Appassionarsi a Darwin per amare la scienza e la natura

Una doppia intervista a Sergio Rossi e Sara Cristofori, autori del libro "L’avventura di Darwin", in occasione della giornata mondiale della Terra.

Fabio Bartoli

Oggi si celebra la giornata della Terra, volta alla sua preservazione. Per amare e proteggere il nostro pianeta basterebbe ammirarne la natura con gli occhi curiosi di Charles Darwin o con quelli incantati di Alan Monroe Head. Se il primo è noto a tutti, essendo uno degli scienziati più importanti della storia, per far conoscenza del secondo si consiglia di leggere il romanzo illustrato di Sergio Rossi e Sara Cristofori L’avventura di Darwin, edito nel 2022 da Gallucci. Alan è infatti il protagonista di fantasia della storia, che attraverso i suoi racconti e le sue illustrazioni restituisce a lettori giovanissimi e non la straordinarietà del viaggio di Darwin a bordo del Beagle, il cui portato fu all’origine dell’elaborazione della teoria della selezione naturale. 

Sergio Rossi, oltre che a essere uno scrittore, lei è un fisico: cosa può dirci dal suo punto di vista di scienziato dello stato di salute della Terra? Stiamo facendo abbastanza per preservarla?
Rossi: Diciamo che si sta provando a preservarla; mezzi e persone ci sono, ma da parte di molti governi e lobby industriali non si vogliono affrontare di petto i veri problemi, ossia la fine dei combustibili fossili, dell’agricoltura e l’allevamento intensivi, dello sfruttamento delle risorse e delle economie dei Paesi più poveri che stanno pagando per noi le nostre responsabilità. A questo proposito cito un dato di Oxfam: l’1% più ricco del pianeta genera il doppio delle emissioni del 50% più povero, ossia 80 milioni di persone emettono il doppio dei gas serra di 4 miliardi di persone. È uno squilibrio che si commenta da solo. Un’altra azione che rema contro è il greenwashing delle multinazionali del fossile – ne abbiamo avuto un esempio all’ultimo festival di Sanremo –­ che, ieri come oggi, vogliono passare per interlocutori della transizione energetica ma senza ammettere le proprie responsabilità. Manca anche un immaginario collettivo del problema dello stato della Terra sul modello, tanto per fare un esempio, dei tanti scenari narrativi sul dopo-bomba creati durante la Guerra fredda. Questa mancanza, che lo scrittore Amitav Ghosh ha ben descritto nel suo libro La grande cecità, non ci permette di introiettare lo stato del pianeta, mentre abbiamo bisogno di qualcosa che ci aiuti a immaginare e realizzare soluzioni nuove e renda la transizione energetica desiderabile, per usare la definizione inventata da Alex Langer.

