Elezioni amministrative, bilancio del primo turno: chi vince e chi perde

Se unita, vince la destra. Dei quattro capoluoghi di regione in cui si è votato tre vanno al centrodestra. Ma è inutile dare una proiezione nazionale a una simile tornata elettorale.

Mario Barbati

Alle elezioni amministrative del 12 giugno vince la destra dove si presenta unita, va al ballottaggio in svantaggio rispetto al centrosinistra dove Meloni e Salvini sono divisi. Dei quattro capoluoghi di regione in cui si è votato, tre vanno al centrodestra al primo turno: Genova, Palermo, L’Aquila. A Catanzaro, dove Fratelli d’Italia presentava una candidata diversa da quello della Lega, si va al ballottaggio che si svolgerà il 26 giugno. Anche a Parma e a Verona, dove la destra è spaccata, il centrosinistra tiene ed è in vantaggio.

Si parlerà di test politico, di vincitori e vinti a livello nazionale, in realtà le elezioni amministrative hanno una loro specificità e gli elettori – giustamente – guardano soprattutto a chi dovrà amministrare le loro città, piuttosto che alle dinamiche nazionali. Sbagliato quindi proiettare le elezioni locali, dove tra l’altro si presentano innumerevoli liste civiche, con le politiche nazionali. Indicano comunque tendenze a macchia di leopardo dell’opinione pubblica, anche se non è un test importante come quello dello scorso ottobre (Roma, Milano, Bologna e Napoli).

Il tema forse politicamente più interessante è la gara interna alla destra tra Fratelli d’Italia e Lega. Meloni e Salvini alla vigilia hanno mostrato compattezza nel comizio di Verona (“Non faremo la fine di Romeo e Giulietta” ha detto Donna Giorgia). La scelta di opposizione attendista al governo dell’ammucchiata Draghi sta pagando, perché il partito di Meloni è primo nei sondaggi nazionali e supera la Lega a Verona e a Parma. Il voto di ieri, tuttavia, conferma che dove Fratelli d’Italia corre con un candidato diverso perde; quindi, il centrodestra sarà costretto a presentarsi unito alle elezioni politiche, lasciando decidere il primato per la leadership a chi avrà più voti.

Elezioni Genova

A Genova, il sindaco uscente Marco Bucci, che è stato anche commissario per la ricostruzione del ponte, viene riconfermato al primo turno. Si è presentato come civico sostenuto da Fi-Lega-FdI e da Italia Viva, superando come da previsioni Ariel Dello Strologo, avvocato e presidente della comunità ebraica, candidato del campo progressista Pd-5 stelle.

Elezioni Palermo

A Palermo, finisce l’era di Leoluca Orlando e la destra si riprende la città. Due arresti per voto di scambio politico mafioso alla vigilia del voto: Pietro Polizzi, candidato di Fi (“Se sono potente io…siete potenti voialtri” ha detto intercettato al boss Agostino Sansone) e Francesco Lombardo, candidato di FdI (“Ciao Sangu” lo ha salutato il boss di Brancaccio Vincenzo Vella). Certi temi fanno risvegliare Berlusconi, che dopo aver votato per i referendum a Milano ha attaccato i giudici anziché gli arrestati. Il Pd aveva chiesto il ritiro di Roberto Lagalla, ex rettore dell’università di Palermo, sostenuto da tutto il centrodestra e da due pregiudicati per mafia come Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri. Risultato: Lagalla vince al primo turno, superando Franco Miceli, presidente dell’ordine degli architetti, candidato di Pd e 5 stelle.
Per vincere al primo turno a Palermo bastava il 40%; 174 presidenti di seggio hanno rinunciato a svolgere il loro ruolo nel giorno in cui il Palermo calcio ritornava in serie B, tanto per fotografare il livello civico e lo stato moribondo della nostra democrazia.

Elezioni Verona

A Verona, città storicamente di destra, va al ballottaggio con un buon vantaggio Damiano Tommasi, ex calciatore ed ex sindacalista dei calciatori italiani, candidato di Pd e 5 stelle. La destra paga la spaccatura tra il sindaco uscente Federico Sboarina, ex Lega passato a Fratelli d’Italia sostenuto sia da Meloni che da Salvini, arrivato secondo, e Flavio Tosi, sostenuto invece da Forza Italia e Italia Viva, ex sindaco dal 2007 al 2017, espulso dalla Lega. I voti di Tosi saranno decisivi al ballottaggio.

