I giorni della vergogna

L’Europa deve decidere se certificare la propria non esistenza, o fare il necessario per fermare Putin.

Paolo Flores d'Arcais

Sono i giorni della vergogna. Per i governi e gli establishment d’Europa sono i giorni della vergogna.
Mentre Putin scatena la guerra, invadendo l’Ucraina, per la quale ha già preparato il suo Quisling (un oligarca, pensa un po’), l’Ue per bocca di Ursula von der Leyen tuona di sanzioni durissime, ma passando ai fatti decide qualche sanzionetta (nemmeno il congelamento dei beni di Putin!). Speriamo che quando queste righe saranno pubblicate siano stati congelati tutti i beni di dirigenti e oligarchi e cittadini russi, tranne gli oppositori, perché Putin ha dichiarato guerra all’Occidente, esplicitamente: tutta la prima parte del suo discorso è stata dedicata a questo, l’Ucraina è solo la prima mossa, e sanzioni davvero durissime (non a chiacchiere) questo e molto altro implicano.

Tra il molto altro, magari un gesto simbolico, ma dall’evidente impatto materiale, anzi materialissimo, la signora Von der Leyen e tutti (tutti!) i ministri degli esteri dei Paesi dell’Unione europea che si recano a Kiev a tenere in quella città una seduta eccezionale che chieda solennemente il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina.

La Russia di Putin avrebbe dovuto essere estromessa da “Swift”, il sistema interbancario internazionale, un minuto dopo il primo minuto del suo discorso di guerra. Nel settore finanziario ogni minuto, ogni secondo, contano per l’efficacia delle sanzioni. E invece stanno ancora a baloccarsi se cacciare la Russia di Putin o meno.

Putin nel suo discorso ha delirato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la sua Russia intende riprendere la vocazione imperiale che sembrava crollata insieme all’Urss. E che userà ogni mezzo, OGNI, (con un accenno inequivocabile alle armi atomiche) a chi volesse impedirne il realizzarsi. Illudersi che non sia intenzionato a procedere, una volta annessa l’Ucraina tramite quisling, in tutte le zone limitrofe in cui vi siano minoranze linguistiche russe (Moldavia, paesi baltici …) è ormai demenza: fin qui l’ipocrisia del “non essere allarmisti” è stata colpevolmente egemone, dopo il programma imperiale esibito con lucido delirio di onnipotenza da Putin nel suo discorso, “non essere allarmisti” sarebbe mero suicidio.

Nell’Unione europea si è più volte parlato di una forza armata continentale. Era davvero impossibile (è davvero impossibile) un’azione congiunta europea che garantisca la sovranità dello spazio aereo ucraino, inibendolo ai bombardieri russi? O l’Europa ha intenzione di non esistere militarmente fino a che esisterà la Nato?

La Russia non è Putin. Già duemila manifestanti sono stati arrestati, esiste un’altra Russia, che magari vorrebbe sperare nell’Europa. In questi giorni l’Europa decide se certificare la propria non esistenza, o se saprà fare tutto il necessario per costringere Putin a fare marcia indietro. Come primo passo: ormai l’Europa, per poter esistere, come democrazia intendo, deve sapere che il rovesciamento di Putin, oggi o domani, non certo alle calende greche, è un irrinunciabile obiettivo strategico.

Credit Image: © Miguel Candela/SOPA Images via ZUMA Press Wire

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