Gazebo batte apparati: il voto popolare premia Elly Schlein

Vince la sinistra del politicamente corretto tendente al rosso antico con nostalgia di Enrico Berlinguer, perde la Terza Via blairiana carrierista e con il pallino entrista nel garden club dei ricconi che schifano i poveracci.

Pierfranco Pellizzetti

Gazebo batte apparati 57 a 43. Ossia la smentita di tutte le previsioni sondaggistiche di auguri e aruspici sull’esito inevitabile, già precostituito e a man bassa delle primarie PD a vantaggio di Stefano Bonaccini (oltre che del suo visagista, affetto da feticismo del bulbo pilifero, e del suo lookologo, cultore delle mises strizzate, da ballerino di tango in qualche balera della provincia emiliana). Invece stravince Elly Schlein, simpaticamente sbulinata e immaginabile molto di più a suo agio nel raccogliere firma per la salvezza della foca monaca che non in un salotto da parvenu.

Ossia, vince la sinistra del politicamente corretto tendente al rosso antico con nostalgia di Enrico Berlinguer, perde la Terza Via blairiana (con qualche decennio di ritardo) carrierista e con il pallino entrista nel garden club dei ricconi che schifano i poveracci.

Quali messaggi possiamo trarre da questa improvvisa inversione di tendenza, dopo tanto straparlare neoliberista di one best way per il successo; nella vita e in politica?

Innanzi tutto – attendendo analisi più rigorose e approfondite – si potrebbe ipotizzare che l’esito imprevisto derivi, oltre ad un voto consistente targato Cinquestelle, da un certo sblocco dell’elettorato aventiniano, stavolta ritornato all’ovile per esprimere tutta la propria antipatia nei confronti dell’establishment piddino. Perché – in sostanza – dietro il presidente e la vice presidente di Regione Emila (realtà romanzesca!), lo scontro era tra il partito degli amministratori in fregola governista purchessia (“che brava la Meloni!”), dei Vincenzo De Luca in cerca di un terzo mandato a governatore campano e dei Michele Emiliano entrista-confusionista, e la componente antigovernativa per calcoli di bottega dei Dario Franceschini e Andrea Orlando; questi ultimi interessati a una pura operazione d’immagine che non disturbi le correnti interne e si limiti a eleggere una segretaria nazionale quota rosa, da portare in giro come una bandiera arcobaleno in kermesse nostalgiche alla Blowin’ in the wind, El Pueblo Unido, per poi finire nel più innocuo dei Bella ciao. Un passepartout di pura facciata, come ci induce a pensare il fatto che in campagna elettorale Elly Schlein, dal triplo passaporto italiano, svizzero e USA, si è prudentemente tenuta lontano da tematiche realmente divisive – e dunque – connotative quali la guerra e i rapporti subalterni con l’impero stelle-e-strisce.

Staremo a vedere. Intanto c’è il fatto positivo che l’arrivo della nuova segretaria stana un po’ di infiltrati estrorsi nel suo partito, che può trovare la propria identità soltanto nel profilo genericamente progressista (con i succitati notabili alla Franceschini e Orlando ad annacquare il blend). Difatti la prima certezza derivante dall’esito del 26 febbraio è il fallimento dell’OPA lanciata su quel che resta del PD dai piccoli cuculi renziani lasciati a suo tempo nel vecchio nido per future conquiste. Toglieranno il disturbo? Lo avrebbero fatto certamente se il Terzo/Sesto Polo degli iper-blairiani opportunisti Carlo Calenda-Matteo Renzi non avesse confermato la propria clamorosa incapacità attrattiva con il voto alle regionali in Lazio e Lombardia. Flop che consigliano ai due apprendisti stregoni di emigrare altrove: nella Confindustria dei padroncini legge e ordine l’uno, tra gli emiri tagliagole e corruttori pallonari l’altro.

E allora cosa possiamo attenderci da una brava ragazza giunta inopinatamente al vertice di una compagine bisognosa di qualcosa di più della carineria (e tale la ricordo l’unica volta che la incontrai nel luglio 2015, al lancio del civatiano Possibile nei giardini Pitti fiorentini, dove mi avevano coinvolto come discussant dell’evento con Montanari e un giurista che non ricordo)? La mia impressione è che al massimo assisteremo al rilancio di un “campo largo” alla Pierluigi Bersani, che rimpiazzi i probabili transfughi verso case più accoglienti (se ce ne sono), con aperture verso Giuseppe Conte e un po’ di spezzoni di ultime raffiche della sinistra/sinistra. In attesa di tempi migliori.

Quanto invece mi sentirei di prevedere, in questa simpatica ragazza che mi richiama alla mente la nuova sinistra di mezzo secolo fa, tutta buoni sentimenti e nessun armamentario per contrastare la restaurazione classista in avvio, è la mancanza di animal spirit per battersela con la puffetta mannara Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio di certo in pieno confusionismo su come si governa, ma dotata di un furibondo istinto di sopravvivenza che può farle sbranare qualsiasi anima bella che presuma di contrastarne il potere ferino.

 

Foto Wikipedia



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