Elezioni, Fabrizio Barca al centrosinistra: “Che rabbia! Ma avete due settimane per cambiare rotta”

Per il coordinatore del Forum DD “nei programmi ci sono spunti interessanti: parliamo di questo e date spazio ai candidati di valore, solo così si potranno convincere gli indecisi ad andare alle urne”.

Daniele Nalbone

In vista dell’appuntamento elettorale del 25 settembre il Forum Disuguaglianze e Diversità, partendo dal lavoro di ricerca, proposta e azione contro le disuguaglianze che svolge da oltre quattro anni, ha creato uno strumento per consentire agli elettori di mettere a confronto e valutare meglio programmi e candidature dei vari partiti. Partiamo da qui, quindi. Come giudica i programmi e le candidature delle varie forze politiche?
In generale devo constatare che oggi i programmi – pur con forti debolezze – sono migliori delle parole, dei gesti, delle immagini che stanno caratterizzando la campagna elettorale. Peccato che i partiti abbiano scelto di non portare nel dibattito i contenuti dei loro programmi schiacciandosi invece su parole sincopate, slogan fiscali senza conti o di geopolitica formato nostrano, gesti.  Nel merito, devo sottolineare che rispetto alle due tematiche centrali del nostro lavoro come ForumDD, giustizia sociale e giustizia ambientale, c’è una grande differenza tra i programmi di sinistra e quelli di destra: non è una sorpresa, ovviamente, ma visto che si parla ovunque di scomparsa della sinistra credo sia utile sottolineare questo dato. Terza considerazione: si intravedono, ed è questa la cosa che mi fa più rabbia, alcuni spunti interessanti nelle formazioni di sinistra e di centrosinistra e perfino in alcune forze del centro che in un paese normale potrebbero diventare, a voto avvenuto, occasione di confronto e compromesso. La rabbia è dovuta al fatto che non solo il sistema elettorale ma l’incapacità di costruire accordi vanificano queste assonanze. In un Paese sanamente proporzionale alcuni punti dei vari programmi sarebbero stati al centro della campagna elettorale prima e del confronto post-voto dopo. In Italia, invece, non sarà così. Da qui la mia rabbia nei confronti dei partiti del centrosinistra e della sinistra.

Spostandoci dai programmi alle candidature, ritiene ci sia qualcosa di interessante da evidenziare? Anche a livello di nomi.
Andando a guardare in giro per il Paese troviamo figure decisamente interessanti. Per questo come ForumDD abbiamo chiesto a candidati e candidate di esprimersi, di rispondere ad alcune domande: visto che la campagna elettorale è quella che è, possiamo almeno vagliare le persone per quello che hanno fatto nella propria vita. Hai fatto politica tramite dialogo sociale? Ci racconti una storia della tua storia? Riesci a dimostrarci che hai dentro di te il sale della democrazia? Ci dai prova della tua autonomia? Ci dici “la cosa” per cui di impegnerai fino allo stremo in parlamento? Che rapporto intendi costruire con chi ti eleggerà? Queste sono domande a nostro parere interessanti per fare una scelta il prossimo 25 settembre. Le ha riprese L’Espresso. Aspettiamo le risposte.

In pratica, la sua tesi è: non potendo puntare sulle forze politiche, meglio andare sui singoli. E torno ai nomi. Ne vuole evidenziare qualcuno che risponde a questa sorta di identikit?
Penso a Elena Comelli a Milano, a Susanna Camusso in Campania, a due punti di riferimento per molti di noi come Elly Schlein e Rossella Muroni. E ancora all’ex rettore dell’Università di Camerino, Fulvio Esposito, candidato in un collegio difficile come quello di Macerata: lui ha dato un gran contributo a modificare la valutazione della terza missione dell’università, il suo impatto sociale. E ci sono altre e altri.

