Regeni docet).

Qualcuno che risollevi il tessuto sociale, impegnandosi a favore di temi quali le differenze, la disoccupazione, le possibilità dei giovani, le minoranze, la cultura a 360 gradi (quindi cinema, musica, editoria eccetera), la sacrosanta istruzione e che abbia il coraggio di introdurre nelle scuole quell’ora di educazione sessuale (quindi prevenzione delle malattie, anatomia, ecctera) cui i ragazzi e le ragazze di oggi suppliscono tramite altri canali, quali YouPorn. La chiedono in molti a gran voce: perché ci ostiniamo a negarla? Forse per l’ennesimo ossequio a una Chiesa ancorata a princìpi obsoleti?

Siamo in molti a insistere su questi punti che, lo so, non mancano in alcuni programmi, ma, come dicevo sopra, occorre anche l’applicazione di questi bei concetti. Chiediamo troppo? Eppure sono passaggi imprescindibili se vogliamo vivere in un Paese civile e sviluppato.

Non voterò con convinzione, lo ammetto, ma almeno di una cosa sono certa: avrò cercato di tenermi stretta la mia libertà – per ricollegarmi alla citazione di Javier Marías –  e la mia Costituzione. Perché le due cose – libertà e Costituzione – sono indissolubilmente legate.



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