Qual è lo stato dell’educazione scientifica in Italia? La scuola fa abbastanza per trasmettere un’educazione laica e scientifica oppure siamo ancora indietro? E in che modo la letteratura per ragazzi può coadiuvare le istituzioni da questo punto di vista?
Rossi: Secondo me la situazione è paradossale: in tutte le scuole, di qualunque tipo e di qualunque ordine, sono presenti le materie scientifiche, insegnate anche da docenti piuttosto in gamba che si prodigano molto al di là dei loro compiti e del loro stipendio; persino al classico sono aumentate le ore di matematica, ma in realtà l’educazione laica e scientifica è molto bassa, come mostrano i dati PISA-OCSE. E lo è anche nelle fasce di popolazione che dovrebbero essere più colte: basta vedere le polemiche su vaccini sì/no/forse, oppure sul fatto se siamo andati o meno sulla Luna (e ci siamo andati) portati avanti anche e soprattutto da professori di materie scientifiche. Questo accade anche perché, a mio avviso e lo noto sempre più da quando insegno alle superiori, è in generale sbagliato il modo con cui vengono insegnate le scienze, spesso viste come un ricettario e/o una serie di aneddoti da studiare senza spiegare il contesto storico, il perché e il per come e le relazioni con la società in cui sono nate. In più, la matematica e le scienze sono studiate a scuola a comparti stagni, con tutte le conseguenze del caso. Un esempio è lo studio della fisica: il programma di qualunque scuola superiore si apre al primo anno con la meccanica di Newton, che però si può capire davvero solo usando le equazioni differenziali inventate da Newton e Leibnitz le quali, se va bene, saranno studiate all’università solo dagli iscritti all’esame di Analisi II. Insomma, si studiano le scienze ma senza gli strumenti (matematici e storici) per poterle capire davvero. Questo perché in Italia ancora vige un’impostazione gentiliana-crociana della cultura, per la quale le scienze non sono degne di essere oggetto di studio rispetto a qualunque materia umanistica: ecco perché, come abbiamo visto in qualche talk-show durante la pandemia di Covid, un professore di diritto si permette di spiegare a un immunologo di fama mondiale cosa è un virus, ma senza farglielo capire. Oppure si pensa che le scuole superiori di materie tecnico-scientifiche siano adatte a chi non ha voglia di studiare, pensando, erroneamente, che siano alla portata di qualunque Lucignolo e più facili di un qualunque liceo classico o scientifico. Insomma, i motivi sono tanti.
La letteratura per ragazzi porta avanti da anni una seria, precisa e puntuale alfabetizzazione scientifica sia dal punto di vista della saggistica sia della narrativa, con sempre più romanzi ambientati in ambito scientifico o con protagonisti scienziati e scienziate: basta sfogliare i cataloghi di editori piccoli e grandi come Einaudi Ragazzi/Edizioni EL, Castoro, Editoriale Scienza, Gribaudo, Giunti, Franco Cosimo Panini, Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, Laterza, Camelozampa e ovviamente Gallucci, il cui fondatore è un fisico e giornalista. Nella classifica dei libri più venduti c’è stabilmente da molti mesi il volume sulla fisica scritto da un docente di fisica all’istituto tecnico che conta milioni di follower su ogni social, persino TikTok. Anche il fumetto è stato arruolato nella divulgazione: basti pensare al progetto Comics&Science del CNR, mentre nel 2019 la biografia a fumetti Nikola Tesla, che ho scritto per Becco Giallo con i disegni di Giovanni Scarduelli, è stata il primo graphic novel a vincere il premio Dosi per la divulgazione scientifica, al pari di altri volumi ovviamente non a fumetti – successivamente il premio è stato vinto da altri libri a fumetti.

Andiamo finalmente nello specifico del libro, L’avventura di Darwin: come e perché è nato questo progetto? E come è nato anche il suo protagonista, l’adolescente Alan, l’unico personaggio di fantasia del libro?
Rossi: È nato partendo dalla passione di entrambi per l’avventura vissuta da Darwin a bordo del Beagle: è stato un viaggio che ha cambiato la Storia ed è stato anche un “romanzo di formazione”, dato che ha trasformato un giovane adulto sfaccendato, come si definiva lo stesso Darwin, nel grande scienziato che conosciamo. Il personaggio di Alan nasce su suggerimento di Alice Fornasetti, la nostra agente. Ed è stato un suggerimento prezioso perché mi ha permesso di creare una doppia linea narrativa: quella di Alan ragazzo che, come Darwin, compie il viaggio che cambia la sua vita, come dimostra lo stile del suo diario che cambia durante i cinque anni di permanenza sul Beagle, una nave che diventa per lui scuola di vita e di conoscenza; quella di Alan adulto mi ha permesso di raccontare gli effetti del viaggio del Beagle, ossia la pubblicazione de L’origine delle specie e il suo impatto sulla società, oltre che vedere come questo libro ha cambiato i personaggi coinvolti nel frattempo – perché tutti sono cambiati, in meglio e in peggio, durante e dopo quel viaggio. Soprattutto, attraverso Alan adulto ho raccontato anche il suo cammino di scrittore e giornalista, prendendomi anche in giro tramite il personaggio, e ho potuto mostrare come la teoria della selezione naturale possa essere la chiave di lettura della vita di un essere vivente e della società in cui vive: penso, in particolare, alla scena della sua visita alla workhouse, dove rivede la sua infanzia e un suo possibile destino.

