“Votare Pd non sarà mai un voto utile”: intervista a Luigi de Magistris

Parla il portavoce di Unione Popolare che dopo il sostegno di Jean-Luc Mélenchon ha incassato anche quello di Pablo Iglesias, fondatore di Podemos: “Vogliamo scardinare il sistema, dare voce a chi non ha voce. È il momento del voto necessario”.

Daniele Nalbone

L’Italia di cui abbiamo bisogno” è il titolo scelto per il programma elettorale di Unione Popolare, forza politica di quella sinistra che si è riunita intorno a Luigi de Magistris e che, nel rush finale di questa campagna elettorale estiva, dopo il sostegno di Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, ha incassato anche quello di Pablo Iglesias, fondatore di Podemos, che parteciperà il 17 settembre a un evento a Napoli insieme all’ex sindaco. Una campagna elettorale fatta di molti incontri, di “tanta piazza” e poca televisione. Una campagna elettorale che, come sottolinea a MicroMega il portavoce di Unione Popolare, “ha già ottenuto un successo insperato”, quello della raccolta di 60mila firma in tutta Italia per poter presentare la lista.

De Magistris, per iniziare le chiedo un giudizio su questa campagna elettorale. Cosa ne pensa?
Parliamo di una campagna elettorale anomala, “estiva”, che ha dato poca possibilità ai vari candidati di poter stare tra la gente. Questo “tempo concentrato” è stato, guardando alle principali forze politiche, una perfetta rappresentazione del loro modo di intendere la politica: una politica chiusa con quell’atteggiamento tipico di chi nel potere da così tanto tempo da preferire una stanza a una piazza. E chi invece è sceso in strada lo ha fatto urlando soluzioni urgentissime a una situazione catastrofica come se a parlare fosse un cittadino disperato quando, invece, si tratta delle stesse persone che governano ancora oggi. Mai come in questa campagna elettorale ho registrato un forte distacco della politica dal paese reale: da un lato abbiamo assistito all’accapigliarsi per le alleanze tutte incentrate sulle poltrone, alla disperata ricerca di uno scranno da occupare vista la riduzione del numero dei parlamentari; dall’altra, invece, rabbia, esasperazione, preoccupazione, disperazione. Noi abbiamo scelto e percorso un’altra strada: stare fra la gente, in piazza, per raccogliere 60mila firme in tutto il Paese.

Più volte avete denunciato una “sottoesposizione mediatica”, quasi una sorta di oscuramento, da parte del sistema mediatico. Crede che questo potrebbe penalizzarvi?
Guardando i telegiornali è assolutamente evidente come Unione Popolare non sia praticamente esistita, eppure abbiamo un portavoce nazionale che è stato eletto tante volte e a diverse cariche a fronte, invece, di candidati che nella loro vita hanno preso pochi voti e in poche occasioni che però sono stati presenti continuamente nei classici “pastoni” politici. Per fortuna, in quanto portavoce, ho avuto invece sufficiente spazio nei luoghi di approfondimento, sia nella carta stampata che in radio e in alcuni programmi tv. Ma la penalizzazione dovuta all’assenza nei telegiornali è sicuramente forte.

Mai come questa volta, guardando al centrosinistra, con la quasi certezza di una vittoria della destra guidata stavolta da Giorgia Meloni è alto il richiamo al “voto utile”, leggasi al Partito Democratico, nell’ormai disperato tentativo di non assistere a una stra-vittoria del populismo e del sovranismo. Ovviamente per Unione Popolare la chiamata al “voto utile” è l’esatto opposto, “un nemico”.
Quante volte siamo stati costretti a sentire questa litania? Da quanti anni? Personalmente non ho nessun dubbio, invece, che mai come questa volta il voto utile non esista per due motivi principali. Il primo: chi fa appello al voto utile – il Pd – oggi sta ancora governando con la destra, con Berlusconi e Salvini. Il secondo: chi fa appello al voto utile – Enrico Letta – pochi giorni prima che si sciogliessero le camere ha partecipato a un dibattito con Giorgia Meloni riconoscendole un “ruolo necessario per le riforme democratiche”. Di che voto utile parliamo?
Mai come questa volta, invece, ci sono schieramenti talmente diversi, opposti, da consentire a ognuno di poter votare secondo i propri ideali, ed è un bene dopo essere stati schiacciati per mesi dal pensiero unico del draghismo. In questo scenario Unione Popolare ha un solo obiettivo: dare voce a chi non ha voce. Up è l’unico voto necessario contro la destra e il consociativismo, per avere una vera opposizione in Parlamento, per contrastare da sinistra un Partito Democratico che ormai di sinistra non ha più nulla: è il principale azionista del governo Draghi, il partito del Jobs Act, della guerra all’articolo 18, della “buona scuola”, del nucleare, degli inceneritori. Unione Popolare rappresenta invece un campo nuovo, nato con le giuste alleanza a livello internazionale: Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, e Pablo Iglesias, fondatore di Podemos.

