Elezioni in Turchia, verso il ballottaggio del 28 maggio. Intervista ad Alessia Chiriatti.

Dopo vent’anni, il presidente turco Erdoğan è costretto ad un ballottaggio contro il suo rivale socialdemocratico Kemal Kılıçdaroğlu, capo del Partito Popolare Repubblicano. Abbiamo chiesto un commento alla dottoressa Alessia Chiriatti, responsabile del Programma Formazione Istituto Affari Internazionali e ricercatrice dell'Istituto per il programma Mediterraneo e Medio Oriente e Africa.

Roberto Rosano

Dopo vent’anni, il presidente turco Erdoğan è costretto ad un ballottaggio contro il suo rivale socialdemocratico Kemal Kılıçdaroğlu, capo del Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP), il più grande partito di opposizione, erede del partito di Atatürk. Il secondo turno è previsto per il 28 maggio. La maggioranza parlamentare rimane, invece, nelle mani del presidente uscente. Abbiamo chiesto un commento alla dottoressa Alessia Chiriatti, responsabile del Programma Formazione Istituto Affari Internazionali e ricercatrice dell’Istituto per il programma Mediterraneo e Medio Oriente e Africa, nonché membro dell’Editorial Committee della rivista “The International Spectator”, dell’European Cooperation in Science and Technology e mentor per Gem-Diamond (Marie Skłodowska-Curie Doctoral Network Joint Doctorate).

Dottoressa Chiriatti, condivide l’idea che queste siano le elezioni più importanti del 2023?
Sono sicuramente molto importanti non solo per il paese turco, ma anche per la politica estera turca, sul suo orizzonte regionale e internazionale. Sono state definite elezioni storiche perché avvengono a 100 anni dalla nascita della Repubblica turca nel 1923; sono analogamente storiche perché si posizionano a vent’anni dall’arrivo sulla scena politica dell’Akp (il Partito di Giustizia e Sviluppo del presidente Erdoğan, il quale da allora governa la Turchia in maniera continuativa); sono inoltre importanti e storiche per via delle figure dei candidati alle presidenziali che si sono fronteggiati nella tornata elettorale del 14 maggio e che, a fronte dei risultati elettorali ottenuti al primo turno, si presenteranno al secondo turno del 28 maggio. Infine, possiamo aggiungere che le elezioni del 14 maggio in Turchia sono storiche anche per l’affluenza alle urne da parte dei cittadini turchi, affluenza che si è attestata intorno al 90% e che spiega l’importanza di queste elezioni per la Turchia.

Chi sono i principali candidati alle presidenziali in Turchia che, al primo turno del 14 maggio, hanno ottenuto il numero maggiore di preferenze e passano quindi, di diritto, al secondo turno? Senza trascurare ovviamente anche l’intera compagine politica e la composizione delle due principali coalizioni.
Da una parte abbiamo Recep Tayyip Erdoğan, il presidente uscente, leader del Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP), che ha creato una coalizione che racchiude all’interno il partito ultranazionalista del Movimento Nazionalista (MilliyetçiHareket Partisi, MHP), insieme a tre piccoli partiti, due dei quali di orientamento islamista. Dall’altro lato, invece, Kemal Kılıçdaroğlu, capo del Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP), il più grande partito di opposizione, erede del partito di Atatürk, e che guida l’Alleanza Nazionale (Millet İttifakı), detta anche Tavolo dei Sei, apparentemente in grado di intercettare le vere esigenze e preoccupazioni religiose, sociali ed economiche che attraversano la popolazione turca, da destra a sinistra. Accanto a questi due candidati, al primo turno si è presentato anche Sinan Oğan, già membro del partito MHP negli anni precedenti, il quale ha poi deciso, dopo essere stato espulso due volte dall’Mphp , di candidarsi in maniera indipendente dai due schieramenti principali. Durante la prima tornata elettorale del 14 maggio, ha ottenuto oltre il 5% dei voti spostando quindi l’ago della bilancia delle elezioni.

