Finlandia nella NATO ed elezioni, intervista a Jenna Vehviläinen

L'ingresso della Finlandia nella NATO, la sconfitta della coalizione della premier Sanna Marin e le caratteristiche conservatrici del vincitore: in quest'intervista a Jenna Vehviläinen, corrispondente a Roma per la a radiotelevisione pubblica YLE, discutiamo alcuni dei nodi che avvicinano le sorti della Finlandia alle nostre.

Roberto Rosano

Commentiamo il risultato delle elezioni finlandesi e l’ingresso nella Nato con Jenna Vehviläinen, corrispondente a Roma per la YLE, la radiotelevisione pubblica finlandese.
La trentasettenne Marin, premier uscente, ha deciso di rassegnare le dimissioni dal partito socialdemocratico. Eppure, nonostante la sconfitta elettorale, resta molto popolare. Lei pensa davvero che la sua avventura politica sia giunta al termine?
Non penso. Potrebbe puntare a creare una carriera internazionale o almeno europea.
Tra le ragioni che solitamente vengono addotte per spiegare la sconfitta di Sanna Marin c’è lo slogan: “ha speso troppo”. Perché il suo Paese è ossessionato, molto più di altri, dal debito pubblico? È solo una questione culturale come afferma Mäkynen, numero due del partito, o c’è qualcosa di più?
I finlandesi sono prudenti con il debito in generale. Rispetto ai nostri amici nordici, molto più ricchi di noi, il nostro debito pubblico (sopra il 70 % del PIL) è alto  ed è cresciuto negli ultimi anni. Naturalmente questo viene usato per fomentare l’allarmismo e vincere le elezioni.

Abbiamo letto che, dopo l’invasione dell’Ucraina, il consenso dei finlandesi all’opzione Nato è passato dal 20% al 90%, convincendo anche il partito non certo atlantista di Sanna Marin all’adesione da poco ufficializzata. Come ha vissuto, da finlandese fuori sede, questo cambio d’umore del suo Paese?
Ho ricordato le storie di mio nonno Vilho, che è andato in guerra contro i russi, ed ho provato molta preoccupazione, di cui una parte sicuramente ereditata. Al parlamento, contro la Nato hanno votato 7 parlamentari finlandesi, e pro 184.

Lei è più sollevata o preoccupata del fatto che il suo Paese sia oggi diventato, di fatto, il “confine di fuoco” dell’Alleanza Atlantica?
In verità sul nostro confine est fa tuttora molto freddo.

Deduco dalla battuta che la cosa non la preoccupi. Il suo Paese, visto da noi, è bizzarramente “virtuoso”. Il nuovo premier, Orpo, ha vinto non promettendo nuova spesa pubblica, ma tagliandola di 6 miliardi.
Il Paese più felice del mondo vuole tagliare il proprio welfare. Una bella barzelletta.

Ci pare, però, dando un’occhiata ai programmi, che il welfare non sia comunque in discussione, anche se l’agenda del partito dei Finlandesi (estrema destra) è molto vaga, strategicamente vaga …
Mi ricorda qualcosa del contesto italiano nelle ultime elezioni parlamentari.

La svolta a destra, rappresentata da questo nuovo governo, nasce dallo scetticismo che i finlandesi, ed anche altri Paesi scandinavi come la Svezia, cominciano ad avere nei confronti della socialdemocrazia? Si sono convinti che costi troppo? Che le ricette liberiste propongano soluzioni più convincenti alla congiuntura globale?
No. Il centrodestra è sempre stato uno dei primi partiti del Paese, soprattutto dopo che ha governato la sinistra. La crescita dell’estrema destra invece è dovuta alle motivazioni che hanno portato al successo tutti gli altri partiti populisti europei.

Sappiamo, però, che Purra, leader di estrema destra che potrebbe far parte del nuovo governo, vorrebbe rivedere gli obiettivi climatici, che già la sera del voto ha definito troppo ambiziosi.
È triste che un Paese così all’avanguardia nelle politiche climatiche abbia deciso di fare un dietrofront. Purra ha bisogno di accontentare i suoi elettori, di cui il 99 % forse ha una macchina e poca voglia di prenderne una nuova elettrica.

Che tipo è il nuovo premier?
Un uomo tradizionale di destra, con una lunga esperienza politica. Nel tempo libero va a caccia e pesca. Parla poco. Parla soprattutto di patria. Crede che ognuno sia responsabile della propria felicità, che lo Stato dovrebbe occuparsene meno, e che ognuno debba lavorare per guadagnarsela.

CREDITI FOTO: Wikimedia Commons



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