Gli untori Covid annidati nella comunicazione

Passata l’ondata No green pass, riaffiora la palude No Vax, con il rischio di alimentare una quarta ondata del virus.

Mauro Barberis

Passata l’ondata No green pass, riaffiora la palude No Vax, con il rischio di alimentare una quarta ondata del virus, se non in Italia, certamente nel mondo. In Italia forse no: ma non per fortuna – il solito stellone italico – bensì perché abbiamo già dato. Voglio dire: siamo stati il primo paese dell’Occidente a essere colpito dal virus, e anche il primo a prendere serie contromisure. Qualche insigne trombone continuerà a ripetere che siamo l’unico paese al mondo ad aver adottato il green pass. Senonché, a parte che non è vero, per una volta che siamo noi ad avere qualcosa da insegnare al mondo, dobbiamo pure vergognarcene?

Qui di seguito vorrei fare tre esempi di come una parte della comunicazione, formata non solo da politici più o meno populisti ma anche da autorità universitarie e religiose, lavori attivamente, spero inconsapevolmente, per diffondere il virus. Il primo esempio è una testimonianza personale. Mi trovavo a Udine, al Festival di Mimesis, il maggior editore del Nordest e uno dei migliori italiani, quando a cena un mio noto collega – per la verità un filosofo, non sono mai stato così contento di essere un giurista – se ne esce con la frase seguente: «Il ministro della Salute, Speranza, dovrebbe essere processato a Norimberga».

Attimo di gelo, io mi alzo da tavola per resistere alla tentazione di versargli in testa la bottiglia di Merlot, quando torno la conversazione è ripresa come se niente fosse. Continuo a rimuginare, però che la frase del mio collega lancia lo stesso messaggio idiota della manifestazione degli scervellati di Novara, quelli che protestavano contro la “dittatura sanitaria” vestiti da deportati dei lager. Poi rifletto che il filosofo, benché vaccinato e ateo, segue le prescrizioni alimentari di molte religioni monoteiste, che vietano cibi impuri come il maiale, i frutti di mare, eccetera. Derubrico la cosa a una sua ossessione personale e l’incidente si chiude, fra i sorrisi forzati di entrambi.

Secondo esempio, ormai così noto che me ne sbrigo rapidamente, perché n’è parlato pure troppo. L’ex nunzio della Chiesa di Roma negli Stati Uniti, intervistato in prima serata su La Sette, denuncia un complotto sanitario globale di governi, Big Pharma, scienziati, medici, infermieri, una Spectre che uccide apposta i pazienti negli ospedali al solito fine, conquistare il mondo, come nei film di James Bond. Un giurista pensa subito che, così facendo, il prelato commette una decina di reati, per non parlare delle responsabilità morali. Quanti partecipano al talk show, invece, abbozzano, fra sorrisini e sguardi da un’altra parte. Solo Bruno Vespa, basito, mormora le parole giuste: che Dio lo perdoni.

Terzo e ultimo esempio. In Romania, paese con il 33% di vaccinati, cinquecento morti al giorno e i cimiteri esauriti, un vescovo ortodosso dichiara nel sermone domenicale di non vaccinarsi perché, oltre ad andare all’inferno, che non è poco, i vaccini rumeni sono scaduti e vaccinandosi si rischia il cancro. Il giurista pensa: complimenti, qui dalla diffusione di notizie false si è arrivati ai crimini contro l’umanità. Il cinefilo, invece, pensa al film La scelta di Anne, vincitore a Cannes, che mostra i danni fatti all’umanità in genere, e alle donne in particolare, dalle superstizioni. Ecco, né il giurista né il cinefilo sono la persona giusta per fare pistolotti su tutto ciò, e allora l’unica morale me la faccio da me. Un intellettuale, un vescovo, o anche solo un utente di Facebook con molti follower, rischi pure il Covid per sé – della propria vita, dopotutto, ognuno fa quel che gli pare – ma la pianti dall’attentare a vita e salute degli sventurati che ancora gli credono.

 

(credit foto ANSA/ ALESSANDRIO DI MARCO)



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