Femminicidi & Giustizieri: nessuno è normale se visto da vicino
Nell’epoca dei social, la gogna e la glorificazione mediatica che risultano nel quarto d’ora da celebrità che spetta a ognuno di noi, come predisse Andy Warhol, si sono ormai fuse. Se Gino Cecchettin diventa un bugiardo e il gioielliere pistolero diventa un eroe, non vuol dire che domani non si possano scambiare di ruolo.
Mauro Barberis
Franco Basaglia, grande psichiatra e anti-eroe se mai ce ne fu uno, ha
detto una volta per tutte: “Nessuno è normale visto da vicino”.
Neppure lui lo era: appena giunto a dirigere il manicomio di Gorizia
con le idee chiarissime – la malattia mentale è una costruzione sociale
–, ma deciso a tenere il profilo basso per non spaventare colleghi e
infermieri, non resse alla vista di centinaia di “matti” legati al letto di
contenzione e ordinò di slegarli subito. In tempi meno attenti alla
comunicazione, poi, non fu capace di promuovere adeguatamente la
sua rivoluzione psichiatrica: le rare interviste televisive ce lo mostrano
esitante, quasi disinteressato.
Oggi i social l’avrebbero fatto a pezzi.
Eppure la sua frase continua a martellarci nella testa, quando
pensiamo alla cronaca di questi giorni, e alle tempeste in un bicchier
d’acqua che scoppiano in rete. Esempio ovvio, Giulia e tutti i
femminicidi, ma oggi anche il padre Gino, persona troppo splendida
per non essere subito attaccata dai leoni da tastiera. Esempio di segno
opposto, il gioielliere-giustiziere pluriomicida di Cuneo, condannato a
17 anni e fatalmente eretto a eroe dalla Destra Legge e Ordine. Per
non parlare del presunto femminicidio di Carrodano, con i dettagli che
si aggiungono ogni giorno: la depressione, la decisione di farla finita
insieme, la lunga veglia al capezzale di lei, gli antichi tatuaggi
satanisti di lui…
Il punto è proprio questo: nessuno di noi è normale se inquadrato in
primo piano.
Anche il geometra nostro vicino, con cui parliamo del
tempo in ascensore, avrà sicuramente i suoi scheletri nell’armadio, o
sui social. Come minimo avrà trascurato la vecchia madre, diranno i
sostenitori della famiglia tradizionale, ma potrebbe aver praticato la
caccia alla Talpa dell’Orinoco, incalzeranno gli ecologisti. In
compenso, mai nessuno, neppure per un attimo, che si guardi allo
specchio per vedere la trave nel proprio occhio, che rifletta sul fango
di cui siamo tutti impastati, noi umani, o più semplicemente che conti
sino a dieci, prima di fare il tifo pro o contro perfetti sconosciuti.
Come se non bastasse, ognuno dei protagonisti della cronaca vive
ormai una vita almeno doppia: da eroe a mostro, con eventuale
ritorno. Quanto al padre di Giulia, basti dire che sui social
s’incontrano ormai anche i negazionisti: avete capito bene, c’è chi
sospetta che in realtà non ci sia nulla di vero, che tutto sia stato girato
su un set cinematografico, come lo sbarco dell’uomo sulla Luna.
Quanto al gioielliere, le telecamere lo inchiodano alle proprie
responsabilità, e poi, quando spari alla schiena a tre fuggitivi, ti
condanna anche una giuria popolare texana. Però mai dire mai: c’è
sempre il terzo grado di giudizio, e poi magari ci scappa una
candidatura per la Lega…
Vogliamo dirla tutta? Passiamo dalla realtà psico-sociale, di cui si
occupava ancora quel veneziano sensato di Basaglia, alla realtà
virtuale, cui già pensava quel suo coetaneo altrettanto profetico che fu
Andy Warhol quando predisse che un giorno, ognuno avrebbe avuto il
suo quarto d’ora di celebrità. Tutto s’è avverato.
Non solo abbiamo la conferma che nessuno è normale, ma sappiamo pure che
non siamo né eroi né mostri, bensì entrambe le cose, non appena ci
sfiora la luce dei riflettori. Se Andy ripetesse oggi la sua famosa frase,
dovrebbe riscriverla così: «Un giorno, tutti avranno i loro DUE quarti
d’ora di notorietà: uno da eroe, l’altro da mostro».
CREDITI FOTO: ANSA – ZUMAPRESS /Vincent Isore
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