Alla luce degli spunti interessanti che si trovano in alcuni programmi di centrosinistra e di sinistra e di alcune candidature che hanno nel loro dna “giustizia sociale” e “giustizia ambientale”, crede che si sia persa un’occasione?
Il tuo giudizio è troppo buono. Siamo proprio al cospetto di una partita mal giocata. Vorrei gridare ai vertici dei partiti di centrosinistra e di sinistra: “Non siamo in Germania, sveglia!”. Abbiamo una legge elettorale folle ma neanche questo è bastato per trovare una qualche forma di accordo tra le varie forze di centro-centrosinistra-sinistra partendo dai punti condivisi che, ripeto, emergono dai programmi elettorali. Sarebbe stato sufficiente anche solo un accordo di desistenza – ne parla Edoardo Novelli su Domani – , un meccanismo per il quale – sulla base dei nomi presentati da ogni forza politica – si fossero fatti dei passi indietro creando le condizioni perché quelle persone che si sentono “di sinistra” o “di centrosinistra” non finissero per dividere il proprio voto e contribuire così alla vittoria dell’avversario di destra.  Il Partito Democratico e il Movimento 5 stelle hanno sbagliato nei loro rapporti, impedendo di costruire un “correttivo democratico” alla legge elettorale.

Guardando alle due forze politiche che ha nominato, non crede che le responsabilità maggiori siano da ricercare dentro al Partito Democratico? In fondo è il principale partito del centrosinistra, guardando i numeri. E per questo dovevano essere i vertici del Pd a gettare le basi per un accordo.
Credo che le colpe siano, in parti uguali. Certo, il Partito Democratico ha un’aggravante culturale: parla continuamente di responsabilità. Ma responsabilità verso chi? Verso i più vulnerabili del Paese? Non sembra, vista la tattica adottata. Non era proprio possibile passare oltre le polemiche scaturite dalla fine del governo Draghi? Già allora si era capito come sarebbe andata a finire: una bella mattina, dopo aver governato anche con Salvini, il M5s ha scelto di rendersi conto che stava sostenendo un governo neoliberista; la stessa mattina, di fatto, il Pd ha eletto a “programma di governo” la fantomatica “agenda Draghi”. Conte ha scelto tatticamente, come fece a suo tempo Forza Italia con il governo Monti, di essere il primo a rompere i ranghi e ha trovato la solerte disponibilità del Presidente del Consiglio. Le tattiche sono un pezzo, pur sgradevole, della politica ma ci stanno. E tuttavia non possono andare a scapito di un Paese. Ora la domanda è: dove sono queste insanabili differenze tra 5 stelle e dem? Io nel programma del Pd, per fortuna, non vedo la famosa “agenda Draghi”.

Perché un giovane, un precario, uno studente, domenica 25 settembre dovrebbe uscire di casa per andare a votare? Mi dia anche una sola motivazione.
Durissima domanda. Oggi posso solo dirti: se hai una candidata o un candidato di sinistra o centrosinistra che ti convince, che per te quadra, ad esempio, rispetto alle domande che il ForumDD suggerisce, vota e porta altre e altri al voto. Ma ci sono ancora una manciata di giorni e … si potrebbe fare di più. Se da domani mattina i partiti smettessero di parlare di cose lontane o di puntare tutto sui rischi della vittoria avversaria, e ognuno evidenziasse con precisione i punti fermi del proprio programma dando la sensazione di volersi curare dei più vulnerabili, di volere riequilibrare poteri, ci potrebbe essere un risveglio di quello che viene chiamato il partito degli astenuti. Se, ad esempio, si discutesse sul serio di reddito di cittadinanza, si scoprirebbe che Fratelli d’Italia, più di altri, ha colto la necessità di separare, in un provvedimento riformato, gli interventi per il lavoro da quelli per l’assistenza ma, attenzione, si scoprirebbe anche la grave distorsione e ingiustizia delle categorie che secondo FdI resterebbero beneficiarie: le famiglie con minori, i sopra-60 anni. Ma come? Cosa avete in testa? Che vadano tirate via dalla povertà solo le persone che, a vostro dire, non possono lavorare? E perché mai un genitore – la donna – di minore non dovrebbe lavorare? E un disabile, quando invece le esperienze migliori di accoglienza in società toccano il lavoro? E un anziano? Mentre maschi o femmine nel fiore degli anni o senza figli minori ma caduti in una spirale di povertà sono fuori dall’intervento?  Ecco che il confronto duro ci darebbe voglia di votare.
E ancora: leggendo i programmi, si notano altri due punti che sono stati messi nero su bianco praticamente da tutte le forze politica: la casa – con il connesso aumento di case popolari – e il reddito minimo. Dove sta il confronto su questi due temi fino a oggi? Zero. Eppure, PD, con Italia democratica e Progressista, e Unione Popolare propongono la creazione di 500mila case popolari senza uso aggiuntivo di suolo. Gli altri sono pronti a tradurre parole più vaghe in impegni? Quanto al salario, e parliamo del tema centrale per il futuro del Paese, su questo ribadisco la nostra opinione, come Forum: salario minimo legale, riconoscimento dei minimi contrattuali, triplicazione delle forze di ispezione per contrastare le irregolarità. Perché, è arrivato il momento di dirlo, le imprese che vivono di solo lavoro irregolare facendo concorrenza sleale a tutte le altre devono chiudere. Questa è una posizione che nessuno ha il coraggio di prendere. Ma è chiudendo queste imprese che si aumentano i livelli salariali e si aiuta la stragrande maggioranza di imprese sane. Ripeto: frammenti di queste cose sono in tutti i programmi, ma nessuno si è confrontato sui programmi. Ora mancano due settimane: se non si inizia a parlare di contenuti in profondità, beh, temo che, quando non hai un candidato giusto da votare, l’opzione astensione resti assai forte.

