Il governo contro l’Europa. Prove tecniche di regime?

Dagli attacchi alla magistratura sino alle leggi bavaglio contro la stampa, dall’occupazione scientifica della Rai fino alla vicenda del patto di stabilità/ratifica del Mes: prove tecniche di regime?

Mauro Barberis

Il clima politico e umano di queste feste è riassunto dall’autore della strage di Praga: «Odio tutti, e tutti mi odiano». Un anno feroce, gremito di guerre, stragi, femminicidi, si chiude così, con un ultimo gesto di bestialità. A proposito di bestialità, si chiude nel segno dell’ennesima gaffe istituzionale, che scatena una guerra di tutti contro tutti, anche il 2023 politico italiano. Come qualificare in altro modo, infatti, la vicenda del patto di stabilità/ratifica del Mes, che compromette l’unica cosa buona fatta sinora dal governo Meloni, curare i rapporti fra Italia ed Europa?
Vicenda in cui perdono tutti e non vince nessuno. Non certo l’opposizione, che ha chiesto il voto ben sapendo come sarebbe finito, compresa l’ennesima spaccatura Pd/Cinquestelle. Meno che mai la maggioranza, divisa fra una presidente del Consiglio che si crede onnipotente e un Salvini che pensa solo a metterle i bastoni fra le ruote. Altro che fare la king/queen maker di Ursula von der Leyen e di una nuova maggioranza di centro-destra europea: d’ora in poi, Meloni non potrà più garantire il rispetto di alcun patto. E non parliamo del centro forzista: la sua astensione ne ha confermato il ruolo puramente decorativo.
La domanda vera, a questo punto, non è come faremo la prossima volta che avremo bisogno dell’Europa: perché è l’Italia, il Paese più indebitato del vecchio continente, ad avere bisogno della Ue, non viceversa. La domanda vera, semmai, è per quanto tempo riusciremo ad andare avanti così, litigando su tutto, avendo come unico orizzonte le prossime elezioni europee. Che sono fra sei mesi, ricordo, eppure sembrano costituire l’unica preoccupazione del governo, e per riflesso anche dell’opposizione.
Se questa fosse la democrazia – una rissa permanente per mobilitare più potenziali astenuti alle successive elezioni, che poi queste siano europee, politiche, o regionali in Molise, con tutto il rispetto per il Molise – comincerei a capire il fascino sinistro che esercitano ormai sugli italiani tutte le alternative. La Tecnocrazia: sempre meglio, comunque, di questa fiera permanente dello scappato di casa. Il sorteggio delle cariche supreme, con premi di consolazione per i non sorteggiati. L’autocrazia soft, detta anche premierato: si va a votare una volta ogni cinque anni e poi non ci si pensa più. A quel punto, basta risse, a governare provvede l’uomo o la donna del destino: e se poi invade San Marino, non potendo invadere la Polonia, ci penserà il solito stellone italico.
Un’ultima domanda, giusto per abbandonarci al complottismo. Non sarà per avventura proprio questo lo scopo dell’attuale maggioranza, ma anche della parte di minoranza che ha votato contro il Mes: instillare negli italiani il dubbio sulla superiorità dell’autocrazia, non solo soft ma anche hard? Che tutte queste tempeste in un bicchier d’acqua – dagli attacchi alla magistratura sino alle leggi bavaglio contro la stampa, dall’occupazione scientifica della Rai sino alla proposta di rendere obbligatorio il presepe – si spieghino proprio così, come prove tecniche di regime?
Ecco, giunti a questo punto, per una volta mi sento di rassicurare i nostri affezionati lettori. Non al fascismo ci porta questa maggioranza, e gli stessi Cinquestelle che hanno votato contro la ratifica del Mes: anche per edificare un regime, dopotutto, ci vogliono dei seri professionisti. Gli uni e gli altri ci portano a qualcosa di molto più banale, al quale noi italiani siamo da lunga pezza assuefatti: al caro buon vecchio sfascismo. Buone feste!

FOTO ANSA/FABIO FRUSTACI



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