Guerra in Ucraina: la difficoltà in cui ci muoviamo

Avvertiamo la necessità di aiutare l’Ucraina, ma sappiamo, nello stesso tempo, che nelle condizioni date non possiamo spingere il nostro sostegno oltre un certo limite.

Angelo Cannatà

Siamo ormai alla terza settimana di guerra e la tragedia Ucraina sta provocando dolore, disperazione, morte, e un ginepraio di giudizi: drammatici, propagandistici, finto-neutrali, di esperti militari, di politici, economisti, generali di corpo d’armata, sociologi, psicologi improvvisati… su Putin e la guerra. S’è detto di tutto. La Russia è il male e l’Occidente il bene. È stata scomodata anche la follia: Putin è un pazzo. È così? Sorvolo sulla pretesa di giudicare la politica coi criteri morali del bene e del male. E mi soffermo sul fatto, questo sì pazzesco, di attribuire tutte le colpe di quanto sta accadendo a Putin.

C’è spesso la tendenza, tra gli interpreti, a scaricare su un unico soggetto la responsabilità di una situazione politica grave, o di una guerra. Accadde con Hitler, e fu un modo – ben documentato dal testo di J. P. Taylor del 1961, Le origini della seconda guerra mondiale – per allontanare da Inghilterra e Francia, colpe, interessi, egoismi, responsabilità, altrettanto gravi. Taylor afferma che il mito di Hitler come demonio in grado di provocare una rovina enorme, costituisce «una risposta evasiva» al tema delle responsabilità della guerra. Insistere sulla malvagità del Führer è un modo per scansare il problema: «Distruggere simili leggende – scrive – non significa giustificare Hitler, ma rendere un servizio alla verità storica». Londra e Parigi hanno le loro responsabilità: «Di fronte a Hitler i governi britannico e francese non seppero né opporre la chiara alternativa pacifica di un regolamento equo e realistico dei rapporti europei, né dimostrare una reale fermezza». Aggiunge: «A me preme capire quello che è accaduto, non condannare o scagionare. Se guardiamo la storia retrospettivamente, molti furono colpevoli, nessuno innocente». Bene. Oggi è lo stesso.

Putin va condannato: non si bombardano gli ospedali, non si massacrano i civili, non si uccidono i bambini. È orrendo. Ciò detto, egli dà una risposta criminale – è questo il punto – a esigenze politiche che meritavano d’essere discusse: aveva le sue ragioni per preoccuparsi della politica occidentale, dell’accerchiamento, dei Paesi Nato vicini – troppo vicini – ai confini russi; da queste ragioni (predisponendosi a cedere su alcuni punti) occorre ripartire per la soluzione del conflitto ucraino. Tacciano dunque gli idioti, che insistono nel vedere tutto il male nella Russia e tutto il bene nell’Occidente: è il modo migliore per perpetuare la guerra all’infinito.

Capisco invece le buone intenzioni di quanti chiedono una no-fly zone sui cieli ucraini. Capisco, voglio dire, la loro volontà di aiutare un popolo massacrato dai bombardamenti di Putin. E tuttavia credo ci sia del vero in chi osserva che procedendo in questa direzione si rischia la guerra totale: se chiudi il cielo ucraino, appena un aereo russo lo sorvola devi abbatterlo, e sei dentro la terza guerra mondiale. Bisogna a tutti i costi evitarlo. Si stanno rivelando efficaci, invece, le sanzioni e quindi si proceda con la guerra economica, intensificando però anche il dialogo. Negoziare, Negoziare. Negoziare. Non c’è altra strada nella situazione determinatasi. Urge riconoscere la duplice verità dei fatti: a) che bombardare l’Ucraina è un crimine (lo era anche il massacro americano in Afghanistan e Iraq); b) che l’Occidente ha le sue colpe per come s’è mosso dal 1989 a oggi; non vedere (anche) la volontà di potenza degli Stati Uniti significa essere ciechi. Non è una comoda “equidistanza”: è la presa d’atto di una realtà storica. Da questi dati oggettivi si riparta, trovando nel dialogo e nella mediazione degli interessi (non è questo la politica?) le ragioni della pace.

Il senso del libro del grande storico inglese è questo: la presunta follia di Hitler fu l’alibi delle potenze Occidentali per nascondere le loro responsabilità. Sostituite Hitler con Putin e siamo a oggi. L’accusa d’esser putiniano a chiunque ragiona storicamente è assurda. È ovvio che bisogna stare con l’Ucraina, è il Paese aggredito e va difeso anche con l’invio di armi, ma senza che questo conduca a una guerra globale: potrebbe essere l’ultima per Homo sapiens. È questa la difficoltà in cui ci muoviamo: avvertiamo la necessità di aiutare l’Ucraina, ma sappiamo, nello stesso tempo, che nelle condizioni date non possiamo spingere il nostro sostegno oltre un certo limite.

Quanto alla polemica di Repubblica contro la lucidità e l’intelligenza di Barbara Spinelli (che invita l’Occidente ad ammettere i propri errori), è l’ultimo esempio della decadenza di un giornale che fu, per anni, illuminista e illuminato. Oggi non più. Repubblica ha pretese assurde: d’essere progressista e, nello stesso tempo, al servizio di un padrone conservatore e miope, che, per citare l’ultima, ha messo in vendita L’Espresso. Ricordo quando Scalfari (lavoravo allora al Meridiano dedicatogli da Mondadori) mi parlò della fondazione del settimanale: il nostro gruppo si muove su tre fronti – disse – quello quotidiano con Repubblica, settimanale con L’Espresso, mensile con MicroMega. Era orgoglioso: «Sono baluardi di libertà». Poi tutto cambiò. Ma questo è un altro discorso. Ne parleremo un’altra volta.

Credit foto: Soldati ucraini vicino Brovary, 8 marzo 2022. ANSA EPA/ROMAN PILIPEY



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