La sovranità appartiene ai fatti

Dall’ateismo “militante” al “trasformismo” della Chiesa, dal rapporto degli scienziati con la fede al ruolo della scienza nella nostra società, prima e durante la pandemia. Un confronto con il matematico impertinente che invita a distinguere il mondo delle opinioni, dove regna la libertà, da quello dei fatti, dove sovrani sono i dati. Una distinzione che molti umanisti faticano ancora a digerire.

Piergiorgio Odifreddi e Cinzia Sciuto

Cinzia Sciuto: Nel libro Il bonobo e l’ateo, nel quale l’etologo Frans de Waal tenta di spiegare come anche gli animali abbiano un sentimento religioso, l’autore a un certo punto si chiede: che cosa direbbe un bonobo se incontrasse un ateo? La risposta di de Waal è: gli direbbe di smettere di darsi tanto da fare a dimostrare che Dio non esiste. C’è invece un filone di pensiero, il cosiddetto New Atheism, da alcuni detrattori definito anche “ateismo militante” se non addirittura “ateismo fondamentalista”, del quale fanno parte diversi pensatori dichiaratamente atei che del proprio ateismo fanno anche una sorta di militanza civile e culturale, nel senso che ritengono non solo di avere ovviamente il diritto di essere atei ma anche che sia loro preciso dovere diffondere il pensiero razionalista e criticare anche severamente il pensiero religioso, che a loro parere provocherebbe non pochi danni alla società. Tra gli esponenti principali di questo filone ricordiamo Richard Dawkins, Sam Harris, Christopher Hitchens, Daniel Dennett. Un filone nel quale secondo me si iscrive anche il tuo lavoro di divulgazione scientifica, penso in particolare ai due bestseller, Il Vangelo secondo la scienza e Perché non possiamo essere cristiani. Ti riconosci in questo filone?

Piergiorgio Odifreddi: Ho sentito per la prima volta l’espressione “ateo fondamentalista” da un signore che si chiamava Harry Kroto, premio Nobel per la chimica. A differenza di altri suoi colleghi, che spesso rimangono sconosciuti perché fanno cose talmente esoteriche che solo coloro che lavorano in quel campo le ricordano, Kroto divenne famoso perché molti anni fa scoprì il fullerene, una molecola composta da 60 atomi di carbonio disposti in una struttura quasi sferica fatta di esagoni e pentagoni, come un pallone da calcio. Una scoperta che rappresentò l’inizio di quelle che oggi si chiamano nanotecnologie. L’ho incontrato diverse volte e ci siamo trovati spesso d’accordo su molte cose. Anche lui era ateo e mi raccontò che fino a un certo punto della sua vita il suo ateismo se l’era tenuto per sé, considerandola una questione personale e basta. Col passare del tempo invece avvertì sempre più spesso il bisogno di dichiarare il suo ateismo perché, diceva, al mondo ormai c’è così tanto fanatismo – lui pensava a certe frange estremiste dell’islam, ma anche del cristianesimo, in particolare del cattolicesimo – che bisogna forse iniziare a combatterlo con mezzi analoghi, con una sorta appunto di “ateismo fondamentalista”. Ricordo che questa espressione mi colpì. Io non credo di essere mai stato fondamentalista: ateo sì, ma fondamentalista no. Anche perché mi sembra che sia parte integrante dell’ateismo il fatto di non voler fare proselitismo, a differenza di molte religioni. Non tutte, è vero: per esempio l’ebraismo non è molto interessato a fare proselitismo mentre invece il cristianesimo in generale, e il cattolicesimo in particolare, come anche l’islam, sono non soltanto interessati, ma anche molto impegnati in questo campo. Agli atei non interessa “sconvertire” i credenti: se i credenti vogliono credere sono naturalmente liberi di farlo, la cosa importante è che non interferiscano con la libertà di fede degli altri, che naturalmente significa anche libertà di non avere nessuna fede.

