Non tutto è perduto. Andiamo a votare!

Non si vota per il governo ma per il parlamento. Non conta dunque solo chi vince e chi perde ma anche quanto forti saranno le opposizioni.

Cinzia Sciuto

Diciamoci la verità, in questa campagna elettorale ci siamo tutti fatti prendere dalla rassegnazione e dalla frustrazione. Incomprensibili scelte dei leader dei partiti di centro-sinistra hanno indotto molti di noi a pensare che non valesse neanche la pena andare a votare, tanto la vittoria del centro-destra è certa. Si tratta però della classica profezia che si autoavvera: più siamo convinti di “perdere” più siamo tentati dal non voto e più la sconfitta è certa.

Questa, quindi, sarebbe già un’ottima motivazione per andare a votare: non è affatto vero che i giochi sono fatti, e occorre fare dunque di tutto affinché la profezia non si autoavveri o almeno non nelle proporzioni in cui si annuncia.

Ma c’è un’altra considerazione che deve spingerci ad andare ai seggi domenica. Noi non viviamo – ancora – in un regime in cui chi vince ottiene un potere assoluto e gli altri stanno a guardare per quattro anni. Nonostante la legge elettorale faccia di tutto per farci pensare il contrario, noi domenica noi non votiamo per il futuro governo ma per il nuovo parlamento e ogni spostamento di anche piccole percentuali può sfociare in configurazioni parlamentari non prevedibili. Con la storia della governabilità ci hanno quasi fatto dimenticare che noi viviamo in una repubblica parlamentare dove non conta solo chi vince, ma anche quanto forti sono le forze di opposizione in parlamento.

E non è una magra consolazione: un’opposizione forte, che possa contare anche sul sostegno della popolazione nelle piazze, potrebbe fare la differenza. Per esempio, per impedire che venga stravolta la Costituzione repubblicana o per vigilare con grandissima attenzione sui tentativi di limitare alcuni diritti, a partire da quello all’aborto.

È dunque dovere democratico andare a votare. Un voto che non sarà di pura testimonianza ma già anche di lotta.



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