Se Alan è un personaggio di fantasia gli altri personaggi de L’avventura di Darwin, così come i luoghi del libro, sono tutti reali e lo sono anche tutti i riferimenti scientifici in esso contenuti. Come si è approcciato, in questo libro e in altri, alla presentazione degli scienziati e alle loro teorie e scoperte a un pubblico di giovanissimi? Qual è stato – ed è – il suo proposito di divulgatore scientifico nel compiere questa operazione?

Rossi:  Come lettore mi sono formato sul Corriere dei Ragazzi, dove Mino Milani (e non solo lui) raccontava storie a fumetti di ogni genere, ambientate in ogni tempo e ogni luogo, senza stare a preoccuparsi se noi ragazzi conoscevano quei temi e quei luoghi, ma solo che quelle vignette ci tenessero incollati alla lettura. E aveva ragione. E lo stesso posso dire di opere come Storia e gloria della dinastia dei paperi di Guido Martina, Romano Scarpa e G.B. Carpi, le parodie Disney, Valentina Mela Verde di Grazia Nidasio o Asterix di Goscinny e Uderzo: storie e personaggi che, senza rinunciare al piacere della lettura, non avevano paura a proporre temi intrecci e complessi a bambini e ragazzi i quali, anche per questo, le leggevano e le amavano.
Quando da grande ho ritrovato quei luoghi e quelle situazioni storiche a scuola o al lavoro, ho capito quanto quelle letture avevano formato il mio gusto e la mia educazione. Il mio approccio è figlio di questi grandissimi autori, sia nella narrativa sia nella divulgazione. Anche perché le scienze sono ricche di storie appassionanti e personaggi memorabili, e senza neppure la fatica di inventarli, tanto che a volte mi è difficile separare una narrazione da un saggio. C’è anche da dire che scrivo divulgazione per avere una scusa per studiare argomenti nuovi e quindi leggere nuovi libri, rileggere quelli già letti, sognare quelli perduti, e poi citarli tutti insieme in quello che scrivo per condividere le gioie della scoperta con i miei possibili lettori. Infine, quando vado nelle scuole mi accorgo di quanto sia forte la passione e la curiosità che suscitano la scienza e il suo racconto in ragazze e ragazzi. Se anche uno solo di questi lettori proverà stupore nell’ammirare quell’opera d’arte collettiva che è la scienza, allora penserò di aver fatto un buon lavoro.

Sara Cristofori, nella sua biografia sulla quarta di copertina indica come suoi amori la storia e l’etologia. Se vogliamo questi sono anche i due elementi cardine del libro: quanto di questi tuoi due amori vi è presente? E come l’hanno ispirata nello svolgere questo lavoro?
Cristofori: In questo romanzo direi che la storia detiene decisamente la fetta più grossa. Questo perché la narrazione ripercorre fedelmente le tappe del viaggio di Darwin e il libro cerca anche di restituire il contesto storico e sociale del tempo. Per la verità, non sono una storica e nemmeno una vera studiosa. Semplicemente, la storia mi ha sempre appassionato fin da bambina e il mio entusiasmo resta immutato ancora oggi. Vivo nel Regno Unito da diversi anni e chiaramente ho letto molto delle vicende – tanto gloriose quanto tragiche – di questo Paese. Un paio di anni fa ho cominciato a esplorare l’Ottocento britannico: l’età della Reggenza, l’era Georgiana e quella Vittoriana. In particolare, per l’epoca Vittoriana ho sviluppato una curiosità – direi così – a tutto campo, che investe anche gli arredi, la moda e il design. Inoltre, subisco il fascino profondo di una società che è stata di fatto l’incubatrice del pensiero laico e liberale, nel senso più ampio del termine. Darwin, insieme agli altri scienziati e agli intellettuali del suo tempo, preparò il terreno per quella fioritura del pensiero scientifico e antidogmatico che avverrà nella seconda metà dell’Ottocento.  
Proprio mentre stavo facendo queste letture mi sono imbattuta nel libro che mi ha fatto venire voglia di mettere in piedi questo progetto, che Sergio ha accolto con tanto entusiasmo e navigato con grande sapienza. Il libro in questione (dalla biblioteca di mio suocero, Giorgio Carnevali, a cui è andata la mia dedica nel romanzo) era il resoconto del viaggio a bordo del Beagle del giornalista Alan Moorehead (nome a cui si ispira il nostro personaggio Alan Monroe Head), corredato di immagini e mappe. Quella lettura blew away my mind, come si direbbe da queste parti. 
Non so, sicuramente anche la mia passione per l’etologia c’entra in qualche modo, considerando le incredibili scoperte in campo zoologico di Darwin. Però terrei distinte le due cose, dato che la biologia comportamentale come disciplina è qualcosa che si è sviluppata molto tempo dopo rispetto al viaggio di Darwin e infatti io e Sergio non abbiamo trattato direttamente questi temi nel libro.