Sciuto: Ma siamo proprio sicuri che agli atei non interessi “sconvertire” i credenti? Mi spiego: naturalmente l’ateismo non avendo una verità da annunciare non ha una inclinazione intrinseca al proselitismo e tuttavia per le sorti generali della società non è irrilevante il grado e il tipo di fede che i cittadini praticano. Se da un lato non c’è dubbio che le nostre democrazie liberali garantiscano la libertà di religione come uno dei diritti fondamentali, dall’altro è altrettanto indubbio che le “credenze” (religiose, filosofiche, ideologiche, politiche) di ciascuno di noi contribuiscono a creare il contesto sociale nel quale tutti viviamo, per cui non sono affare completamente privato. Insomma, non è irrilevante se in una classe delle elementari dei genitori convinti creazionisti protestino perché sia tolto il darwinismo dai programmi o degli altri genitori per le proprie convinzioni religiose impediscano alle loro figlie di frequentare le lezioni di biologia o di nuoto. O ancora, per andare a un tema dei nostri giorni, se degli insegnanti no vax pretendano di continuare ad andare a scuola invocando la propria “libertà”. Per cui possiamo dire che, se agli atei non interessa fare proselitismo sull’ateismo in sé, interessa invece molto (ma non solo agli atei naturalmente) diffondere il pensiero razionalista, con il che però di fatto si minano le basi della fede, che si fonda invece su un originario atto di affidamento irrazionale.

Odifreddi: Certamente, ma in questo caso non parlerei di conversione o “sconversione”, che hanno a che fare con la propaganda e la predicazione come metodi di convincimento. Nel pensiero razionalista, come dice già la sua qualifica, si usano invece ragionamenti: più che di predicazione e di indottrinamento, si tratta di spiegazione e di insegnamento, che sono cose diverse. Forse è una questione di atteggiamento e grado: per me la predicazione è attiva, mentre l’insegnamento è neutro.
Questo, almeno, in teoria. In pratica, riguardo ai due libri che tu hai citato, il primo, Il Vangelo secondo la scienza – il mio primo libro di divulgazione – ha un taglio più scientifico, più distaccato. Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) invece già dal titolo dichiarava effettivamente una presa di posizione piuttosto frontale nei confronti della religione. In questo libro non mi sono tanto occupato delle religioni come sono effettivamente né ho fatto un lavoro storiografico: mi sono semplicemente occupato dei testi. Se infatti ci mettiamo sul piano storico, dovremmo allora discutere anche delle ideologie politiche, per esempio, che quando messe in pratica spesso non sono così brillanti come nella teoria. Io invece volevo far vedere che era proprio la teoria della religione giudaico-cristiana – a partire dal Vecchio e Nuovo Testamento fino a tutto ciò che ne è seguito dal punto di vista dottrinale – a fare acqua da tutte le parti. Per cui quello è un libro che, comprensibilmente, ha fatto un po’ seccare i credenti, a partire dalla prefazione non molto diplomatica che si intitolava “Cristiani e cretini”, che era semplicemente – ma anche maliziosamente – una constatazione sull’etimologia della parola cretino, che deriva appunto per contrazione da cristiano. In quegli anni nasceva il Cortile dei Gentili, una iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura voluta da Benedetto XVI per favorire l’incontro e il dialogo tra credenti e non credenti. Ricordo che il cardinale Ravasi, che ne era ed è il presidente, aveva fatto una sorta di lista di proscrizione, con quattro nomi: Dawkins, Hitchens, Onfray e me. Perché la linea era: noi al Cortile dei Gentili vogliamo dialogare con i non credenti, ma solo con quelli che ci trattano con rispetto. Oggi, dopo lo scambio che ho avuto con Benedetto XVI 3, naturalmente i rapporti col Vaticano sono un po’ cambiati, anche perché non si può essere più papisti del papa.

Sciuto: Il “rispetto” viene invocato molto spesso dai credenti per mettere a tacere le critiche nei confronti della loro religione. Tu pensi di mancare di rispetto nei confronti dei credenti?
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