Davanti, come Unione Popolare, avete lo scoglio del 3% per entrare in Parlamento. Le chiedo: qualora il voto non vi premiasse, dobbiamo aspettarci la fine dell’esperienza di Up o il progetto continuerà?
Io credo fortemente in questo progetto. Per la prima volta da non so quanti anni ho a disposizione il tempo necessario da dedicare all’organizzazione politica. Personalmente avverto l’assenza di una sinistra costituzionalmente orientata, pacifista, ambientalista, antifascista, per i beni comuni. Da qui la mia decisione di impegnarmi attivamente in questa sfida. Ci credo davvero tanto, altrimenti non ci avrei messo la faccia, e sono consapevole di quanto sia difficile superare lo sbarramento del 3%. Ma, al tempo stesso, devo dire di non essere preoccupato dal risultato elettorale: l’inizio di Unione Popolare, e ritorno sulle 60mila firme raccolte in piena estate in tutta Italia, è andato oltre i migliori auspici. Siamo riusciti a costruire liste con candidati importanti, dalla chiara storia di sinistra, abbiamo avuto endorsment europei che ci hanno confermato la bontà della strada intrapresa. Se andremo in Parlamento avremo dalla nostra una forza propulsiva che consentirà a Up di fare un enorme salto in avanti, di bruciare diverse tappe. Se non sarà così, continueremo a lavorare a un progetto che è nato per crescere nei territori, che avrà diversi momenti assembleari costituenti. La mia promessa al popolo della sinistra è questa: Unione Popolare non sarà un progetto a termine come non è un accrocchio di sigle. E non è e non sarà un partito personale. Stiamo costruendo quel campo aperto che mancava da troppo tempo. Questo è il mio obiettivo.

Parlamento o non parlamento, prima o poi Up sarà chiamato a prendere alcune decisioni in relazioni a possibili alleanze. Non potete immaginare di camminare sempre e soltanto da soli.
Io parto dalla mia storia: il mio partner è il paese reale, le associazioni, i movimenti, i centri sociali, gli amministratori locali, la sinistra di base. Io guardo solo al mondo vasto della sinistra che lotta contro le mafie, per difendere l’ambiente, per contrastare discriminazioni e disuguaglianze. Sono questi gli interlocutori che possono consentirci di fare la rivoluzione. Alle alleanze penseremo solo una volta in Parlamento. Sicuramente possono esserci dei punti di contatto con qualche forza politica, penso al M5s su alcuni temi, o con partiti che oggi sono andati altrove ma un domani, se prevalesse la spinta della base, potremmo incontrare sulla nostra strada, e penso a Sinistra Italiana e ai Verdi, i cui leader, Fratoianni e Bonelli, per scelta verticistica e “di poltrone” hanno deciso di guardare al Pd. Di certo è impensabile, oggi, allearsi con leader come Giuseppe Conte, campione di trasformismo, che non ha avuto problemi a governare con Salvini e che oggi prova a raccontarsi come “la scelta giusta”. E poi Conte non è certo di sinistra.

Una speranza e un timore guardando al 26 settembre al “giorno dopo” il voto.
La speranza è svegliarmi e vedere Up aver superato ogni più rosea aspettativa: sarebbe la svolta per non lasciare solo alle piazze la rabbia e l’esasperazione delle persone. Il timore, invece, è dover constatare di non essere riusciti, in soli due mesi, a far conoscere una forza politica neonata: sarebbe un risultato che non rispecchierebbe l’impegno straordinario di militanza messo in campo da tutti coloro che si sono riconosciuti in Unione Popolare. Ma non sarebbe la fine di questo percorso che vedo come un grimaldello per scardinare l’attuale sistema.



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