Governo e ricerca: ancora ritardi, ancora danni

Il settore della ricerca è strategico per qualsiasi paese. Un governo che esalta tanto il made in Italy, che vi ha intitolato un dicastero, che vuole istituire un liceo a esso dedicato e che vede in esso “il traino della ripresa del paese”, dovrebbe anche rendersi conto che la vera competitività sul piano internazionale si gioca oramai nel campo della ricerca e dell’innovazione tecnologica.

Silvano Fuso

Il 14 ottobre 2022, una settimana prima del giuramento del nuovo governo a guida Giorgia Meloni, avevo fatto un breve riepilogo di quale fosse stato nel passato l’atteggiamento delle forze dell’attuale maggioranza nei confronti della scienza e della ricerca.
Ciò che emergeva dal passato non induceva certo all’ottimismo ma, volendo concedere una certa apertura di credito al neoesecutivo, concludevo l’articolo affermando: “Sono perfettamente consapevole che le persone e le forze politiche possano cambiare, rendendosi conto dei propri errori. E mi auguro caldamente che questo possa accadere per quei personaggi politici del passato che oggi ci ritroviamo in posti chiave delle istituzioni”.

Oggi, a distanza di oltre sette mesi dall’insediamento del nuovo governo, è possibile cominciare a fare qualche valutazione del suo operato. Una significativa sintesi di quale sia l’atteggiamento dell’esecutivo nei confronti del mondo scientifico è emersa qualche giorno fa da una lettera che la professoressa della Statale di Milano e senatrice a vita Elena Cattaneo ha inviato al Direttore del Corriere della Sera.
La lettera non ha avuto purtroppo l’attenzione che meritava e quindi ne riportiamo di seguito alcuni brani significativi con alcuni brevi commenti. Il titolo della lettera chiarisce bene quale sia la tematica specifica affrontata dalla Prof.ssa Cattaneo: “Ricerca: i bandi e le occasioni perdute. Criteri di valutazione e attesa dei risultati: mantenere competitiva a livello internazionale la nostra ricerca scientifica è (anche) una lotta contro il tempo”.

La senatrice a vita esordisce affermando: “Diciassette sono i mesi trascorsi dal 27 dicembre 2021, ultimo giorno utile per partecipare al bando per la ricerca fondamentale Fis (Fondo Italiano per la Scienza), finanziato con 50 milioni di euro. Degli esiti, non vi è traccia. Quattordici, invece, sono i mesi passati dal 31 marzo 2022, giorno della chiusura del bando per i Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin) 2022, dal valore di circa 749 milioni, e di cui solo nei giorni scorsi sono state pubblicate le graduatorie parziali relative ad alcuni settori”.

Ritardi simili hanno ripercussioni gravissime sulle attività di ricerca, sulla futura carriera dei giovani ricercatori e, in generale, sull’intero paese. Come spiega infatti l’autrice della lettera: “Costringere i nostri studiosi a una simile attesa ha delle conseguenze irreparabili sulle opportunità di crescita del Paese. Perché l’idea proposta, nel frattempo, è diventata obsoleta. Altri all’estero l’hanno avuta e la stanno già sperimentando. Perché i giovani che si dovevano reclutare con quei fondi si sono stancati di aspettare, e se ne sono andati. Perché senza un termine certo entro il quale sapere se la propria idea sarà giudicata di valore o no, la fiducia nel sistema (politico) e nel futuro personale e professionale crolla. Ad essere «sospese» in attesa di giudizio sono circa 13 mila proposte, germogli di nuovo sapere in tutte le discipline, dalle scritture antiche, alla geologia, alla farmacologia, alle biotecnologie agrarie, in un Paese che ha un bisogno disperato di cultura, studio e innovazione”.

Anche i criteri adottati nel nostro paese per la valutazione dei progetti lasciano poi molto a desiderare: “Quei numeri, combinati con le fragilissime procedure di valutazione di cui disponiamo, lasciano anche presagire che l’esito equivarrà al tiro di una monetina (non gioiscano, quindi, i vincitori, quando finalmente arriveranno gli esiti dei bandi, e non ne soffrano i perdenti). Perché mentre le agenzie per la ricerca degli altri Stati affidano la valutazione dei progetti nazionali ad esperti stranieri, retribuendoli in modo adeguato e richiedendo loro articolate motivazioni a giustificare gli esiti, in Italia – pressoché l’unico Paese europeo a essere ancora privo di un’agenzia per la ricerca – è spesso il collega dell’istituto accanto a farla, nei ritagli di tempo, con una riga di commento e il massimo del punteggio se vuole vedere il progetto vincere, tanti sono quelli che ha sulla scrivania”.