L’adolescente Alan è proprio colui che racconta la storia e ce la illustra. Lei ha curato le illustrazioni e lo ha fatto con un tratto, un linguaggio e volute maldestrezze tipicamente infantili. In che modo lei, illustratrice professionista adulta, si è calata nel mondo di un illustratore dilettante adolescente?
Cristofori:  Da piccola leggevo – e non ho smesso di farlo – le strisce di Schulz in cui Charlie Brown scriveva delle pasticciatissime lettere a un fantomatico amico di penna. Un po’ perché non era molto pratico con la penna stilografica, un po’ perché sentiva molto la solennità del momento, l’ansia di essere all’altezza di quel gesto al cospetto del suo sconosciuto corrispondente, Charlie finiva sempre per combinare dei disastri con l’inchiostro. Ho pensato che anche Alan avrebbe potuto avere un rapporto simile con il suo diario.
Io stessa uso un quaderno dove si può trovare di tutto: appunti, schizzi, liste (le più disparate!), ritagli di giornale, fili d’erba… è un guazzabuglio orribile che non mostro volentieri ad altri. Portare fuori chi sei dentro, inclusi sogni, idee, scoperte, dubbi, e tutto ciò che può essere contenuto in una lettera, un diario o in un quaderno di appunti, è un affare complicato per il piccolo Charlie, il giovane Alan e l’adulta Sara.

Perché raccontare la vita di Charles Darwin proprio attraverso il suo viaggio a bordo del Beagle? Questa componente avventurosa è maggiormente in grado di affascinare i lettori più giovani e catturare la loro attenzione?
Cristofori:  È chiaro che la componente di avventura e le incredibili vicende storiche raccontate tramite gli occhi e la penna di un ragazzino potrebbero già bastare ad affascinare un pubblico di giovani lettori e lettrici.
Però, avendo lavorato a questo progetto per molto tempo, mi sono accorta che c’era anche dell’altro. Spero che, se qualche giovane lettrice o lettore ci stia leggendo, si soffermi a riflettere sulle considerazioni che seguono. Posso affermare con assoluta certezza di avere due cose in comune con Charles Darwin: la prima è il soffrire orribilmente di mal di mare, e la seconda è l’aver scoperto relativamente tardi cosa mi piaceva fare nella vita.
La prima cosa non ha fatto altro che aumentare la mia stima per l’uomo. Furono cinque, lunghissimi anni di navigazione. Se mi metto nei suoi panni, non so neanche se sarei riuscita a portare a casa la pelle: figuriamoci le scoperte! Bisogna tener presente che all’epoca Darwin non aveva alcuna consapevolezza della dimensione della sua impresa. Non immaginava affatto che ciò che stava facendo lo avrebbe portato un giorno a diventare lo scienziato più famoso del pianeta. Ha resistito al supplizio della navigazione con grande forza di spirito, solo perché aveva finalmente capito cosa dava un “senso” alla propria esistenza. Teniamo presente che quando Darwin parte per quest’avventura ha 22 anni. Giovanissimo, diremmo oggi.
Non nella società di allora, quando a 22 anni si era già ampiamente considerati adulti. Charles si era laureato, ma non era stato uno studente brillante e non si era mai distinto nel suo percorso di studi. Il padre, dati i risultati poco entusiasmanti, lo aveva indirizzato alla carriera ecclesiastica. Ma il caso volle che un amico di Charles, John Stevens Henslow – un prete anglicano, ma anche uno studioso di botanica e geologia – mettesse una buona parola col capitano FitzRoy per farlo imbarcare a bordo del Beagle. E il resto è storia! Ovviamente, con questo non voglio in alcun modo suggerire ai ragazzi che non bisogna impegnarsi a scuola e che nella vita bastano la fortuna e le conoscenze giuste. Quel che secondo me questa storia ci insegna è che nella vita non è mai troppo tardi per inseguire le proprie passioni.  Se siamo così fortunati da trovare qualcosa che ci interessa veramente, allora vale la pena dedicarvisi e resistere alle difficoltà… persino al mal di mare!

