La lezione di un maestro che non vuole dare lezioni. Intervista a Francis Ford Coppola

Come trasforma un’idea in un soggetto, in quale momento della giornata lavora meglio, quando ha deciso di diventare un regista, come realizzare un film senza un soldo in tasca: di tutto questo ha parlato, nella conversazione che segue, il grande cineasta Francis Ford Coppola. Il quale, convinto che il cinema sia troppo giovane per tenere masterclass, anziché limitarsi a raccontare la sua vicenda artistica ha preferito intavolare un dialogo a tu per tu con gli studenti di cinema presenti tra il pubblico, svelando trucchi e segreti del mestiere.

Gian Luca Farinelli e Paolo Mereghetti

Da MicroMega 1/2020
Marco Bellocchio:
Sono molto orgoglioso, in quanto presidente della Cineteca di Bologna e collega, di dare il benvenuto al grande maestro Francis Ford Coppola, per il quale ho sempre nutrito grande ammirazione. Siamo coetanei ma alcuni suoi film – La conversazione, Il padrino, Apocalypse Now – sono irraggiungibili, perché fatti con un sistema produttivo che non è quello italiano, e non è possibile imitarli. Ciononostante, per strade misteriose e indirette e pur facendo io un altro genere di film, ne sono stato influenzato: perché la bellezza, l’originalità, lo stupore è sempre qualcosa di penetrante.

Gian Luca Farinelli: È un’enorme emozione accogliere qui a Bologna, al Cinema Ritrovato, Francis Ford Coppola, cineasta straordinariamente innovativo. Forse bisogna tornare con la memoria al cinema muto per trovare un cineasta così capace di cambiare tutto: le regole del linguaggio, della tecnologia, della produzione. Certamente non è un caso che abbia restaurato Napoleon di Abel Gance, uno dei film più folli, più impossibili, più innovativi della storia del cinema.

Prima di cominciare voglio ringraziare chi ha permesso tutto questo: il comune di Bologna, il Teatro comunale, la regione Emilia Romagna, il ministero, la Direzione generale per il Cinema, i nostri sponsor, tra cui il Gruppo Hera, e gli amici che ci hanno aiutato ad arrivare a Coppola. Senza il lavoro di tutte queste istituzioni e di così tante persone il Cinema Ritrovato non esisterebbe e non saremmo qui assieme ad ascoltare Coppola.

Con Paolo Mereghetti ci siamo divisi le domande. A me tocca la prima. Visto che in sala c’è la nipote di Francis Ford Coppola, Romy, figlia di Sofia Coppola, vorrei partire proprio dalle origini della sua famiglia. Il nonno materno, Francesco Pennino, è stato uno straordinario compositore, amico di Caruso, e ha portato la sceneggiata a New York. Il nonno paterno è stato tra i pionieri del cinema sonoro, e il padre, Carmine, primo flauto nell’orchestra di Arturo Toscanini negli Stati Uniti, compositore, direttore d’orchestra e premio Oscar per la colonna sonora del Padrino parte II con Nino Rota. La sorella di Francis è più conosciuta come attrice con il nome di Talia Shire e nota per l’interpretazione di Connie Corleone nella saga del Padrino. Mentre Nicolas Kim Coppola, figlio del fratello di Francis, è noto con il nome di Nicolas Cage. La moglie di Coppola, Eleanor, è cineasta. I figli, Sofia e Roman, sono registi e quest’ultimo è anche produttore. Più che una famiglia sembra una factory. Come spiegare questa passione di cinque generazioni che non sembra destinata a spegnersi?

Francis Ford Coppola: Grazie a tutti di essere qui e di avermi offerto l’opportunità di conversare con voi questa sera. La questione rispetto alla mia famiglia ha molto a che vedere col fatto che siamo italo-americani. Io mi chiamo Francis perché mio nonno materno si chiamava Francesco, Francesco Pennino. Mia madre, che si chiamava peraltro Italia, mi ha dato il nome del padre ma mi ha chiamato Francis e non Francesco perché c’erano parecchi pregiudizi nei confronti degli immigrati e lei voleva che io fossi americano. Mi ricordo che un giorno, ero piccolo, si era intorno alla fine della seconda guerra mondiale, mia madre mi disse: «Francis, tu sei fortunatissimo perché sei americano e l’America è il paese migliore del mondo». Allora intervenne mio padre che disse: «Sì, ma sei anche italiano. E anche per questo sei fortunato: l’Italia è il paese dell’arte, della musica, della scienza, della tecnologia». E io pensai di essere in effetti molto fortunato: avevo tutto quello che serviva per essere americano e tutto quello che serviva per essere italiano.

Mio padre era un grandissimo musicista classico, primo flauto nella Nbc Symphony Orchestra di Toscanini e in famiglia abbiamo sempre cercato di essere alla sua altezza ma, mentre mio fratello maggiore era molto brillante, io ero il bad boy. Desideravo diventare un fisico nucleare come Enrico Fermi ma, bocciato tre volte in algebra, mio padre mi disse che sarebbe stato meglio se avessi tentato un’altra strada… Mio nonno invece era appassionato di tecnologia e di scienza. Pensate che in famiglia era tradizione quella di dare al primo figlio il nome del padre: per cui è sempre stato tutto un susseguirsi di Agostino e Carmine, Agostino e Carmine… E mio nonno, Agostino Coppola, ruppe questa tradizione chiamando il primo figlio Archimede, perché per lui quel greco che visse a Siracusa era la mente scientifica più grande al mondo. In famiglia quindi ci sono sempre state queste due passioni: l’arte e la musica da un lato e la scienza e la tecnologia dall’altro. E in un certo senso questo è il cinema: è la combinazione tra tecnologia e arte ad aver generato il cinema.
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[Questo contributo è inserito nello SPECIALE CINEMA di MicroMega+ del 24 dicembre 2021]

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