Se i bandi fin qui considerati non erano stati indetti dal governo in carica, le cose purtroppo non vanno meglio per quelli pubblicati dallo stesso governo Meloni o di quelli annunciati e mai pubblicati. Continua infatti la Prof.ssa Cattaneo: “In questo contesto, a fine 2022 il Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) pubblicava un secondo bando Prin straordinario da 420 milioni, collegato al Pnrr. Anche questo ancora senza esito. A fine 2022 ha pubblicato anche il bando per il Fondo italiano per le scienze applicate (Fisa) 2022: 50 milioni di euro, con la previsione di poterne mettere a bando altri 250 entro il 2025. Sempre nel 2022 era prevista la pubblicazione del secondo bando Fis, valore 150 milioni, di cui tuttavia ad oggi non si trova traccia”.

Naturalmente le responsabilità non sono solo di questo esecutivo, ma le radici affondano in un sistema oramai sclerotizzato da tempo. Non sembra però che l’attuale governo abbia intenzione di fare alcunché per migliorare la situazione: “La paralisi delle valutazioni sulle tante linee di finanziamento messe in campo dal Mur è indice di un sistema ingolfato, costantemente sottodimensionato rispetto alle funzioni che dovrebbe assolvere con efficienza e puntualità, e di un’incapacità di attenzione strutturale alla ricerca che va al di là dei singoli governi. La scelta di dedicare stabilmente a università e ricerca un Ministero a sé stante è stata opportuna e necessaria, ma lo si è fatto senza considerare la necessità di dotare il nuovo dicastero di una struttura, uffici, e personale in grado di attivare procedure e gestire in modo affidabile la valutazione di migliaia di proposte, su tutte le discipline, con tempi accettabili. La legge 91 del 2022 prevedeva finalmente la costituzione presso il Mur di una struttura tecnica per la valutazione dei progetti di ricerca, da tempo richiesta dalla comunità degli studiosi e che avrebbe potuto forse fare la differenza in queste circostanze. Ad oggi, non si sa a che punto siano le procedure di selezione; il termine per la realizzazione è stato differito a fine 2023”.

Si parla tanto del PNRR nel quale vengono riposte tante aspettative, ma anche su questo fronte non mancano le criticità: “All’indomani della definizione del Pnrr e della sua quota per la ricerca, non ho avuto dubbi a definire «tempo delle opportunità» il nuovo scenario caratterizzato dalla certezza di fondi e di bandi (erano ben 15 quelli che, a ottobre 2021, venivano indicati nel calendario del Mur, da realizzarsi entro dicembre 2022). Ma, già allora, sottolineavo che quelle inedite e importantissime risorse non sarebbero state, da sole, sufficienti a garantire al Paese una ricerca sempre più competitiva e all’avanguardia. La differenza l’avrebbero fatta regole e procedure adeguate agli standard internazionali, in grado di garantire ai cittadini il miglior investimento delle risorse pubbliche”.

Il settore della ricerca è strategico per qualsiasi paese. Un governo che esalta tanto il made in Italy, che vi ha intitolato un dicastero, che vuole istituire un liceo a esso dedicato e che vede in esso “il traino della ripresa del paese”, dovrebbe anche rendersi conto che la vera competitività sul piano internazionale si gioca oramai nel campo della ricerca e dell’innovazione tecnologica. Un campo che va pazientemente coltivato, attraverso una sensata e moderna politica e non certo attraverso chiusure ideologiche nei confronti di promettenti innovazioni (mi riferisco alla posizione del ministro Lollobrigida sulla carne coltivata). Come conclude la Prof.ssa Cattaneo: “Mantenere competitiva a livello internazionale la nostra ricerca scientifica è (anche) una lotta contro il tempo. La ricerca è come un orto, se non lo curi tutti i giorni hai la certezza che domani morirà. Se non vogliamo che l’oggi si trasformi nel «tempo delle occasioni perdute», dobbiamo dare una risposta immediata alle migliaia di ricercatori che ancora attendono l’esito dei bandi a cui hanno partecipato. E, per il futuro, dobbiamo organizzare la valutazione della ricerca in modo da non avere nulla da invidiare – per qualità, serietà, competenza e puntualità – al resto d’Europa e del mondo”.

Foto Flickr | ibomic ibomic



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