Nel “Paese dei narcos” è lo Stato il primo nemico dei giornalisti

Sei giornalisti uccisi e due desaparecidos dall’inizio dell’anno. Ogni 12 ore si registra un’aggressione contro la stampa. In Messico un attacco su tre è commesso da funzionari pubblici. La criminalità organizzata protetta dall’impunità.

Daniele Nalbone

Ogni 12 ore si registra un’aggressione contro la stampa. In Messico i giornalisti sono sempre più nel mirino. Di chi? Contro la narrazione “da serie tv”, contro il credere comune, è “lo Stato” nei primi sei mesi del 2021 ad aver compiuto il maggior numero di aggressioni contro i giornalisti (134 su 362, il 37,33% del totale): 83 sono state messe in atto da funzionari pubblici, 46 da esponenti delle forze di sicurezza municipali e 5 da membri delle forze armate. È quanto emerge dal report semestrale pubblicato da Artículo 19, organizzazione non governativa che si occupa della sicurezza dei giornalisti in quello che è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per chi si occupa di informazione.

La geografia degli attacchiLa violenza contro i giornalisti, come mostrano i dati, coinvolge l’intero Paese: in praticamente tutti gli stati messicani sono stati registrati attacchi, aggressioni e campagne di diffamazione. In testa, in questa classifica, c’è Città del Messico (64 aggressioni). A seguire Tamaulipas e Quintana Roo (23), Puebla (22), Guerrero (21) e Baja California (19).

I giornalisti uccisi e scomparsi È in questo scenario che, dall’inizio dell’anno, il Messico guida la ancora più triste classifica mondiale dei giornalisti uccisi in relazione al proprio lavoro: ben cinque, più un desaparecido, Jorge Molontzín Centlal, reporter della rivista Confidencial, scomparso il 10 maggio a Sana Ana, nello stato di Sonora a 70 chilometri dal confine statunitense di Nogales.
Le vittime sono Benjamín Morales Hernández, fondatore e direttore del sito di informazione locale Noticias Xonoidag (3 maggio, Sonora); Gustavo Sánchez Cabrera, direttore del sito Noticias Minuto a Minuto (17 giugno, Oaxaca); Saúl Tijerina Rentería, collaboratore di Noticias en la Web e La Voz de Coahuila (22 giugno, Coahuila); Ricardo López Domínguez, direttore di InfoGuaymas (22 luglio, Sonora); Jacinto Romero Flores, conduttore radiofonico di Ori Stereo 99.3 FM (19 agosto, Veracruz).
A questo elenco si devono poi aggiungere altri due cronisti, uno ucciso e uno scomparso, sul cui caso sono tutt’ora in corso ricerche da parte dell’equipe di indagine di Artículo 19 per stabilire se il crimine sia collegato al lavoro giornalistico: Abraham Mendoza, giornalista radiofonico freelance, freddato da tre sicari lo scorso 19 luglio all’uscita da una palestra di Morelia, e Pablo Felipe Romero Chávez, scomparso il 25 marzo a Guaymas, nello stato di Sonora, tornato a fare il giornalista da appena un mese dopo una pausa di tre anni durante i quali ha lavorato per un’impresa funeraria.

Gli attacchiSotto accusa anche la politica. La campagna elettorale per il rinnovo dei cinquecento deputati alla Camera è stata definita dalla ong come il “principale fattore di rischio” per i giornalisti: ben 56 attacchi alla stampa hanno come responsabili dei membri di partiti politici. “La stampa in Messico” – spiegano da Artículo 19 – è sempre più un obiettivo da mettere a tacere e censurare durante le elezioni”. Un focus è poi dedicato agli attacchi online: un’aggressione su tre, si legge nel report, è infatti condotta tramite la rete. Si va da vere e proprie campagne diffamatorie contro i giornalisti e messaggi minatori fino ad attacchi informatici e tentativi di accesso ai computer e agli smartphone dei cronisti. Infine, ben 120 attacchi su 362 hanno avuto come vittima una giornalista: si tratta soprattutto di intimidazioni e molestie (49).
“Gli attacchi di questo primo semestre del 2021 mostrano come la situazione in Messico, quando siamo al terzo anno del mandato di governo di Andrés Manuel López Obrador, sia sempre la stessa: lo Stato come principale aggressore, e giornalisti che si occupano di corruzione e, in generale, di politica sempre più nel mirino”. La tendenza è ormai consolidata: “Aumentano gli attacchi contro le giornaliste, la rete è uno spazio sempre più pericoloso in cui esercitare la professione e gli abusi di potere sono la prassi”. In relazione alla geografia degli attacchi, “la situazione è particolarmente allarmante in alcuni stati come Tamaulipas, Sonora e Guerrero” dove sono “sempre meno i giornalisti pronti a sacrificare la propria vita per garantire il diritto all’informazione”.

