Elezioni comunali di maggio, conferme e speranze

Ai ballottaggi il centrodestra arriva in vantaggio quasi dappertutto. Si spera che si ripeta l’effetto-Udine: dove la metà di sinistra della mela elettorale si è improvvisamente ritrovata, al di là delle solite divisioni.

Mauro Barberis

Le prossime elezioni, in Italia, non saranno le Europee dell’anno prossimo, ma le comunali di questo maggio, la cui tranche maggiore – 13 capoluoghi di provincia, di cui uno di regione, Ancona, per un totale di un milione e 400.000 elettori, oltre il 10% dell’elettorato – si è svolta, per il primo turno, fra domenica e lunedì; un altro milione di elettori sarà coinvolto entro la fine del mese, in quattro regioni a statuto speciale. Campagna elettorale permanente, dirà qualcuno. Ma la cosa non dipende tanto dalle date, che anzi si cerca di accorpare in appositi election day, quanto dall’atteggiamento di governanti e cittadini. Meno i cittadini si sentono coinvolti dalla politica, cioè, e più i governanti si dedicano alla propaganda, invece che al governo.

La prima ragione per cui le comunali sono importanti è proprio il riscontro sul calo dell’affluenza che ha interessato persino le politiche di settembre. Fra le tante ragioni della recessione democratica – il processo globale per cui solo il 20% degli umani, ormai, è governato da democrazie – la disaffezione elettorale ovviamente c’entra: specie se riguarda, come qui, le amministrazioni locali, che dovrebbero interessare proprio tutti. Bene, anzi male, il trend è continuato, anche se con una piccola ripresa rispetto alle ultime regionali, e il perché sembra strutturale, non episodico. Se ci si (dis)informa su internet, le priorità dei potenziali elettori sono determinate dall’algoritmo di Google, che mette le news in ordine d’importanza. Così, se l’interesse per la cosa pubblica oggi cala, diminuirà ancor più domani, sinché a votare andremo solo io e i miei quattro (e)lettori.

La seconda ragione dell’importanza delle comunali è la conferma di un altro trend globale: sarà vero che nelle grandi città è favorita la sinistra – come ci ha ricordato anche l’ultima gaffe del ministro Valditara, sugli affitti agli studenti nelle metropoli governate dal centrosinistra – mentre nelle piccole e nelle campagne prevale la destra? Anche qui si è avuta una parziale conferma: delle poche città assegnate al primo turno la maggiore, Brescia, è andata al centrosinistra, che invece arranca in Toscana e ad Ancona. In realtà, la sinistra è più concorrenziale nelle città per un altro motivo: il meccanismo elettorale a doppio turno, che permette di riunire al secondo turno la metà dell’elettorato che va divisa al primo, cosa che potrebbe avvenire ai ballottaggi, fra dieci giorni. Questo meccanismo, che personalmente estenderei alle politiche, è entrato perciò fra i bersagli della destra: che vorrebbe abolirlo, cambiando l’unica legge elettorale che funziona.

La terza è più importante ragione dell’importanza delle comunali, naturalmente, è che consentono di fare il punto su questi otto mesi di governo della destra, iniziato dalle quisquilie propagandistiche (il decreto contro i rave party) ma che ora punta al bersaglio grosso: che non è il controllo della Rai, ma la stessa Costituzione. Certo, alle comunali ognuno vota solo per eleggere il sindaco e la migliore amministrazione possibile: ogni città, a partire da Imperia che si è riconsegnata a Scajola senza simboli di partito, fa storia a sé. Ma sui grandi (o piccoli…) numeri, invece, finiscono per pesare interrogativi inquietanti per le sorti stesse della nostra democrazia.

Non sembra bastato, per ora, l’effetto-Schlein, che ha permesso di recuperare qualche astenuto ma, paradossalmente, ha approfondito il solco con il M5S, in concorrenza per la stessa fetta di elettorato. Non sembra aver prodotto grandi reazioni, stavolta, neppure l’occupazione sistematica da parte della destra delle cariche di sottogoverno: spoils system comune alla sinistra, ma che nel caso del governo Meloni appare più sfrontato e famelico, motivato com’è da ottant’anni di digiuno. Il caso Fazio, poi, con le scomposte reazioni di giubilo del solito Salvini, ricorda l’editto bulgaro di Berlusconi. Adesso aspettiamo i ballottaggi, cui però il centrodestra arriva in vantaggio quasi dappertutto, sperando che si ripeta l’effetto-Udine: dove la metà di sinistra della mela elettorale si è improvvisamente ritrovata, al di là delle solite divisioni.

Foto Canva | Vladstudioraw



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