Dall’alienazione alla critica dell’economia politica: una nuova introduzione a Marx

Il tentativo, riuscito, di Roberto Fineschi in 'Marx' (Morcelliana, 2021) è stato di illustrare il discorso scientifico di Marx dopo l’apparizione della nuova edizione storico-critica dei suoi scritti.

Emanuele Lepore

Allestire presentazioni delle grandi prospettive teoriche non è semplice, soprattutto perché occorre tenere conto di almeno due distinti ordini di esigenze. La necessità di offrire ai lettori una via di accesso praticabile richiede un certo grado di semplificazione, se non della materia, certamente del discorso che di essa si fa carico. Una tale operazione può essere dunque condotta soltanto da chi abbia una conoscenza approfondita e puntuale del pensiero che si presenta. Per un verso così, il rischio è quello di adottare una forma espositiva che, pur risultando appetibile, è annientata nelle sue potenzialità poiché non offre veramente accesso a qualcosa di cui il lettore possa apprendere con profitto: è piuttosto innesco di impressioni confuse – nel migliore dei casi. Per altro, invece, si rischia di confezionare una esposizione avanzata dei contenuti, che dunque si rivolge a chi potenzialmente non ne avrebbe bisogno, a meno che non vi sia una peculiarità nel modo in cui la presentazione è condotta.

Il taglio che Roberto Fineschi ha dato al suo Marx (Morcelliana, 2021, 183 pp., €16,00) riesce precisamente nell’intento di guadagnare la mediana di una esposizione chiara e utile del pensiero del Moro. Chi non abbia conoscenze marxiana pregresse troverà in questo libro una esposizione funzionale ad un primo avvicinamento: dopo una breve nota biografica, Fineschi passa in rassegna le opere di Marx disegnando la parabola di questi dalle riflessioni filosofiche giovanili sino alla più matura critica dell’economia politica.

Il primo capitolo prende avvio da un efficace schizzo del posizionamento di Marx rispetto al Vormärz, al suo rapporto con quelle idee giovani-hegeliane che «peseranno a lungo nella riflessione marxiana» (p. 17). Si dà dunque conto dell’evoluzione di questo pensatore da un primo liberalismo radicale – espresso negli scritti giornalistici tra il 1842 e il 1843 – al comunismo, attraverso la meditazione critica dei Lineamenti hegeliani; e dell’elaborazione specifica che Marx, lettore di Feuerbach, fa dei concetti di Gattungswesen e di alienazione. È così decritto il percorso “verso il materialismo storico” (cap. I, §5), il sodalizio di Marx con Engels e la necessità, sentita da entrambi, di fare i conti con la “critica critica” baueriana e, più in generale, con la propria formazione giovane-hegeliana: com’è noto, il fuoco è qui rivolto a Stirner «astro nascente della critica filosofica e politica» (p.26) e all’autore de L’essenza del cristianesimo.

A questo punto, Fineschi accompagna il lettore “verso la critica dell’economia politica” (§6), evidenziando il carattere agonistico del pensiero di Marx: «la riflessione marxiana continua a svilupparsi incessantemente e Marx scrive l’ennesimo libro contro: dopo Hegel, Bauer, Feuerbach, adesso è la volta di un anti-Proudhon» (pp.33-34). Si tratta, in fondo, di un mordente che distinguerà anche l’attività prettamente politico-organizzativa di Marx: di queste due dimensioni si dovrà necessariamente cogliere la coappartenenza ad un complessivo orizzonte d’azione, se non si vuole «trascurare un elemento fondamentale di tutta la sua esperienza intellettuale» (p. 38). Questa reciproca appartenenza tra la pratica intellettuale e quella politico-organizzativa trova certamente ne Il manifesto del partito comunista un esempio a tinte forti. Un “intermezzo” restituisce il clima concitato in cui, all’indomani della fallita rivoluzione del 1848, si consuma la fondazione della «Nuova gazzetta renana» e la redazione dell’importante serie di scritti che Engels avrebbe poi pubblicato come Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850.

La prima sezione del testo si chiude con un paragrafo in cui Fineschi avanza un “bilancio” del periodo giovanile di Marx, riferendosi soprattutto alle evidenze filologiche della seconda Marx-Engels Gesamtausgabe: secondo l’autore, la nuova edizione storico-critica – pur essendo tutt’ora in corso di pubblicazione – consente finalmente di «orientarsi con maggiore sicurezza all’interno di un corpus vasto e multiforme» (p. 13). Alla luce di questo lavoro storico e filologico, la produzione “giovanile” di Marx risulterebbe significativamente diminuita nel suo valore, almeno a livello testuale. Non si tratta certo di una sorpresa per chi abbia presente il lavoro di Fineschi, già curatore della nuova edizione del Libro primo del Capitale, redatta proprio alla luce della MEGA2 e pubblicata per i tipi di Città del Sole (Napoli 2013).