Attraverso questo lavoro, come sente di contribuire al possibile germoglio di curiosità scientifica e sensibilità ambientale nelle menti dei vostri giovanissimi lettori?
Cristofori
: Francamente ritengo di avere molto poco da insegnare alle giovani e ai giovani di oggi in materia di ambiente. Anzi, forse è vero il contrario! Fortunatamente i giovani di oggi mi sembrano più sensibili della mia generazione, e ancor più della generazione precedente alla mia, verso i temi della tutela dell’ambiente. Posso solo invitarli a informarsi consultando fonti attendibili, autorevoli e laiche. La scienza non può trovare spazio senza la laicità. Questo vale nella scuola, nell’accademia e nella società in generale, ma prima ancora nelle nostre menti, che spesso possono rimanere prigioniere della pigrizia e del dogmatismo.  Persino le teorie di Darwin, che oggi tutti studiano sui libri di scuola, furono al tempo fortemente osteggiate e ostacolate dalle ingerenze del clero anglicano presente nell’accademia e nella comunità scientifica britannica.
Per quanto concerne la curiosità scientifica, mi piace pensare che io e Sergio avremo contribuito, con questo nostro romanzo, a suscitarne un pochino in qualche giovane lettore.  Quando mi è venuta l’idea del libro, ho subito fatto delle ricerche per vedere cosa fosse stato già prodotto sull’argomento nell’editoria per i ragazzi. Sono rimasta sbalordita nel constatare ci fosse pochissimo in circolazione! Ma come? Un viaggio così incredibile! La scienza non assisteva a una rivoluzione più grande dai tempi di Copernico! Poi mi sono ricordata che a me a scuola nessuno aveva mai raccontato di Darwin da giovane e di come fosse davvero arrivato a formulare le sue teorie, quale storia personale ci fosse dietro. A volte penso che certe cose vengano insegnate con troppa “freddezza”. Spero che questo libro possa trasmettere almeno una minima parte di tutta l’umanità, la passione e la curiosità di cui, invece, la scienza è fatta.

* Sergio Rossi ha tre amori: le storie, le scienze e i fumetti. Dopo la laurea in Fisica ha deciso di riunirli lavorando nell’editoria: traduce graphic novel, collabora con giornali e periodici, si occupa di libri scolastici e scrive romanzi e racconti. Ha diretto alcuni marchi editoriali e ha vinto il premio Andersen per il miglior fumetto e il premio Dosi per la divulgazione scientifica.

** Sara Cristofori vive nel Regno Unito, ma è nata e cresciuta in Italia. Ha lavorato come designer di abbigliamento per bimbi e si è occupata anche di merchandising, marketing e grafica. Negli ultimi anni si è dedicata alla scrittura e all’illustrazione di libri per bambini e ragazzi. Ha due grandi passioni: la storia e l’etologia.

 

 

 

 

 



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