Giovedì nero, milioni di manifestanti. La lezione del popolo francese a Macron

Lezione di democrazia dei francesi dopo la grottesca intervista in ginocchio fatta da due imbarazzanti giornalisti al presidente Macron. Per il sindacato CGT, 3,5 milioni di manifestanti sono scesi in piazza in tutta la Francia, 800.000 nella sola Parigi. Alla fine del corteo i casseurs scatenano una violenta guerriglia urbana nel quartiere dell’Opéra.

Marco Cesario

Almeno 123 poliziotti feriti secondo le cifre del ministero dell’interno. Incidenti gravi anche a Bordeaux, Lilla, Angers. Ma le violenze dei facinorosi, che fanno fin troppo rumore, non possono macchiare questa giornata che è una lezione di civiltà e democrazia per tutta Europa.
Una lezione di civismo e di democrazia di fronte al delirio bonapartista di un presidente sempre più isolato ed asserragliato. Dopo la grottesca intervista in ginocchio (in un orario inconsueto) in cui il presidente Macron, davanti a due giornalisti incapaci di formulare la seppur minima domanda, non ha mostrato segni di pentimento per aver fatto passare di forza una riforma delle pensioni senza il consenso del parlamento, il popolo francese ha risposto nella maniera più democratica possibile: manifestando. Piazze gremite e sindacati soddisfatti che rilanciano il movimento anti-riforma in attesa della decisione del Consiglio Costituzionale (che potrebbe invalidare l’uso dell’articolo 49.3 azzerando la risicata vittoria della bocciatura della mozione di censura). Partecipazione record quella del 23 marzo. Famiglie, bambini, anziani, studenti, operai, cittadini. Un popolo intero che si solleva con coraggio per difendere i propri diritti, riempiendo la piazza simbolo di tutte le lotte, la Bastiglia. Secondo il sindacato CGT, 3,5 milioni di manifestanti sono scesi in strada in tutta la Francia ma per il ministero dell’interno sarebbero soltanto 1,2 milioni, un numero comunque altissimo. Solo a Parigi hanno sfilato almeno 800.000 persone. Manifestazione che inizia pacificamente con gli studenti a cantare, le mongolfiere e la musica dei camioncini della CGT. Poi mentre il lungo corteo si snoda come un serpente verso l’Opéra, come spesso accade, entrano i casseurs in azione, demoliscono un McDonald’s, distruggono le vetrine di gioiellerie e banche, e poi passano alle maniere sempre più forti lanciando proiettili contundenti, usando spranghe e martelli contro i negozi ed appiccando il fuoco alle centinaia, migliaia di cassonetti stracolmi di immondizia che giacciono fermi da settimane per lo sciopero dei netturbini. Il risultato di queste azioni è una città trasformata in un deserto asfittico di fuoco e fumo: cassonetti bruciati, mobilio urbano devastato, vetrine infrante, negozi saccheggiati, fuggi fuggi generale e le strade che diventano un campo di battaglia in cui si affrontano nella nebbia acre dei gas black block senza scrupoli (a cui poco interessano le motivazioni dei manifestanti) e poliziotti sempre più violenti ed arrabbiati che oramai terrorizzano anche i giornalisti, spesso considerati troppo vicini alle ragioni dei manifestanti con i loro obbiettivi puntati sulla violenza. Dunque anche chi documenta rischia e da questo si capisce quanto sia alta la tensione dopo una crisi istituzionale di questo tipo.

Una cosa è certa, il popolo sembra aver perso la fiducia in Macron, nei sondaggi è caduto sotto al 28%, nessuno potrà perdonargli l’aver voluto scavalcare un organo di rappresentanza tanto sacro ai francesi qual è l’Assemblea Nazionale. Qui nacque la politica moderna, il concetto di sinistra e destra e proprio in questo “’emiciclo”, dove fu concepita la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, Macron ha sfregiato la democrazia con le sue manovre di palazzo. In questa tetra atmosfera di “empire à la fin de la décadence” per dirla alla Verlaine, le forze dell’ordine, sobillate dai violenti, fanno oramai il gioco della tensione compiendo scorribande scriteriate tra i tavolini dei quartieri pedonali. Ad un certo punto non si capisce più chi sono i casseurs e chi sono i poliziotti, nella notte acre e buia sono diventati l’uno lo specchio dell’altro. S’inseguono a vicenda, si insultano, distruggono tutto ciò che hanno a tiro. E così quartieri sigillati, trappole e scene da far west con sagome impacciate e protette da caschi e parastinchi che fanno il verso ai violenti abbassandosi allo stesso livello e aggredendo a colpi di manganello e granate stordenti anche poveri malcapitati. Così il messaggio chiaro e diretto a Macron si diluisce nel profluvio di condanne bipartisan della violenza di pochi facinorosi, senza pensare al messaggio lanciato da milioni di persone in tante città francesi: da Parigi a Montpellier, passando per Lilla, Brest, Lione, Angers, Bordeaux, Marsiglia. E così centinaia di cortei in tutto il paese sfociano in violenza gratuita seppellendo sotto una coltre di fumo ed ipocrisia tutto quanto di buono c’è nella risposta democratica di un popolo ad una riforma chiaramente dettata da Bruxelles (come ha ricordato lo stesso Mélénchon a caldo dopo la surreale intervista di Macron). Nonostante però i gas stordenti, la stanchezza e la notte che sembra coprire finalmente con una coltre di silenzio irreale le vicende turbolente del giorno, bisogna però avere chiaro in mente una cosa: gli incidenti di fine corteo non possono macchiare questa giornata che è una lezione di civiltà e democrazia per tutta Europa. Il popolo vale ancora qualcosa. Soprattutto la Francia dimostra che una sinistra europea di lotta e non di salotto, disposta a mettersi in gioco per sostenere le istanze dal basso, è ancora possibile.

Foto 1,2 e 3 di Marco Cesario
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