Le riflessioni che Marx condusse in gioventù, dunque, sarebbero da intendersi come altrettante occasioni di scandaglio nelle quattro principali aree prima descritte: 1. ricezione di Hegel attraverso Bauer e contatto con i giovani-hegeliani; 2. interpretazione del metodo hegeliano come rovesciamento, sotto l’influenza di Feuerbach; 3. resa dei conti anche con quest’ultimo e passaggio dal concetto di Gattungswesen a quello di modo di produzione, che pure dovrà essere elaborato ulteriormente; 4. acquisizione del territorio dell’economia politica e della critica “ricardiana” a Proudhon. Tutto quanto è estratto da questi carotaggi, verrà messo all’opera soltanto nella matura elaborazione di una prospettiva autonoma, a partire dal 1857, anno in cui Marx «passa dalla critica di teorie altrui, che finora aveva costituito un processo di autochiarimento e proposta indiretta, all’elaborazione di una teoria vera e propria» (p. 47). Alla costruzione della teoria del capitale, dunque, è dedicato il secondo capitolo del libro di Fineschi. Un “quadro generale” offre al lettore una valutazione complessiva della situazione testuale dei tre libri del Capitale, anche in riferimento all’alacre lavoro redazionale svolto da Engels.

Nella seconda sezione, Fineschi propone una ricostruzione della teoria marxiana del capitale, svolta lungo tre capitoli – dedicati rispettivamente alla produzione, alla circolazione e al processo complessivo del capitale. Una scrittura agile sostiene l’autore nell’intento di guidare il lettore ad una prima comprensione delle categorie mobilitate da Marx, senza obliarne alcuni tratti di problematicità. I concetti chiave dell’orizzonte teorico marxiano – da “materialismo storico” a “metodo dialettico”, passando per “comunismo” e “lotta di classe” – trovano posto in una serie di paragrafi che preparano il lettore all’ultima parte del testo, dedicata alla storia della ricezione dell’opera di Marx. Sui binari segnati dalla constatazione che «in qualche modo Marx ha a che fare con tutti i marxismi» e che «i marxismi non sono identici a Marx» (p.151), si svolge una carrellata che, a partire dalla figura di Engels – «secondo violino, il compagno di una vita» (ibid.) –, inquadra i principali animatori del marxismo internazionale: da Kautsky e Bernstein a Plechanov e Bucharin, da Luxemburg a Pannekoek e Grossman. Felice la scelta dell’autore di includere, accanto ai più noti nomi del “marxismo occidentale”, quelli di intellettuali che, a dispetto della loro importanza teorica, patiscono ancora una diffusione ridotta al di fuori di un ambito specialistico, come il giapponese Kōzō Uno.

Il libro si chiude con un rapido riferimento ai critici dell’opera marxiana. Più precisamente, si indica il momento di apparente arresto degli studi marxiani all’indomani della caduta del muro di Berlino: «la presunta identità tra il pensiero dell’autore tedesco e la realizzazione del socialismo in Unione sovietica suonava come una campana a morto non solo politica ma anche retorica» (p. 170). Il fatto stesso che si senta l’esigenza editoriale di destinare ai lettori una introduzione a Karl Marx e alla sua opera, aiuta a comprendere il fiorire di studi marxiani sorto in seguito all’apparente chiusura di un orizzonte filosofico-politico tra i più rilevanti. Purtroppo lo svolgimento si arresta in battere, per comprensibili ragioni editoriali: un maggiore approfondimento sulla reazione ideologica allo sviluppo del marxismo a livello internazionale, pur se desiderabile, avrebbe molto probabilmente travalicato i limiti di un profilo introduttivo, che ad ogni modo va detto riuscito.

Il libro di Fineschi, infatti, ha il merito di invitare i lettori all’opera marxiana senza obliarne la complessità e, soprattutto, negando certi facili riduzionismi “economicisti”, che pure accompagnano le progressive “riscoperte” giornalistiche di Marx: quando sopraggiunge una congiuntura critica – sempre inaspettata – a increspare le acque del capitale globalizzato, si tenta di recuperare dal più generale orizzonte marxiano qualche indizio per leggere fenomeni poco perspicui (o necessariamente offuscati), badando bene a spuntarne preventivamente il potenziale critico.



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