Berizzi: “Bene il risultato di Verona, ma la partita contro la destra fascistoide è solo all’inizio”

Tommasi ha vinto perché è riuscito a tenere insieme una coalizione molto ampia ma anche perché le destre si sono spaccate. E non è affatto detto che la cosa si replicherà a livello nazionale.

Cinzia Sciuto

Paolo Berizzi conosce molto bene Verona e soprattutto la galassia delle sue destre, alla quale ha dedicato un libro. Con lui commentiamo la storica vittoria di Damiano Tommasi alle recenti amministrative.

Che cosa significa la vittoria di Tommasi per Verona?
Significa che la città si è liberata, almeno per ora, di una delle peggiori destre italiane. Io credo che a Verona ci fosse un’emergenza democratica che andava affrontata anche e prima di tutto dalla politica e credo che il campo progressista che ha espresso la candidatura di Damiano Tommasi abbia finalmente compreso, dopo anni, la natura di questa emergenza. A Verona non si era di fronte ad una semplice destra identitaria, prima leghista, poi sovranista al traino di Fratelli d’Italia, ma la partita era con una destra oscurantista, reazionaria, intollerante, che andava, e va, a braccetto con le camicie nere e che addirittura porta le camicie nere all’interno del governo cittadino, come è successo in questi 15 anni prima con Flavio Tosi e poi con Sboarina. Dal mio punto di vista la vittoria di Tommasi è anche una vittoria dell’antifascismo. Ci sono città, penso a Catanzaro, dove la sinistra ha vinto giocando la partita su temi come la legalità. A Verona ha vinto puntando prima di tutto sul tema dell’antifascismo, che a Verona, dopo anni, è venuto fuori con forza insieme alla Verona più virtuosa che prima sembrava un po’ schiacciata nell’angolo. E questo sebbene la figura di Tommasi – e questa è anche la chiave del suo successo – fosse una figura moderata, cattolica, che ha saputo convincere evidentemente anche l’elettore di centro.

Senza la spaccatura delle destre però questa vittoria sarebbe stata forse impossibile…
E questo è certamente l’altro lato della medaglia. Tommasi è stato molto bravo, non c’è dubbio, ma a questa vittoria ha molto contribuito il fatto che la destra a Verona si è frantumata, completamente spaccata tra due candidati che, se si fossero accordati per un apparentamento, avrebbero forse determinato un risultato diverso. I numeri ci raccontano infatti che Verona era e resta una città fondamentalmente di destra. Per cui l’emergenza destra a Verona non è affatto risolta. E se questa destra quando è al governo cittadino, come ha fatto con Tosi e Sboarina, spinge sui tasti dell’omofobia, della discriminazione, della divisione, della paura, dell’odio, figuriamoci cosa sono in grado di fare dall’opposizione! Insomma, dobbiamo avere ben presente che la partita non è affatto finita.


Quella di
 Tommasi rischia di essere una breve parentesi?

Mi auguro di no per lui e per il centrosinistra. Dopodiché se conosco un po’ la città, non posso ignorare che c’è un’anima e una componente forte della città che resta saldamente a destra e che, come accaduto in questi anni, continuerà ad appoggiare quei politici che terranno ferma la barra sui valori identitari di una certa Verona, la Verona che si chiude, la Verona per la quale non c’è mondo al di là delle mura, come Shakespeare fa dire a Romeo.


In una intervista uscita oggi su 
Repubblica Tosi si presenta quasi come un moderato democristiano. Tu però nel tuo libro sostieni che sia proprio con Tosi che è iniziato lo sdoganamento dei fascisti al governo al governo della città. Per cui Tosi e Sboarina non rappresentavano poi in fondo due destre molto diverse…

Chi ha seguito la politica della destra veronese in questi anni sa perfettamente che i rapporti tra i due sono caratterizzati da una forte antipatia personale più che da divergenze politiche di fondo. È verissimo che Tosi è stato il primo a portare i fascisti dentro il palazzo a Verona. Andava a braccetto con l’estrema destra. I suoi comizi si concludevano con “chi non salta tunisino è!”. Lo disse Bossi all’epoca che Tosi stava facendo entrare i fascisti nella Lega. Un’operazione portata poi avanti da Sboarina (non leghista) che all’epoca era suo assessore allo sport. Dopo di che, Tosi inizia una parabola politica un po’ curiosa, nel senso che da sindaco leghista diventa un moderato, cerca di trovare uno spazio al centro, ma facendo questa operazione perde consensi. Non a caso in questa campagna elettorale ha ripreso tutti i temi securitari che lo avevano portato al governo della città per due volte. E, anche se è arrivato terzo, Tosi ha comunque un consenso ampio in città, personalmente più ampio di quello di Sboarina.


Enrico Letta parla di “modello Verona” per l’Italia: può funzionare?

Sicuramente la scelta di aprire e di allargare il campo è stata vincente. Il primo merito che va ascritto a Tommasi è infatti quello di essere stato un candidato civico che ha saputo unire il campo del centrosinistra. Se questo può essere un modello nazionale, però, difficile dirlo perché spesso il voto amministrativo parla in un senso e quello politico in un altro. Di certo la sinistra se vuole sperare di vincere deve tornare a puntare sui temi che la caratterizzano: anitfascismo, diritti civili, solidarietà, lavoro, tutela dei ceti fragili, periferie. E poi per funzionare il “modello Verona” deve prevedere anche la spaccatura delle destre, cosa che vedo francamente difficile a livello nazionale.


Qual è la posta in gioco?

Penso che chi continua a definire l’antifascismo una battaglia di retroguardia non abbia capito che in Italia abbiamo un partito che ha ancora nel suo simbolo la fiamma del fascismo, quella stessa fiamma che arde sulla tomba di Mussolini, e che rischia di essere il primo partito alle prossime elezioni politiche. Un partito che ha un problema grosso come una casa con il fascismo e la cui leader è di fatto la leader della coalizione, come sta riconoscendo anche lo stesso Salvini in queste ore. Una destra che vorrebbe portare le lancette della storia indietro e che rappresenta un pericolo a lungo sottovalutato. Guardiamo al risultato di Lucca, dove il sindaco viene eletto anche grazie al sostegno della destra estrema. Ecco io credo e temo che se la sinistra non capisce che la battaglia da giocare è contro un nemico molto più insidioso di quanto finora si è pensato, l’esito sarà molto, molto aperto. Perché quando estrema destra, destra istituzionale e movimenti ultracattolici fanno sistema, vincono. Va tolto terreno alla destra populista che parla alla pancia di chi sta male e vive nell’incertezza convincendo la gente che se odi hai meno paura. E da italiano che crede profondamente nei valori della Costituzione repubblicana, antifascista, antirazzista, l’idea che possa andare al governo la leader di un partito che di fatto affonda la sua storia nella tradizione fascista mi preoccupa molto.

Credit foto: ANSA/CLAUDIO MARTINELLI



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