Elezioni Parma

A Parma finisce l’era Pizzarotti (primo sindaco 5 stelle e rapidamente primo dissidente di una certa rilevanza). Vanno al ballottaggio Michele Guerra, sostenuto dal Pd e dalla lista Pizzarotti ma non dai 5 stelle che non si sono presentati, e Pietro Vignali per Lega e Forza Italia, già primo cittadino dal 2007 al 2011, costretto a lasciare dopo essere stato arrestato e aver patteggiato per corruzione. Fratelli d’Italia aveva un candidato autonomo, Priamo Bocchi, che arriva quarto.

Elezioni L’Aquila

A L’Aquila riconferma per il sindaco uscente Pierluigi Biondi, candidato di tutto il centrodestra, che stacca Stefania Pezzopane, appoggiata da 5 stelle e Pd, che arriva terza superata anche da Di Benedetto, candidato di Calenda.

Elezioni Catanzaro

Anche a Catanzaro, con il centrodestra diviso, si andrà al ballottaggio: Valerio Donato, ex Pd e ora sostenuto da Lega e Forza Italia, sfiderà Nicola Fiorita, candidato del campo largo, con Pd, 5 stelle e altre forze del centrosinistra. Correva da sola Wanda Ferro, senatrice e candidata della Meloni.

Bilancio delle elezioni amministrative

Vediamo adesso in rapida carrellata come ne escono i leader.

Enrico Letta – Il suo obiettivo è diventare primo partito in competizione con quello della Meloni, la seconda sfida è la costruzione del cosiddetto campo largo, convinto che in alleanza con i 5 stelle bisogna affiancare Renzi, Calenda, Bonino che perseguono invece l’estinzione dei 5 stelle. Pensando che sommando tutto si possa battere la destra, per farne cosa con visioni politiche opposte non si sa.

Giuseppe Conte – Si sta differenziato il più possibile dal Pd e dalle politiche di governo, provando a ridare identità al movimento che l’ha persa soprattutto con l’ingresso nel governo Draghi. Resta poco incisivo a livello locale, basti pensare che cinque anni fa il M5s a Palermo era primo partito e alle regionali siciliane secondo.

Giorgia Meloni – Con il suo partito primo nei sondaggi ha lanciato la sfida a Salvini nelle urne e con i voti veri, dimostrando che se lei si stacca la destra perde. Il suo obiettivo resta essere il primo gruppo parlamentare nella prossima legislatura.

Matteo Salvini – È in caduta libera dai tempi del Papetee, sta perdendo la leadership nel centrodestra, ha perso anche la sfida dei referendum, le sue mosse politiche sulla guerra sono da neurodeliri. Ha evidenti difficoltà interne al partito, con Zaia e Giorgetti ormai rivali per la leadership.

Silvio Berlusconi – Nei sondaggi nazionali il suo partito mantiene percentuali dignitose, poco incisivo ormai a livello locale. Se alle prossime elezioni nessuno dei due schieramenti dovesse prevalere, resta il solito ago della bilancia nei governi delle ammucchiate e delle emergenze nazionali.

Carlo Calenda – appoggia candidati di diverse coalizioni, in altri comuni propone candidati suoi, avanza la candidatura di Letizia Moratti per le prossime regionali in Lombardia. Il suo obiettivo resta cancellare i 5 stelle dal panorama politico e promuovere una maggioranza di unità nazionale, possibilmente con Draghi al governo.
La prossima primavera, le elezioni politiche nazionali verteranno su temi che esulano dalla scelta dei sindaci: il lavoro, il salario minimo, le devastanti conseguenze economiche della guerra, il debito italiano e le scelte del Pnrr.
Con l’attuale legge elettorale, è indubbiamente favorita la destra di Fi-Lega-FdI, con probabile prima lista quella della Meloni. È utile ricordare, tuttavia, che dal 2011 in Italia si presentano coalizioni mai rimaste tali dopo il voto, formando in parlamento maggioranze, e quindi governi, mai dichiarate prima agli elettori.

CREDIT FOTO: ANSA / IGOR PETYX

 



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