Cartesio e la “filosofia” del complottismo

Come distinguere il “buon” spirito critico, che conduce alla verità, da quello “cattivo” che porta all’errore o alla menzogna?

Fausto Pellecchia

In filosofia, il pensiero critico è generalmente valorizzato, non certo perché sia meglio pensar male di tutto senza ragione, ma perché ci si abitui a valutare, soppesare i nostri asserti, inoculando una goccia di sospetto nei pregiudizi consolidati o nei dogmi presentati come indiscutibili.
Ci si può chiedere, tuttavia, se questo spirito critico non sia, al tempo stesso, il migliore viatico del complottismo. Come distinguere il “buon” spirito critico, che conduce alla verità, da quello “cattivo” che porta all’errore o alla menzogna? Forse il criterio più affidabile di questa distinzione ha la sua fonte originale nel metodo del dubbio, inaugurato dal capostipite della filosofia moderna, Renato Cartesio?

Complottismo e dubbio metodico
Com’è noto, infatti, Cartesio nelle sue opere evoca il metodo del dubbio che, nell’interpretazione corrente, si è soliti articolare in due forme: il dubbio scientifico e il dubbio metafisico. Quest’ultimo è esposto all’inizio delle Meditazioni metafisiche. Si tratta per colui che comincia a meditare di rovesciare tutte le sue precedenti opinioni. Per questo ognuno di noi deve intraprendere, con l’aiuto di certi argomenti, a dubitare di tutto ciò che credeva di conoscere: del suo corpo, della realtà degli oggetti intorno a lui, di Dio…

Questo dubbio metafisico è però la via per acquisire certezze di nuovo genere, assolutamente incrollabili: esso si rivolge soprattutto verso le concezioni filosofiche, ereditate da Aristotele, riguardanti la natura in generale, l’uomo e la sua conoscenza. Il suo scopo, contrariamente a quello dei complottisti, è quindi eminentemente positivo,. Si parla anche, sulla scorta dei commentatori più autorevoli, come Ferdinand Alquié, di un dubbio scientifico, che avrebbe un rapporto prevalente con l’Hold-up (sospensione negativa): in esso non si tratta di distruggere alcunché , ma piuttosto di abituarsi ad esaminare ogni cosa con la più grande attenzione, ricercando ciò che è autenticamente chiaro e distinto, rispetto al quale, perciò, non v’è alcun motivo di dubitare. Tuttavia, mai, in nessun luogo, Cartesio afferma: «Il metodo scientifico comincia con il dubbio». Ciò che si chiama dubbio è l’esame stesso, è una disciplina dello spirito che consiste nel porsi tutte le questioni pertinenti sulla cosa di cui ci si sta occupando. Nelle Regulae ad directionem ingenii (1628?), trattato che Cartesio ha lasciato incompiuto, questa disciplina verte soprattutto sulle questioni matematiche, al cui paradigma Cartesio si propone di ricondurre l’insieme delle questioni scientifiche.

Il dominio dell’indubitabile
Come il Cartesio delle Meditazioni, i complottisti pensano che la loro verità è superiore alle altre, proprio in quanto essa proviene dalla loro mente: si fidano esclusivamente del loro pensiero. Questo sembrerebbe essere, malgrado tutto, un segno della loro discendenza dalla filosofia cartesiana. In realtà, i complottisti erigono la loro dimora sulla sponda opposta a quella del metodo cartesiano. Infatti, per Cartesio, non v’è che una sola verità la cui fonte è Dio stesso. Questa verità viene attinta quando si arriva a constatare che ciò che la nostra mente percepisce attualmente è perfettamente indubitabile. “Indubitabile” vuol dire che l’assunto resiste ad ogni sorta di obiezione. Perciò, nelle Meditazioni, Cartesio rivolge continuamente obiezioni a sé stesso, come se esse provenissero da un altro. Ciò che egli chiama buon senso non può essere dissociato dalle forme di una razionalità condivisa. Stando così le cose, l’indubitabile non può essere attinto in qualsiasi dominio. Cartesio distingue accuratamente tra la “ricerca della verità” (nelle scienze, ivi compresa la metafisica) nella quale si devono cercare verità assolutamente autoconsistenti, e i criteri della prassi, improntati alle regole di “condotta della vita” nella quale ci si deve generalmente accontentare di mere probabilità. Prima di mangiare una mela, non mi pongo mille questioni a questo proposito, salvo che non abbia ricevuto minacce di morte e se non abbia buone ragioni per credere che qualcuno abbia potuto introdurvi del veleno. Senza un minimo di confidenza concessa alle apparenze sensibili come agli altri uomini, non è possibile vivere. È un po’ lo stesso per i vaccini, le mascherine, ecc, è ragionevole fare affidamento su ciò che ne dicono le persone la cui competenza è riconosciuta.