Cosa ha diviso così tanto gli elettori turchi?
Nonostante la significativa affluenza alle urne, l’elettorato turco, così come la popolazione turca, come già accaduto nella sua storia, risulta profondamente divisa e polarizzata. A pesare sulla scelta dei cittadini turchi in queste elezioni del 2023 c’è certamente la crisi economica, che imperversa nel paese dal 2018 e che ha causato una forte inflazione; ha pesato sicuramente il devastante terremoto del 6 Febbraio, che ha scatenato diverse e aspre critiche nei confronti dell’establishment governativo di Erdoğan; hanno pesato certamente anche le posizioni dei due candidati principali alle presidenziali, quindi Erdoğan e Kılıçdaroğlu, per via delle loro due visioni contrapposte di leadership, di democrazia, di rispetto dei diritti e di inclusione sociale. In questo momento, e soprattutto in vista del secondo turno del 28 maggio, è importante inoltre fare attenzione al voto espresso da parte dei più giovani…

Come hanno votato i giovani di Turchia?
Più di ogni altra fetta della popolazione, seppur con le dovute differenze tra le regioni più urbanizzate e quelle rurali In Turchia, esprimono la volontà di cambiamento e di cesura rispetto al passato. Ma occorre anche prestare attenzione a quello che è il risultato elettorale del partito nazionalista dell’Mhp, che ha ottenuto il 10% dei voti, e dello stesso Sinan Oğan che si attesta al 5% dei voti.

Perché le cancellerie europee tifavano per Erdoğan?
Certamente una rielezione di Erdoğan già al primo turno avrebbe significato per le cancellerie europee il fatto di potersi ritrovare con un leader con cui sono già abituate a trattare, per quanto la sua politica estera e i rapporti con gli alleati occidentali non siano sempre stati animati da cordialità e da distensione diplomatica. Dall’altro lato, invece, dobbiamo ricordare come la stampa internazionale, in alcuni casi, anche in maniera piuttosto forte abbia parteggiato e tifato per l’elezione di Kılıçdaroğlu, dichiarando apertamente come Erdoğan dovrebbe invece lasciare il passo al nuovo leader e allontanarsi dalla vita politica.

Si può parlare di un primo Erdoğan e di un secondo Erdoğan e, se sì, quando si sono dati il cambio?
Quando si parla di politica in Turchia è sempre importante ricordare quanto la politica interna e quella estera vivano in un rapporto osmotico. Certamente si può parlare di un cambiamento di rotta nell’orientamento strategico e politico di Erdoğan se lo si considera come conseguenza di fatti, sia domestici sia esterni alla Turchia, avvenuti nel corso del suo lungo governo. Un primo periodo può, quindi, essere identificato con la fase che va tra il 2002 e il 2010 con l’esplosione delle rivoluzioni arabe; un secondo Erdoğan, coincide proprio con il post-2010, quando la guerra in Siria al confine con la Turchia, assume sempre di più nel tempo i tratti di una questione di sicurezza nazionale. Ancor di più, se si pensa al dopo 2016, quindi al fallito colpo di Stato in Turchia, Erdoğan ha stretto le maglie, assumendo tratti sempre più autoritari e un carattere più muscolare in politica estera. Nell’ultimo periodo, infine, dopo il 2018 e con l’avvicinarsi delle elezioni nel 2023, il leader dell’Akp ha poi provato la strada della normalizzazione dei rapporti con i paesi del vicinato, anche nell’ottica di presentare al suo elettorato una Turchia forte, in grado di agire come attore regionale, smarcata dalle dinamiche spiccatamente europee e atlantiste.

Putin dice che, indipendentemente da chi vincerà le elezioni la cooperazione tra Mosca e Ankara “continuerà, si approfondirà e si espanderà”. È davvero così?
È certamente probabile che i rapporti tra Russia e Turchia restino saldi, soprattutto da un punto di vista economico, essendo Ankara e Mosca partner commerciali importanti. Ricordiamo che la Rosatom, e la Russia in generale, è parte del progetto per la centrale nucleare recentemente inaugurata ad Akkuyu, e sta cooperando con Ankara per i progetti delle centrali a Sinop e in Tracia. Ricordiamo anche che durante il meeting ad Astana, di ottobre 2022, Putin ha parlato della Turchia come del futuro hub energetico della regione. È dunque probabile che la Turchia resti alleata della Russia e non cambi radicalmente, con una politica spiccatamente pro-occidente.

Il fatto che la maggioranza parlamentare sia ancora nelle mani di Erdoğan come influirà su un possibile, futuro governo non erdoghiano?
Al momento è presto per dire quali saranno gli equilibri interni della Turchia dopo il 28 maggio: certamente peserebbe avere il Parlamento di un colore (quindi a maggioranza Akp) e il presidente della coalizione opposta, tanto da rischiare di avere una macchina governativa congelata, o quantomeno affaticata, su alcuni dossier.

 

Foto Flickr | openDemocracy



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