Lei ha parlato di “agenda Draghi” come, praticamente, hanno fatto tutti gli schieramenti, chi per appoggiarla e chi per discostarsene. Le chiedo: è così difficile, se non impossibile, discostarsi dalle politiche economiche neoliberiste?
L’esperienza di altri Paesi, peraltro più deboli di noi, ci dimostra che la possibilità c’è. Penso alla penisola iberica dove, pur con processi travagliati e momenti di “up and down”, sono in corso forme di – diciamo così – socialismo liberale, di nuove pratiche ormai entrate nel patrimonio culturale della classe dirigente. Un’alternativa, quindi, esiste ed è praticabile. Non solo. Aggiungo che il neoliberismo non è “scarsa spesa pubblica” come ci hanno fatto credere, ma “spesa pubblica decisa dalle oligarchie”, tanto è vero che l’ultimo governo ha aumentato il debito delle future generazioni. La questione è tutta nel come vengono spesi i soldi. In Italia: male e dall’alto. Il problema a mio avviso è culturale: la classe politica italiana è autolesionista, non è convinta del cambiamento possibile e quindi si auto-reprime fino a diventare incapace. Non solo: è malata di moderatismo. Per questo l’unica strada possibile è quella di un ricambio della classe dirigente, ma per farlo serve una scossa “dentro” e una scossa “fuori”. Scosse, attenzione, non autoritarie e non giovanilistiche come quella che si immaginò Renzi: serve, però, un ricambio conflittuale che espunga il moderatismo e l’autolesionismo dominante e crei spazi per le persone che, ribadisco, ci sono. E sono pronte a fare la loro parte.

Proiettiamoci alla mattina del 26 settembre. Ha una paura dell’Italia che sarà?
No, nessuna. Ho però molte preoccupazioni. Non ho paura perché siamo una democrazia solida con un tessuto sociale pronto a reagire, comunque vada troveremo il modo di farcela. Basta evocare mostri! Ho però due forti preoccupazioni. La prima, che la destra vinca – la speranza è l’ultima a morire – e che sia una vittoria talmente eclatante da inebriare i vincitori e liberare forze oscure di cui la destra accoglie il voto, pronte a scagliarsi contro i diritti civili, contro i diritti delle persone di ogni genere e orientamento sessuale, soprattutto contro i migranti. Una stra-vittoria potrebbe dare il via libera e queste realtà, anche contro le volontà dei loro “capi”, costringendo a una dura reazione a livello sociale. La seconda: se la destra vince, nessuno pensi anche solo lontanamente a un governo di unità nazionale. Se la destra vincerà, dovranno governare. Altrimenti sarebbe la negazione finale della politica e una grave lesione della democrazia.



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