L’ultimo omicidio “Quando chi usa i microfoni deve affrontare i proiettili è l’intera società a perdere”. Non usa mezze parole l’ufficio in Messico dell’Alto Commissariato delle Nazioni Uniti per i diritti umani (ONU-DH) per denunciare la situazione in un comunicato del 20 agosto, dopo l’omicidio di Jacinto Romero Flores. “L’omicidio di Romero, così come le minacce che aveva subito in precedenza, mostrano il contesto di vulnerabilità e di rischio in cui i giornalisti sono costretti a operare in Messico” spiega Jesús Peña, vice rappresentante ONU-DH in Messico. “Né il caso di Jacinto Romero, né nessun altro, può essere un semplice numero, una cifra in più. C’è bisogno di un’indagine approfondita per spezzare il vortice dell’impunità, un vortice che uccide e crea paura. Chiarire questo omicidio, e tutti gli omicidi di giornalisti che hanno pagato con la vita la cronaca, è l’unico modo per garantire a familiari, amici, colleghi e alla società nel suo insieme la difesa della libertà di espressione contro chi crede di avere il diritto e il potere di decidere cosa dire”, ha concluso il vice rappresentante. Jacinto Romero, collaboratore dell’emittente radiofonica Ori Stereo, aveva denunciato pubblicamente le minacce subite già a febbraio (come dimostrato dalla foto qui sotto) ed era inserito nel programma di prevenzione della Commissione statale per l’attenzione e la protezione dei giornalisti (CEAPP) dello stato di Veracruz. Il 18 agosto, mentre era a bordo di un veicolo sulla cui fiancata era stampata la scritta “Press”, è stato ucciso da due sicari. Dal 2000 a oggi si tratta del trentunesimo giornalista ucciso nello stato di Veracruz e della ventiduesima vittima del mondo dell’informazione dall’inizio del mandato presidenziale di Andrés Manuel López Obrador.

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Omicidi che si potevano evitareUn anno prima di essere ucciso, Gustavo Sánchez Cabrera, direttore del sito Noticias Minuto a Minuto, aveva denunciato le minacce subite. A luglio del 2020 quelle minacce si palesarono, ma riuscì a scampare a un attentato. Solo a gennaio di quest’anno venne inserito nel Meccanismo di protezione. Ad aprile gli venne revocata la protezione che, da prassi, dura per tre mesi (rinnovabili). Il 17 giugno è stato ucciso. Anche le morti di Ricardo López Domínguez (22 luglio) e Jacinto Romero Flores (19 agosto) potevano e dovevano essere evitate: “Entrambi erano già stati vittime di due attentati” spiegano da Artículo 19. “Ricardo fu anche costretto ad allontanarsi dal comune in cui viveva e lavorava mentre Jacinto era stato minacciato nuovamente appena cinque mesi prima del suo omicidio”. Anche qui, il Meccanismo di protezione ha fallito. Questi tre casi “dimostrano la necessità di migliorare le strategie di prevenzione e protezione previste attualmente”.

Il sistema di protezione Diverse sono le richieste della ong al governo per rendere il Mecanismo de protección de personas defensoras de derechos umanos y periodistas realmente efficace: intanto “inserire gli attacchi digitali tra i fattori di rischio e, pertanto, tra i casi sufficienti per far scattare misure preventive di attenzione e investigazione”. Quindi “facilitare il processo di inserimento dei giornalisti all’interno del programma tramite delle procedure di urgenza e controllare a livello centrale le attività messe in pratica dai dipartimenti federali” considerando che “la maggior parte degli attacchi contro i giornalisti proviene da funzionari dei governi locali”. Gli stessi che spesso dovrebbero proteggere i giornalisti.

La criminalità organizzata e l’impunità Dei 362 attacchi alla stampa, 12 sono stati commessi da gruppi riconducibili alla criminalità organizzata messicana. Solo il 3% del totale. Un numero apparentemente basso. Il problema è che di 80 casi (il 22% del totale) non si sa nulla dei responsabili delle aggressioni. “Un dato che dimostra come il livello di indagine messo in campo dalle autorità quando si tratta di crimini contro i giornalisti è assolutamente insufficiente”, con un “altissimo tasso di impunità che rende gli operatori dell’informazione ancora più vulnerabili”, spiegano da Artículo 19. “Lo fanno perché possono farlo” ha spiegato Leopoldo Maldonado, direttore di Artículo 19, in una recente intervista televisiva a Milenio. “Gli attacchi, le minacce, gli omicidi sono un messaggio a tutti i giornalisti per silenziarli. Il giornalismo in Messico è sotto assedio. E la criminalità organizzata non ha niente da temere”.

Tabella: i giornalisti uccisi in Messico dal 2000 a oggi (25 agosto 2021)
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