Tuttavia, la frontiera che separa questi due ambiti della ricerca della verità non è del tutto precisabile. Per esempio, Cartesio non tratta della ricerca della verità nella storia. La storia non è per lui una scienza. Come pervenire alla certezza nel dominio della storia sarà il compito della riflessione filosofica posteriore: quella, per esempio, di Pierre Bayle. Il punto essenziale è il seguente: i fatti che siamo in condizione di verificare da noi stessi sono un piccolissimo numero in rapporto a quelli a cui siamo abituati a credere. Il nostro dovere intellettuale è di verificare quelli che sono realmente alla nostra portata. Ma non dobbiamo sopravvalutare noi stessi: perciò, ci sono innumerevoli fatti che dobbiamo accontentarci di ammettere così come ci sono presentati dalle fonti degne di fede. Per Cartesio, i perversi e i malintenzionati sono relativamente un piccolo numero, e la loro cattiveria traspare sempre come tale. Pertanto, quando un medico vi parla di questioni delle quali non siete specialisti, mostrando tutti i segni della competenza e della benevolenza, non è assolutamente ragionevole mettere in dubbio la sua parola, e ancor meno, di considerarlo come la marionetta di forze oscure. Una macchinazione come quella descritta (contraddittoriamente) in Hold-up può forse esistere? C’è una persona o un gruppo di persone che “tira le fila” di un progetto mortifero? La verità ci viene scientemente nascosta? La risposta cartesiana è categoricamente negativa.

Scetticismo, complottismo e dubbio metodico
Gli scettici mettono in dubbio la semplice possibilità della conoscenza umana al di là della mera ricezione delle apparenze. L’avviso di Cartesio è esattamente l’inverso. Per lui, è sempre possibile attingere conoscenze assolutamente solide tanto nella metafisica quanto nella fisica e nelle matematiche. Egli utilizza dunque le armi degli scettici (i “motivi di dubitare”) per rivolgerle contro di essi, in una sorta di scepsi radicale sugli assiomi dello scetticismo. D’altra parte, i complottisti, se non sono cartesiani, non sono neppure scettici. Nei loro confronti, si fa un uso approssimativo della nozione di “dubbio”. I complottisti seminano il dubbio, ma non dubitano; al contrario, sono convinti della realtà del complotto che essi denunciano. Dispongono di una versione precostituita della storia, con in più l’idea che meno prove tangibili ci sono del complotto in questione, più questo deve essere considerato ingegnoso e temibile. Cartesio avrebbe giudicato mostruosa una simile idea.

Nelle Meditazioni, Cartesio evoca tuttavia l’ipotesi di un genio maligno che ci indurrebbe volontariamente in errore. In un certo senso, Bill Gates potrebbe forse impersonare il genio maligno di Hold-up.  In effetti, la figura di questo “genio maligno che impiega tutta la sua abilità per ingannarmi” (come si dice nella Prima meditazione) può far pensare alla retorica complottista. Ma l’obiettivo di Cartesio è un altro. Il “genio maligno” è una soltanto finzione utile: è l’avversario che devo immaginare, nella mia ricerca della perfetta certezza, quando ciò che ho in mente mi sembra molto probabile ma lascia ancora il fianco alla possibilità di dubitarne. Immaginando che egli mi inganni, sono dissuaso dall’accettare queste cose come immediatamente vere e certe. È così che Cartesio arriva al Cogito, al “sum sive existo”: impossibile che un genio maligno mi inganni in questo, poiché per ingannarmi, è necessario comunque che io esista come res cogitans! E quando, seguendo questo percorso, si perviene a provare l’esistenza di un Dio sommamente perfetto, che non può volere né fare che noi siamo nell’errore sulle cose che concepiamo “chiaramente e distintamente”, il genio maligno scompare: resta unicamente il metodo di esame.

Il fantasma del cospirazionista cartesiano
Storicamente, Cartesio non ha dovuto confrontarsi con la tipologia intellettuale del cosipirazionista o del complottista, anche se ha dovuto lottare contro forme di oscurantismo e combattere la calunnia. Il fenomeno complottista sembra infatti eminentemente contemporaneo. Certo, la storia moderna è piena di leggende su società segrete che agiscono nell’ombra e non è da ieri che sono stati generati fantasmi di ogni tipo sui poteri occulti della massoneria o degli ebrei (I protocolli dei Savi di Sion). Ma il complottismo sorge a partire dal momento in cui ognuno si crede autorizzato a condurre in solitudine un’inchiesta in grado di svelare la reale consistenza dei fatti su questioni di grande complessità. In questo senso, si tratta di una malattia della democrazia moderna, giacché in altre epoche, la regola era quella di rimettersi a persone o a istanze la cui competenza era pubblicamente riconosciuta. Evidentemente, oggi non si tratta di negare a chicchessia il diritto alla parola; ma almeno, non si può non rilevare la sproporzione flagrante tra la competenza che i complottisti attribuiscono a loro stessi e l’effettiva complessità delle questioni che pretendono di dirimere.

A un complottista che orgogliosamente affermasse di dubitare alla maniera di Cartesio, va ricordato che nella terza parte del Discorso sul metodo (1637), Cartesio non solo consiglia di «obbedire alle leggi e ai costumi del suo paese» ma di «seguire in ogni campo le opinioni più moderate e le più lontane dagli eccessi». La questione è: da chi bisogna prendere l’esempio della condotta più saggia? Cartesio risponde: “le persone dabbene”, “oneste”, nel senso forte che la parola aveva all’epoca, cioè le persone che dimostrano con le loro azioni e con il loro linguaggio il rispetto del bene comune. Non è difficile distinguerle dalle personalità perverse, le cui passioni dominanti sono l’orgoglio, il disprezzo, l’invidia e la collera. Qual è la qualità umana delle persone sulle quali fate affidamento? Questa è, dunque, la questione preliminare. La si può convertire in un interrogativo più aderente alla nostra odierna esperienza “virtuale”: ad esempio, fare affidamento su ciò che sostengono i “trolls”, può forse considerarsi un comportamento prudente?

CREDIT FOTO: Patrick van Katwijk / NETHERLANDS OUT



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