La filiera agro-alimentare e l’importanza delle normative

Gian Carlo Caselli analizza, in qualità dell’Osservatorio Agromafie, il ruolo delle leggi e del legislatore per un cambiamento radicale nella filiera del cibo.

Gian Carlo Caselli

Scrivo questo blog come presidente dell’Osservatorio Agromafie, una fondazione di Coldiretti che si propone – con analisi e ricerche, denunzie e proposte – di migliorare il presidio della legalità in ogni segmento della filiera agro-alimentare, dal campo allo scaffale alla tavola. Puntando a un cibo non solo buono e sano, ma anche giusto, a vantaggio dei consumatori e degli operatori onesti. Ho quindi molto apprezzato l’iniziativa di un numero monografico di MicroMega sul cibo. Nello stesso tempo vorrei svolgere alcune considerazioni che per l’Osservatorio rivestono una decisiva importanza.

La normativa vigente in materia agroalimentare è – come dire – vecchia come il cucco, ferma a quando il problema dei problemi era l’oste che mescolava un po’ di acqua col vino. Il mondo di oggi non è più quello. Un’economia su scala globale, capace di utilizzare in pieno le nuove tecnologie web, con organizzazioni complesse e responsabilità delle persone giuridiche: questa è la nuova realtà. Ora, poiché l’agroalimentare “tira” e quindi offre ottime opportunità di guadagno, se nello stesso tempo la normativa è un colabrodo, ci vuol poco a concludere che la bilancia costi/benefici, per chi voglia misurare l’efficacia deterrente delle norme è vertiginosamente a vantaggio del secondo piatto, con il risultato di un indiretto, perverso effetto criminogeno.

Occorre allora intervenire, sul piano preventivo e repressivo, rivedendo e aggiornando il quadro normativo, per ristabilire nel mercato alimentare un sufficiente livello di ordine e garantire il libero e regolare svolgimento delle attività economiche.

È nata di qui la saggia idea del ministro Orlando di una “Commissione di riforma dei reati in materia agroalimentare”, formata da esperti di varia estrazione, tutti di primo piano. La Commissione, da me presieduta sul piano organizzativo, il 14 ottobre 2015 ha presentato al Ministro i risultati del suo lavoro: un progetto che ha riscosso moltissime approvazioni ma che fino a oggi non è neppure riuscito ad essere discusso in Parlamento.

Nella legislatura appena conclusa il progetto ha originato il disegno di legge n. 2427 (nuove norme in materia d’illeciti agroalimentari), ma nonostante il buon lavoro svolto dalle competenti commissioni della Camera dei deputati è naufragato nell’indifferenza del Governo. La netta sensazione è che abbiano opposto una forte resistenza coloro che non accettano un modello di sviluppo orientato al benessere della collettività e alla distintività dei prodotti. Coloro che preferiscono le resistenze corporative ad un’onesta e trasparente collaborazione per il bene comune.

Il dramma è che non solo non si vuole migliorare. Addirittura si peggiora quel poco o niente che si ha.

Facciamo un passo indietro. Nel 2021 un decreto legislativo del Governo ha disposto l’abrogazione dell’unico presidio (una contravvenzione) in materia di disciplina igienica della produzione e vendita di alimenti e bevande. Si tratta dell’art.5 della legge 283 del 1962, che riguarda – in base alle statistiche fornite dalle autorità di controllo – oltre il 25% del totale delle violazioni penali accertati. In questo caso, il forte dissenso di una parte della magistratura e l’ascolto sensibile del Presidente della Repubblica hanno consentito d’introdurre il necessario correttivo con un contro decreto-legge – a pochi giorni di distanza – varato spiegando come occorresse “evitare che rilevanti settori relativi alla produzione e alla vendita delle sostanze alimentari e bevande restino privi di tutela penale e amministrativa con pregiudizio della salute dei consumatori”.

Oggi ci risiamo! È stato appena approvato lo schema di decreto legislativo recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa. E di nuovo qualche “manina” ha toccato la legge 283/ 1962, questa volta non con una depenalizzazione esplicita ma di fatto, nel senso che chi commette una contravvenzione non risponde di nulla se accetta le prescrizioni imposte dall’autorità competente

Si dice: l’intervento aderisce all’idea di una giustizia riparativa, che certamente ha dato buoni risultati in ambito lavoristico. Ma in questo modo si confondono rape e patate. Nel campo del lavoro, si tratta infatti di elidere le conseguenze dei reati a tutela della parte debole del rapporto, in modo da ripristinare la continuità delle prestazioni. Ma non ci sono uguali ragioni in materia alimentare. Qui si tratta di reati di pericolo (cosiddetto astratto) per i quali si anticipa la tutela…. Nel senso che è semplicemente il pericolo la ragione che induce a prevedere la sanzione a tutela di interessi della collettività.

Un esempio per capire meglio. Tenere l’olio in ambiente non protetto dall’esposizione dalla luce è un metodo di conservazione inadeguato a garantire igiene e commestibilità. Se interviene la prescrizione di allestire una nuova vetrina, ottemperando si cancella la contravvenzione, ma quell’olio resta deteriorato.

In sostanza, se c’è un forte rischio che un prodotto sia deteriorato, non basta un “pannicello” prescritto ex post a renderlo non più pericoloso per la salute. Sarebbe anzi pregiudicato l’interesse del consumatore affinché il prodotto giunga sullo scaffale con le cure imposte dalla sua natura, evidenziando una palese violazione dell’osservanza dell’ordine alimentare.

Non è giusto aggiungere, ai gravi problemi che già la crisi sta causando al portafoglio dei cittadini, anche problemi per la loro salute.



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